Il portafoglio digitale

Che cosa sta cambiando nel mondo delle carte di credito e che fine faranno le vecchie carte di plastica, secondo l'Economist

Il 13 novembre V.me, il nuovo servizio di pagamento digitale di Visa, è stato aperto al pubblico. Si tratta di un portafoglio digitale: un contenitore virtuale nel quale è possibile inserire le proprie carte di credito e prepagate (anche quelle non emesse da Visa). Su un sito di e-commerce sarà poi possibile cliccare semplicemente sul pulsante V.me, inserire nome utente e password e pagare con una delle carte, senza dover inserire tutti i dati della carta di credito.

Per il momento non sembra un’innovazione destinata a sconvolgere le nostre vite, eppure, scrive l’Economist, si tratta di un passo importante nel cammino verso la digitalizzazione del denaro, compiuto da un’azienda che, con le sue carte di credito di plastica rigida, piene di numeri e date da ricordare e inserire quando c’è da pagare, si trova in un settore molto lontano da quello dei pagamenti digitali.

Sono molte le aziende che si stanno muovendo per cercare di aumentare la digitalizzazione del denaro, creare sistemi di pagamento alternativi alle carte di credito e così sottrarre fette di mercato che al momento sono saldamente in mano alle vecchie aziende come Visa, Mastercard, American Express e China Union Pay. Secondo alcune stime, ogni anno vengono mossi quasi 7 mila miliardi di dollari grazie alle carte di credito.

PayPal, ora parte di eBay, con i suoi 117 milioni di utenti è una delle aziende che in questo campo hanno avuto più successo (anche se i suoi numeri sono molto lontani dai due miliardi di carte Visa in circolazione, una ogni 3,5 abitanti della Terra). Il segreto di questa diffusione è stata proprio l’alleanza con eBay, dove si poteva pagare solo con il sistema PayPal. Proprio ispirandosi a questo modello, Visa ha stretto accordi con più di 50 altre società finanziare, in modo che nel portafoglio V.me possa entrare il maggior numero di carte di credito, prepagate o altri sistemi di pagamento digitale.

Al momento però queste nuove tecnologie stanno, paradossalmente, incentivando l’uso della plastica e dei pagamenti “analogici”. PayPal e Square – una società creata da Jack Dorsey, cofondatore di Twitter – vendono ai commercianti piccoli lettori da collegare agli smartphone per accettare pagamenti con “carte” delle loro aziende. Secondo l’Economist questa è solo una parentesi temporanea: aziende nuove utilizzano tecnologie vecchie solo in attesa che i nuovi metodi di pagamento si sviluppino completamente.

Tutte queste innovazioni, sempre secondo l’Economist, arriveranno entro breve sugli smartphone. Quando la tecnologia sarà sufficientemente economica, potrebbe essere possibile pagare con il proprio telefono cellulare in ogni negozio e facilmente: senza lettori o pulsantiere su cui inserire codici. I vantaggi non sembrano straordinari, ma ci sono: il principale sarà un aumento della sicurezza. Girare senza carte di credito (e denaro contante) nel portafoglio significa eliminare i rischi di perderli o farseli rubare.

Ma il vero mercato che si apre con queste applicazioni è quello dei paesi emergenti. Da diversi anni oramai in Medio Oriente, Sudamerica e sopratutto Africa i telefoni cellulari si stanno diffondendo con velocità crescente. Il telefono cellulare in quei paesi è un vero e proprio strumento economico, utile ai piccoli commercianti quanto ai pescatori. Ma i telefoni cellulari vengono utilizzati moltissimo anche nel cosiddetto mobile banking, la possibilità, cioè, di depositare e prelevare denaro su un conto bancario via telefono.

La combinazione di paesi emergenti in forte crescita economica, assenza quasi totale di una tradizionale struttura di banche come esiste in Occidente e diffusione di telefoni cellulari e mobile banking significa possibilità elevatissime di sviluppo depositi, monete e portafogli digitali. Sia Visa che Mastercard si sono mostrate molto interessate al settore e hanno già acquistato partecipazioni importanti in società che si occupano di questi mercati.

Foto: JOHN MACDOUGALL/AFP/Getty Images