• Mondo
  • Domenica 27 gennaio 2013

C’è una guerra in Mali

Finora l'esercito francese ha avuto un morto e i feriti non sono stati comunicati: come sta andando e qual è la posta in gioco del conflitto

di Davide Maria De Luca – @DM_Deluca

Ieri l’esercito francese e quello del Mali hanno riconquistato Gao, una città di 80 mila abitanti caduta l’anno scorso nella mani dei ribelli e diventata da allora una specie di capitale degli islamisti. I media francesi hanno scritto che si tratta della «prima grande vittoria» dell’operazione “Serval”, che è cominciata l’11 gennaio e che finora ha impegnato 3.700 militari francesi, di cui 2.500 schierati in Mali. Non se ne parla molto, ma quella che si sta combattendo in Mali è una vera guerra, costata finora un morto all’esercito francese e un numero di feriti che non è stato comunicato, così come non si conosce il numero dei civili uccisi.

Gli ultimi sviluppi
Con la caduta di Gao e con le prime scissioni all’interno dei vari gruppi di ribelli, anche in precedenza piuttosto litigiosi, sembra che l’operazione “Serval” stia procedendo bene. L’esercito francese ha fatto sapere che non ci sono stati veri e proprio combattimenti per riprendere Gao, che era già stata colpita dall’aviazione nei giorni scorsi, ma soltanto «sporadiche operazioni di disturbo da parte dei ribelli». Nei giorni scorsi diverse altre città erano cadute nelle mani delle truppe francesi e di quelle del Mali – tra le principali Konna e Diabaly.

Il 24 gennaio un gruppo di ribelli si è staccato dal principale movimento islamico, Ansar ad-Din, e ha chiesto un cessate il fuoco e una soluzione pacifica al conflitto. Un altro gruppo ha chiesto di aprire negoziati per rilasciare alcuni ostaggi francesi. Queste divisioni nelle forze ribelli sono state definite dal governo francese «un buon segno». Il primo ministro Jean-Marc Ayrault ha comunque dichiarato che il governo non intende negoziare con i ribelli.

La situazione prima dell’intervento
Il Mali è un paese di 14 milioni di abitanti, il 90% dei quali di religione musulmana, ma esistono profonde differenze che dividono il paese. In Mali ci sono sostanzialmente due gruppi etnici: il sud è popolato in maggioranza da africani sub-sahariani mentre il nord è popolato principalmente da arabi-berberi. Le tensioni etniche sono esplose l’anno scorso, quando diversi gruppi d’ispirazione islamica salafita e wahabita si sono ribellati al governo e hanno occupato il nord del paese.

A questo gruppo era alleata anche una minoranza del paese, quella dei Tuareg, che compone circa il 10% della popolazione. Il loro principale movimento (MNLA) si è scontrato alla fine dell’anno scorso con gli islamisti ed è stato respinto dalle principali città del nord. A dicembre l’MNLA ha cambiato fronte, schierandosi con il governo e contro i ribelli islamisti. Questi ribelli sono composti in realtà da una pluralità di gruppi: alcuni si ritiene che siano affiliati in qualche modo ad Al-Qaida. Il più importante di questi gruppi è probabilmente quello degli Ansar ad-Din (nome che significa “difensori della fede” in arabo).

Il Mali è un’ex colonia francese ed esporta principalmente cotone e oro (è il terzo produttore africano), mentre recentemente sono state scoperte delle miniere di uranio. Il Mali è particolarmente importante perché condivide con diversi stati confinanti (come ad esempio il Ciad), una struttura etnica fortemente divisa in due principali gruppi. Se l’instabilità in Mali dovesse continuare, il vicino Ciad, l’Algeria e altri paesi potrebbero esserne influenzati e le conseguenze potrebbero essere gravi per tutta la regione dell’Africa nord-occidentale.

