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  • Mercoledì 6 febbraio 2013

Il problema del “TFA speciale”

Ovvero i complicatissimi modi per diventare insegnanti in Italia: una storia che riguarda migliaia di persone, che fa litigare e che si risolverà in questi giorni

Aggiornamento, 18.10 – La commissione Cultura della Camera ha dato parere favorevole ai TFA speciali. Al parere favorevole, la commissione parlamentare ha aggiunto però alcune condizioni, tra cui la richiesta di fare in modo che chi ha frequentato quello ordinario non sia superato da chi ha frequentato quello speciale nelle graduatorie degli abilitati (le graduatorie di seconda fascia).

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Oggi la commissione Cultura della Camera dovrà esprimere un parere sulla questione dei cosiddetti “TFA speciali”, questione che riguarda migliaia di persone e da giorni agita associazioni, sindacati, partiti e gruppi che si occupano di scuola. La commissione Cultura dovrà dire la sua su una modifica voluta dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo alle procedure di abilitazione degli insegnanti scolastici (di tutte le scuole, da quella dell’infanzia alle superiori). La commissione Istruzione del Senato ha già dato parere favorevole, all’unanimità, il 29 gennaio. La questione è piuttosto complessa e riguarda decine di migliaia di insegnanti che sono precari da diversi anni.

Che cos’è il TFA
Il Tirocinio Formativo Attivo (TFA) è l’ultima procedura ideata dal ministero per l’abilitazione degli insegnanti: bisogna specificare subito che l’abilitazione è un passo necessario ma non sufficiente per ottenere il posto fisso nella scuola, che secondo l’art. 97 della Costituzione può essere ottenuto – nella scuola come in tutti gli impieghi pubblici – solamente tramite concorso. E i concorsi sono un capitolo molto complicato e a parte su cui torneremo alla fine.

Fino al 2008 l’abilitazione poteva essere conseguita principalmente tramite le SSIS, ovvero le Scuole di specializzazione dell’insegnamento, che il ministro Gelmini ha poi improvvisamente interrotto. Per alcuni anni, quindi, non c’è stata alcuna chiara procedura formalizzata che permettesse ai neolaureati di diventare insegnanti (o ai laureati precedenti di ottenere l’abilitazione), mentre il nuovo meccanismo, quello del TFA, è entrato in vigore solamente negli ultimi mesi.

Le prove di accesso si sono svolte tra luglio e ottobre del 2012, con a loro volta un infinito numero di ben giustificate polemiche e critiche al Ministero perché i test avevano parecchi errori e diverse risposte sono state abbuonate, con il conseguente ricalcolo dei punteggi. Alla fine, però, oltre 20.000 candidati sono stati selezionati, su più di 100.000 domande di partenza. Oggi sono in fase di avviamento le lezioni e le ore di tirocinio nella scuola, anche se ci sarebbe molto da aggiungere sulle grandissime incertezze e la generale impreparazione con cui i percorsi sono stati avviati in queste settimane dalle università, che devono organizzare i corsi.

Il prerequisito per tentare il TFA “ordinario” era semplicemente la laurea (o meglio: la laurea con i crediti adeguati all’insegnamento per cui ci si candidava) e valutava con un punteggio valido per i titoli eventuali esperienze precedenti nella scuola: punteggio non sufficiente a passare la selezione, ma comunque utile nel caso di graduatorie con pochi posti. Il programma per le prove indicato dal ministero era straordinariamente vago e, alla prova dei fatti, la selezione è stata molto dura. E qui iniziano i problemi.

Chi è rimasto fuori
Negli ultimi anni migliaia di laureati hanno lavorato anche a lungo nella scuola, per periodi diversi di supplenze, senza abilitazione né vittoria in un concorso; questo precariato, in un sistema di reclutamento chiaro e ordinato, è fisiologico per la scuola e non è particolarmente problematico se rimane entro numeri contenuti, ma da decenni il sistema di reclutamento italiano è confuso, disordinato, lento e mai definitivo, e di conseguenza il problema ha assunto dimensioni drammatiche.

