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  • Martedì 20 novembre 2012

Il caso Spinelli

Tutta la storia, un po' strampalata, del sequestro del ragioniere di Berlusconi

Lunedì 19 novembre la squadra mobile e la sezione di Polizia giudiziaria della procura di Milano hanno arrestato sei persone, accusate di avere eseguito il sequestro di Giuseppe Spinelli, un ragioniere che lavora per Silvio Berlusconi, e di sua moglie Anna. L’ordine di arresto è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari Paola Di Lorenzo, sulla base dei primi elementi emersi dalle indagini del procuratore aggiunto, Ilda Boccassini, e del pubblico ministero Paolo Storari sul sequestro durato una notte ai danni dei coniugi Spinelli nella loro abitazione a metà ottobre.

I sequestratori, secondo quanto ha raccontato Spinelli, dissero di essere in possesso di materiale che avrebbe potuto aiutare Berlusconi a ribaltare la sentenza del cosiddetto “lodo Mondadori” e di essere disposti a cedere i documenti in cambio del pagamento di diversi milioni di euro. La vicenda Spinelli, rivelata ieri dai giornali contestualmente alle operazioni di arresto, sta facendo molto discutere soprattutto per alcuni passaggi, ancora poco chiari, per i personaggi che coinvolge e per il fatto che l’unica versione completa fino a ora a disposizione è quella del ragioniere.

Giuseppe Spinelli
È nato nel settembre del 1941 a Settala, un piccolo comune che si trova a circa 15 chilometri di distanza da Milano. Ragioniere, lavora da oltre trent’anni per Silvio Berlusconi, occupandosi dei conti e dei pagamenti per conto della famiglia di diverse attività. Vive a Bresso, città che non raggiunge i 27mila abitanti e che fa parte dell’area metropolitana milanese, insieme con la moglie Anna Rasconi. Definiti entrambi cattolici molto osservanti, abitano in un appartamento in un complesso di condomini, come tanti, in cui non è così difficile intrufolarsi. Spinelli è rimasto per lunghissimo tempo un personaggio minore nella storia pubblica di Silvio Berlusconi, fino a quando non sono emerse le vicende legate alle feste e alle ragazze che frequentavano le abitazioni dell’ex presidente del Consiglio. Il ragioniere aveva il compito di curare i conti delle ragazze, passando loro i regali in denaro offerti da Berlusconi. Spinelli si occupava, e si occupa, anche di altro. È amministratore, consigliere di holding, si occupa di società immobiliari e di altre attività che orbitano sempre intorno alle proprietà e alle operazioni finanziarie della famiglia Berlusconi.

I sequestratori
Ieri sono state arrestate sei persone, dopo un mese di indagini, con l’accusa di avere organizzato il sequestro: sono tre italiani e tre albanesi. Il presunto capo del gruppo è Francesco Leone, un ex pentito con precedenti per tentato omicidio. Con lui Alessio Maier, originario della zona di Como e con precedenti per associazione a delinquere finalizzata al traffico di automobili, e Pierluigi Tranquilli, romano e pregiudicato, impiegato nell’azienda di famiglia. L’operazione sarebbe stata condotta dai tre insieme con altre tre persone: Ilirjan Tanko, con alle spalle 13 anni di carcere per rapina, violenza sessuale e induzione alla prostituzione; Lauren Tanko, fratello di Ilirjan con più di dieci anni di carcere scontati per concorso in sequestro di persona per estorsione, e Marjus Anuta, già arrestato in passato per furto aggravato di rame e per rissa aggravata.

Il sequestro
Spinelli lo ha raccontato così. La sera di lunedì 15 ottobre, Spinelli rientra a casa dopo aver visto Berlusconi nel loro tradizionale incontro del lunedì. Alle 21.45 la moglie apre la porta per farlo entrare e, come avrebbe poi raccontato lo stesso Spinelli ai magistrati, si mette a urlare dallo spavento. Due persone con il viso coperto con un passamontagna spingono Spinelli dentro casa: lo fanno mettendogli le mani in faccia con violenza, tanto da rompergli gli occhiali e ferirlo leggermente. Spinelli ha poi spiegato di aver notato “con la coda dell’occhio in quel frangente anche qualcosa che immaginavo fosse una pistola verso la tempia sinistra”.

Le richieste
Stando alle ricostruzioni, i due sequestratori non danno molte spiegazioni e dicono di volere attendere l’arrivo di un altro loro complice. Intanto prendono i cellulari di Spinelli e moglie, li spengono e li chiudono in un cassetto. Verso le due di notte nell’appartamento arriva Leone e la coppia sequestrata non può fare a meno di notare le vistose scarpe rosse con le stringhe nere che ha ai piedi, e che si riveleranno determinanti per la sua successiva identificazione da parte degli investigatori. Leone mostra un foglio sgualcito e un poco ingiallito su cui c’è scritto “Lodo Mondadori”, dice di avere informazioni conservate su DVD e su una chiavetta USB utili per ribaltare la sentenza e per mettere nei guai De Benedetti (il beneficiario della sentenza) e gli stessi magistrati che si occuparono del caso, nonché Gianfranco Fini (che non si capisce cosa c’entri col Lodo Mondadori). In cambio, spiega, chiede che Berlusconi paghi 35 milioni di euro, circa il 6 per cento dei 560 milioni di euro del risarcimento di Fininvest alla Cir di De Benedetti (la condanna in Appello è per la corruzione tramite l’avvocato Previti di uno dei giudici che si occupò del lodo nel 1991).

