Il governo e i debiti della pubblica amministrazione (e il deficit)

È stato rimandato il Consiglio dei ministri, previsto per oggi, che doveva approvare il pagamento di 40 miliardi di euro alle imprese: ma nell'operazione ci sono diversi punti poco chiari

Aggiornamento, ore 14.00 – Il Consiglio dei ministri previsto per oggi è stato rimandato ai “prossimi giorni”.

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Oggi alle 19 il Consiglio dei Ministri si riunirà per discutere un decreto legge che dovrebbe sbloccare 40 miliardi di euro in due anni – 20 miliardi nel 2013 e altrettanti nel 2014 – per pagare parte dei debiti accumulati negli anni dalla pubblica amministrazione (enti locali, Stato, regioni, aziende sanitarie locali). Martedì la Camera e il Senato hanno discusso e approvato una relazione del governo sullo stato delle finanze pubbliche nella quale uno dei punti principali è lo sblocco dei pagamenti che lo Stato deve alle imprese. La questione è molto complicata e ha diversi elementi oscuri. I principali sono due: nessuno sa quanto sia il totale dei debiti di Stato ed enti locali nei confronti delle imprese private, e non è ancora chiaro l’impatto dei pagamenti sui conti pubblici né dove verranno presi tutti i soldi.

Che cosa vuole fare il governo
Nella relazione del governo presentata al Parlamento sono state elencate le misure per pagare i debiti della pubblica amministrazione. Il governo ha spiegato come intende procedere per aiutare i pagamenti degli enti locali (regioni, province, comuni e aziende sanitarie pubbliche) mentre deve ancora dire come agirà per pagare i debiti contratti direttamente dai ministeri e dall’amministrazione centrale dello Stato.

Tra le misure che riguardano gli enti locali, ci sarà un allentamento del famoso “patto di stabilità” interno, quello con cui lo Stato impone vincoli molto stretti ai bilanci degli enti locali. Questa misura dovrebbe rendere disponibili almeno 5 miliardi a province, comuni e regioni. Una seconda misura è la creazione di un fondo statale a cui potranno accedere gli enti locali che sono attualmente a corto di soldi per pagare i debiti verso i privati. Questo fondo dovrebbe avere in dotazione 2 miliardi per il 2013 e 2 miliardi per il 2014: gli enti locali che vi ricorreranno potranno poi ridare i soldi allo Stato con un piano di restituzione trentennale.

Si è parlato anche di permettere alle regioni di aumentare l’addizionale IRPEF – cioè una parte delle tasse che i cittadini pagano alle regioni – già quest’anno, per recuperare parte dei soldi dati alle imprese: ma è un punto controverso, perché si tratterebbe in effetti di aumentare le tasse, ed è ancora in discussione.

Quanti sono i debiti della pubblica amministrazione
Uno dei punti più spinosi è che non si sa quanti siano, complessivamente, i debiti dello Stato e delle amministrazioni locali nei confronti delle imprese private. A ottobre scorso, EuroStat ha pubblicato una tabella in cui si vede che, nel 2011, la pubblica amministrazione italiana doveva alle imprese circa 67 miliardi di euro solo relativamente alla spesa corrente (cioè escludendo le spese per gli investimenti): circa il 4 per cento del PIL, la percentuale più alta di tutti i paesi dell’Unione Europea.

Una stima della Banca d’Italia, che fa periodicamente un sondaggio in un campione di alcune migliaia di imprese, dice che alla fine del 2011 il totale dei debiti della PA sarebbe stato pari a circa 90 miliardi, cioè il 5,8 per cento del PIL. La metà circa sono debiti contratti da regioni e aziende sanitarie locali, e circa un’impresa su quattro sostiene che lo Stato le deve dei soldi. L’indagine esclude però molte imprese, tra cui quelle con meno di 20 dipendenti, che sono una parte molto importante dell’economia italiana.

Che cosa si è fatto finora
Non è la prima volta che il governo Monti prende delle misure per velocizzare i pagamenti dei debiti delle PA, ma quello che è stato fatto nel 2011 e nel 2012 ha avuto poca efficacia. Si trattava di due interventi principali: l’emissione di titoli di Stato con l’obiettivo specifico di ripagare i debiti e la creazione di una piattaforma digitale per rilasciare certificazioni alle imprese: un meccanismo con cui le imprese potessero avere facilmente un documento che attestasse i propri crediti nei confronti dello Stato. Quel documento avrebbe potuto poi essere usato come garanzia presso le banche o altri creditori.

Entrambi i provvedimenti sono stati in sostanza un fallimento. Il Tesoro avrebbe dovuto emettere 2 miliardi di titoli di Stato per i pagamenti alle PA, ma in concreto ne sono stati emessi solo 15 milioni; le certificazioni alle imprese emesse alla fine di gennaio sono state appena 71, pochissime, che riguardavano solo debiti delle PA per 3 milioni di euro. Pare che anche per questo nuovo intervento da 40 miliardi complessivi si voglia ricorrere all’emissione di nuovi titoli di Stato, mentre il governo vuole rendere obbligatoria la partecipazione degli enti locali al sistema di certificazione, prevedendo anche multe per chi non lo farà. Finora la partecipazione era di fatto volontaria, il che è stato uno dei motivi del suo fallimento.

E i conti pubblici?
Un’altra questione è l’effetto di tutte queste misure sui conti pubblici. Complessivamente, la relazione che il governo ha presentato al Parlamento dice che il rapporto tra il deficit e il PIL per l’anno 2013 (si tratta quindi di previsioni) deve essere rivisto al rialzo di mezzo punto percentuale: non sarà del 2,4 per cento come previsto in precedenza, ma del 2,9 per cento. Il pagamento dei debiti influenza probabilmente questo peggioramento, benché si tratti del pagamento di debiti che la PA si trascina dietro da tempo e che sono quindi già stati messi nei bilanci degli scorsi anni. In altre parole, sono già state conteggiate nel deficit pubblico nel momento in cui quelle spese sono state approvate (indipendentemente dal fatto che siano poi state pagate o meno).

In pratica, però, ha detto pochi giorni fa il vicepresidente della Commissione Europea Antonio Tajani, “circa il 20% [dei debiti della PA verso le imprese] non è ancora né contabilizzato né pagato”: quindi, nel momento in cui si andasse a pagare quelle spese non ancora contabilizzate, i conti dello Stato peggiorerebbero. Il fatto è che per una quota di spese della PA, in particolare quella per investimenti, viene conteggiata nel deficit solo quando i debiti vengono effettivamente saldati: questa parte di spese potrebbe effettivamente costituire un problema per i conti pubblici. Tutta la questione è stata spiegata bene negli ultimi giorni dal professor Ugo Arrigo in una serie di tre articoli su Chicago Blog (uno, due e tre).

La nuova stima del governo del rapporto deficit/PIL al 2,9 per cento, comunque, è già pericolosamente vicina al 3 per cento del PIL che l’Unione Europea impone ai suoi membri perché non venga avviata una procedura per deficit eccessivo. Ma per sapere se l’Italia rischia veramente questa procedura bisognerà aspettare maggio, quando la Commissione Europea pubblicherà le sue stime: a febbraio scorso la stima europea era del 2,1 per cento, ma le cose nel frattempo sono peggiorate.

Foto: ARMEND NIMANI/AFP/Getty Images