Alcuni degli insegnanti che hanno lavorato già per diverso tempo nella scuola, per esempio, non hanno partecipato alla SSIS per ottenere l’abilitazione, negli anni anteriori al 2008, oppure non hanno avuto alcun modo di ottenerla se si sono laureati dopo quell’anno. Nello stesso tempo, molti di loro non hanno passato la – criticabile, come abbiamo visto – selezione dell’ultimo TFA, oppure hanno scelto di non parteciparvi.

Per tutte queste persone, alcuni sindacati della scuola hanno chiesto da subito che venisse avviato un percorso riservato, all’interno dello “strumento” TFA, che permettesse di ottenere comunque l’abilitazione. Il ministro Profumo ha deciso di concederlo e ha quindi disposto le modifiche che oggi valuta la Camera: uno dei prerequisiti per accedervi è che i precari interessati abbiano svolto almeno tre anni di servizio nelle scuole, anche non consecutivi, nel periodo che va dall’anno scolastico 1999/2000 a quello 2011/2012 incluso, condizione che secondo alcune stime riguarda tra le 50 mila e le 80 mila persone.

Questo “TFA speciale” è stato approvato dal ministro Profumo con un atto del governo di pochi giorni fa (qui il testo integrale) che modifica il decreto di istituzione dei TFA del ministro Gelmini (n. 249/2010). Il ministro Profumo, per evitare che tutto si blocchi, vorrebbe arrivare all’approvazione definitiva dei TFA speciali entro la fine della legislatura, aprendo la strada all’abilitazione di altre migliaia di aspiranti insegnanti.

I pareri
Mentre alcuni sindacati e associazioni che rappresentano gli attuali precari della scuola – come FLC CGIL, UIL Scuola e ANIEF – sono da tempo favorevoli al provvedimento, sul TFA speciale ci sono state diverse prese di posizione contrarie: tra queste, alcuni candidati del PD e della lista Monti, l’ex ministro Gelmini e parte del PdL.

Le motivazioni contrarie al provvedimento riguardano principalmente il fatto che l’accesso ai TFA speciali, e quindi all’abilitazione, avviene unicamente sulla base dell’esperienza maturata in passato nella scuola – tre anni, ricordiamo – senza prove di valutazione del merito e della preparazione dei candidati. Molte di queste motivazioni sono state riassunte in un articolo su iMille di Manuela Sammarco, mentre Gian Antonio Stella ha scritto sul Corriere della Sera il 31 gennaio un articolo dal titolo “Merito bocciato, sanatoria promossa” sulla stessa questione.

In conclusione
In tutto questo, bisogna sottolineare di nuovo che l’abilitazione ottenuta tramite TFA non garantisce il posto fisso a scuola, per il quale, teoricamente, ci sarebbero i concorsi pubblici. Perché tutta questa attenzione all’abilitazione, allora? Perché essa permette di accedere alle cosiddette graduatorie scolastiche di seconda fascia, riservate agli abilitati, da cui le scuole pescano per nominare i supplenti. In alternativa si finisce in terza fascia, insieme a tutti i laureati non abilitati che scelgono di iscriversi, anche se naturalmente l’esperienza precedente permette di acquisire punteggio e “scalare” le graduatorie.

In tutto questo, ci sarebbe la questione dei concorsi. Profumo ha annunciato diverse volte, negli ultimi mesi, che la priorità è quella di stabilire un sistema di concorsi chiaro e a scadenze precise che impedisca la formazione di un precariato scolastico troppo numeroso. Parliamo della formazione futura, ovviamente: oggi come sappiamo esiste già. La storia delle modalità di assunzione scolastica in Italia è di una complessità bizantina, fatta di concorsi che durano anni, graduatorie, graduatorie a esaurimento, ricorsi e controricorsi (ne abbiamo accennato qualcosa qui). In questi mesi si sta svolgendo il primo di questi concorsi dal 1999, riservato agli abilitati e a chi è laureato con il vecchio ordinamento.

Foto: JOEL SAGET/AFP/GettyImages