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  • Giovedì 24 gennaio 2013

L’inquinamento di Pechino

In una settimana 535 persone sono andate al pronto soccorso e 20 voli sono stati cancellati per la poca visibilità

Il 22 gennaio scorso è stato registrato come il giorno più inquinato nella storia di Canton, la più grande città del sud della Cina, e il 23 gennaio a Pechino c’era di nuovo nell’aria un vero e proprio alone grigio, che ha fatto decidere le autorità locali di cancellare 20 voli, a causa della nebbia da inquinamento. Il governo cinese sta da tempo cercando di risolvere la questione, nonostante la resistenza di alcune società (appartenenti allo Stato).

Il problema, scrive il Wall Street Journal, è sicuramente collegato allo sviluppo industriale degli ultimi anni, portato avanti senza tener conto di una serie di tutele ambientali e per la popolazione. Ma ora proprio i problemi ambientali potrebbero rappresentare un ostacolo allo sviluppo economico del futuro, dall’uso dell’acqua al consumo dei combustibili fossili, per esempio. La Cina, in particolare nelle zone dove ci sono i più grandi distretti industriali, dovrebbe iniziare a ridurre le emissioni delle centrali di carbone, tra le principali fonti d’inquinamento.

Per anni, le autorità cinesi hanno sottovalutato la questione, che sta diventando sempre più discussa e sentita dall’opinione pubblica. E dall’inizio dell’anno, anche sui giornali se ne parla con insistenza: dal 7 al 14 gennaio 535 persone sono andate al pronto soccorso di Pechino per problemi respiratori, il 54 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. E dal 2001 il numero di casi di tumore ai polmoni è salito del 56 per cento.

A Pechino ci sono circa 20 milioni di abitanti e nella città circolano circa 5 milioni e 200mila macchine. Nelle ultime settimane, i livelli di polveri nocive respirabili (PM 2,5) hanno raggiunto un picco di circa 900 microgrammi per metro cubo. Le PM 2,5 sono polveri estremamente piccole e se inalate possono causare danni al nostro sistema respiratorio: sono misurate con un indice che si chiama AQI (Air Quality Index). Di norma, il valore 100 esprime un livello di allerta per persone con particolari problemi di salute, mentre il dato di 400 è ritenuto un potenziale pericolo per la salute di tutti.

Anche a livello locale, gli amministratori hanno annunciato provvedimenti: al Congresso dei deputati della città di Pechino, che si è aperto il 22 gennaio per eleggere il nuovo sindaco, il tema è al centro del dibattito: Wang Anshun, il sindaco facente funzione in attesa della nomina del nuovo sindaco, ha dettoche saranno eliminate 180mila macchine vecchie e che ci sarà un controllo più severo sulle polveri emesse nei cantieri. Inoltre, ha suggerito al governo centrale di rendere ancor più restrittive le norme sulla limitazione del traffico, migliorando in contemporanea il sistema del trasporto pubblico.

Da alcuni anni, comunque, il governo ha iniziato a investire, in collaborazione con le grandi aziende, per limitare le emissioni inquinanti: si tratta di un piano di cinque anni, per ridurre il consumo di energia per unità pari a quasi il 16 per cento del Prodotto Interno Lordo, con l’obiettivo di tagliare le emissioni di carbonio del 17 per cento entro il 2015. Anche le due principali raffinerie del paese, la China Petrochemical Corporation e PetroChina Corporation, hanno già speso alcuni miliardi di dollari per il rinnovamento di alcuni sistemi negli impianti, meno inquinanti.

Ma al di là di quello che le autorità hanno annunciato di fare, la questione non sembra essere di facile soluzione, soprattutto a breve termine: «Il potenziale di riduzione per le centrali elettriche è molto basso», ha spiegato Zhao Yu, ricercatore e studioso degli inquinanti atmosferici alla Nanjing University, «se il governo non farà presto qualcosa sull’inquinamento prodotto nei distretti industriali, le emissioni complessive continueranno a crescere».