Le trattative
A questo punto emerge il primo punto poco chiaro della vicenda. Stando alla versione fornita da Spinelli, i sequestratori decidono che è troppo tardi per chiamare a quell’ora Berlusconi e fargli la proposta. Ordinano quindi alla coppia di chiudersi nella stanza da letto e aspettare che faccia giorno. Uno dei sequestratori si mette di guardia alla porta della camera, armato, mentre gli altri due vanno a dormire in salotto. Alle 6.30 del mattino viene preparato un caffè per tutti e infine alle otto meno qualche minuto, quasi dieci ore dopo l’inizio del sequestro, Spinelli chiama Berlusconi seguendo le indicazioni di Leone. Sempre stando alla sua versione, comunica le condizioni imposte dai sequestratori e dice di aver visto parte del filmato, dando garanzie sulla sua autenticità. In realtà Spinelli non aveva visto nulla perché la chiavetta USB non funzionava con il suo computer di casa (altro punto ancora poco chiaro).

Forse pressato da chi l’ha sequestrato, Spinelli insiste molto con Berlusconi, che decide di non partire per Roma come aveva in programma e dice di chiamare il suo avvocato, Niccolò Ghedini, che da Padova si mette in viaggio per raggiungere Arcore. Finito il giro di chiamate, i sequestratori decidono di andarsene da casa Spinelli, spiegando che tanto richiameranno nel pomeriggio per avere nuove informazioni. Giuseppe Spinelli va ad Arcore, parla con Berlusconi e Ghedini, torna a casa dove riceve una telefonata dei sequestratori ai quali comunica che a quelle condizioni l’accordo non è fattibile: “Berlusconi voleva vedere i filmati, fare una cosa poi trasparente”. La telefonata a quel punto si interrompe, la coppia raggiunge un luogo sicuro su consiglio di Berlusconi e la vicenda si chiude, senza che i sequestratori si facciano più sentire.

La denuncia
Un altro punto poco chiaro della vicenda, come osservano oggi molti giornali, sono i tempi di reazione del legale di Silvio Berlusconi. Ghedini non denuncia l’accaduto il 16 ottobre, quindi dopo la notte del sequestro, ma solamente il 17, cosa che complica almeno in parte le indagini. Una rapida denuncia il giorno stesso, per esempio, avrebbe forse consentito di intercettare e tracciare l’ultima telefonata ricevuta nel pomeriggio del 16 ottobre da Spinelli. Intervistato da Repubblica, Ghedini ha spiegato che il ragioniere gli avrebbe detto di avere subito il sequestro in casa solamente il 17 ottobre, e non il 16 durante il loro incontro ad Arcore con Berlusconi: “Gli dico: ‘Bisogna andare subito in procura’. Berlusconi fa altrettanto. Spinelli esita, è sotto shock, vuole tornare a casa. Solo allora si convince e io chiamo Bruti Liberati”. La versione di Ghedini sembra contraddire, almeno in parte, quella di Spinelli sul consiglio di Berlusconi di raggiungere un posto sicuro già il 16.

Le indagini
Partono dalla testimonianza di Spinelli, che tra le altre cose racconta il dettaglio delle scarpe rosse di Leone. Controllando le ultime telefonate ricevute dalla coppia, gli inquirenti risalgono a un telefono pubblico nella stazione di Malnate, cittadina in provincia di Varese. Controllano le riprese effettuate nelle ore corrispondenti dalle telecamere di videosorveglianza e notano, intorno al telefono, due persone. Una delle due ha ai piedi le scarpe rosse con i lacci neri. Dalle schede prepagate per le telefonate dalla cabina risalgono ad alcuni numeri di cellulare, e grazie a questi agli spostamenti di tutti i componenti del gruppo, che vengono seguiti fino ai ristoranti dove cenano. Dalle stoviglie che utilizzano, spiegano su Repubblica, vengono prelevati DNA e impronte digitali. Le analisi mostrano una corrispondenza con le tracce lasciate da Leone sul tappo di una bottiglia nella casa di Spinelli. La prova colloca Leone sul luogo del sequestro e le intercettazioni portano agli arresti del gruppo di sequestratori eseguiti ieri.

8 milioni
La vicenda del sequestro Spinelli ha ancora molti aspetti poco chiari sui quali gli inquirenti vogliono approfondire le loro conoscenze, cosa che probabilmente potrà essere fatta mettendo a confronto la versione della coppia con quelle fornite dai sequestratori ora agli arresti. In un’intercettazione, per esempio, Leone e Maier parlano di 8 milioni di euro da trasferire al più presto sul conto di una banca in Svizzera. I pubblici ministeri non escludono che la cifra possa essere “una parte del riscatto che potrebbe essere stato pagato in un momento successivo al rilascio degli ostaggi”. La ricostruzione è “possibile” anche secondo il giudice, considerato che uno degli esponenti del gruppo criminale decide di ordinare una Ferrari qualche tempo dopo. Il denaro, ammesso che esista, potrebbe però derivare da altre attività criminali. Per ora, nelle cassette di sicurezza aperte nei giorni scorsi da alcuni componenti del gruppo sono state trovare solamente banconote false, usate di solito nelle truffe.