L’operazione “Serval”
A ottobre una spedizione di 3.300 soldati, raccolti dall’ECOWAS, un’organizzazione che raccoglie una quindicina di stati dell’Africa occidentale e lo stesso Mali, era stata inviata nel paese. Nonostante l’invio di questa forza, il 10 gennaio i ribelli hanno attaccato la città di Konna (nella cartina è poco più a sud di Timbuctu) che si trova al confine tra il territorio in mano al governo e quello controllato dei ribelli. A quanto pare, la mattina del 10 gennaio i ribelli sono arrivati al checkpoint di confine a bordo di un autobus. Quando i militari sono saliti a bordo per effettuare i controlli, gli islamisti hanno cominciato a sparare, assaltando poi il checkpoint mentre ulteriori rinforzi arrivavano a bordo di alcuni pick-up.

In poche ore circa 1.200 ribelli hanno occupato la città di Konna, spingendosi poi altri 20 chilometri più a sud. L’intervento francese venne deciso quella sera. In anticipo, a quanto pare, sui piani dell’esercito francese, perché l’improvviso attacco dei ribelli aveva messo a rischio l’aeroporto di Sévaré, 60 chilometri a sud di Konna, che doveva essere il centro delle operazioni francesi.

Giovedì notte le prime truppe francesi sono sbarcate a Sévaré e il giorno successivo c’è stata la prima battaglia tra le truppe francesi e quelle dei ribelli. Alcuni elicotteri leggeri Gazelle hanno attaccato una colonna di fuoristrada e altri veicoli diretti a sud. Secondo l’esercito francese, una mezza dozzina di veicoli dei ribelli sono stati distrutti, ma uno degli elicotteri è stato abbattuto ed il suo pilota è morto. Quattro giorni dopo, il 15 gennaio, il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha appoggiato all’unanimità l’intervento francese durante un incontro con l’ambasciatore francese presso le Nazioni Unite.

Nei giorni successivi le operazioni sono continuate con bombardamenti da parte di aerei francesi basati in Ciad (un’altra ex colonia con cui la Francia ha stretti legami) e con il trasporto di veicoli e truppe. A questo proposito: la Francia non dispone di abbastanza aerei da trasporto per schierare e rifornire le forze dell’operazione “Serval”. Così, alcuni aerei sono stati affittati da una compagnia ucraina (ne potete vedere uno nel video qui sotto), mentre Belgio, Canada e Germania hanno prestato alla Francia alcuni dei loro aerei da trasporto.

Al momento tutte le truppe francesi, dotate di jeep e piccoli blindati su ruote, non sono mai state impegnate in prima linea. Soltanto alcuni gruppi di forze speciali hanno accompagnato le unità dell’esercito maliano, ma anche loro senza impegnarsi in combattimenti e fungendo principalmente da consiglieri e da collegamento con l’aviazione francese per indicare i bersagli da bombardare. A quanto sembra, anche alcuni uomini delle forze speciali britanniche sono stati impegnati in questo ruolo.

Quanto durerà
Il presidente francese François Hollande ha detto che l’Operazione Serval durerà «tutto il tempo necessario». Attualmente i ribelli controllano la città di Timbuctu e le zone settentrionali e desertiche del paese. Recentemente l’esercito francese ha fatto sapere che i ribelli sono più preparati ed armati di quanto si immaginasse e per questo motivo presto saranno schierati nel paese equipaggiamenti più pesanti. Se dovesse essere riconquistata Timbuctu, tutto il sud del paese sarebbe tornato in mano al governo, ma resterebbe un’altra metà – principalmente desertica – nelle mani dei ribelli.

A quanto scrivono alcuni commentatori, non sembra che la Francia abbia intenzione di impegnare le sue truppe di prima linea per dare la caccia ai ribelli nel grande deserto che occupa metà del paese. Questo potrebbe significare una permanenza di mesi delle unità francesi in Mali, nell’attesa che le truppe africane del Mali e degli altri paesi – Nigeria, Ciad, Burkina Faso e altri – siano pronte a cominciare le operazione nel nord del paese.