Roma Las Vegas

Il reportage di Walter Siti su Repubblica, tra gli "uomini soli" e gli "zombi gentili" delle sale giochi che si stanno disseminando lungo la via Tiburtina

This picture taken on September 19, 2012 shows gambling machines in of the Cotai new Sands casino in Macau. Las Vegas casino boss Sheldon Adelson unveiled plans September 20, 2012 to build a scaled down replica of the Eiffel Tower as part of a new 3 billion USD gambling resort in Macau. AFP PHOTO / Philippe Lopez (Photo credit should read PHILIPPE LOPEZ/AFP/Getty Images)
This picture taken on September 19, 2012 shows gambling machines in of the Cotai new Sands casino in Macau. Las Vegas casino boss Sheldon Adelson unveiled plans September 20, 2012 to build a scaled down replica of the Eiffel Tower as part of a new 3 billion USD gambling resort in Macau. AFP PHOTO / Philippe Lopez (Photo credit should read PHILIPPE LOPEZ/AFP/Getty Images)

C’è una zona della città di Roma, un pezzo del quartiere Tiburtino, che da un po’ di tempo sta diventando come una piccola Las Vegas: casinò automatizzati e sale giochi si stanno disseminando lungo la strada consolare Tiburtina, trasformando quella che doveva diventare nei più ottimistici progetti la Tiburtina Valley – polo dell’informatica e dell’innovazione tecnologica – in una deprimente “game valley”. Lo ha raccontato domenica 31 marzo Walter Siti su Repubblica.

«No, nun te credere ch’è riciclaggio… ce dev’esse ‘n giro d’egiziani… ‘o capisco da ‘e ragazze, so’ ‘e stesse… fanno ‘e cameriere ‘n pizzeria e n’antro giorno ‘e ritrovi qua a ‘e macchinine… quelli se so’ creati ‘na fortuna co’ er ristorante de San Giovanni, e mo’ cercano da reinvestì…». Fabietto, il mio provvisorio Virgilio in questo giro per la Tiburtina, non dà peso agli allarmi sulla presenza della malavita organizzata, scommette piuttosto sull’invasione degli immigrati. Che l’Egitto c’entri qualcosa sembrerebbe confermato dal bar di fronte, anch’esso con la sua piccola dotazione di slot: si chiama nientemeno che Cleopatra.

Siamo al Las Vegas, una delle sale giochi, o casinò automatizzati, che si stanno pian piano disseminando lungo la consolare; involucro di alluminio anodizzato, tutto nero e rosso, con tante luci e un poker d’assi gigantografato all’ingresso. Per arrivare qui (a un paio di chilometri dal ponte sulla ferrovia, zona Casal Bruciato più o meno) di posti simili ne abbiamo già incontrati due: il Terry Bell e il Manhattan.

(continua a leggere sul sito di Repubblica)