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  • Giovedì 15 novembre 2012

L’Irlanda e l’aborto

La morte di una donna a cui è stato negato di interrompere la gravidanza ha riaperto la discussione su una legge rigidissima e già molto contestata

Protesters opposed to abortion hold placards outside the Marie Stopes clinic in Belfast, Northern Ireland, Thursday, 18, 2012. The first abortion clinic on the island of Ireland has opened in Belfast, sparking protests by Christian conservatives from both the Catholic and Protestant sides of Northern Ireland’s divide. The Marie Stopes center plans to offer the abortion pill to women less than nine weeks pregnant _ but only if doctors determine they’re at risk of death or long-term health damage from their pregnancy. That’s the law in both Northern Ireland and the Republic of Ireland, where abortion is otherwise illegal. (AP Photo/Peter Morrison)

Protesters opposed to abortion hold placards outside the Marie Stopes clinic in Belfast, Northern Ireland, Thursday, 18, 2012. The first abortion clinic on the island of Ireland has opened in Belfast, sparking protests by Christian conservatives from both the Catholic and Protestant sides of Northern Ireland’s divide. The Marie Stopes center plans to offer the abortion pill to women less than nine weeks pregnant _ but only if doctors determine they’re at risk of death or long-term health damage from their pregnancy. That’s the law in both Northern Ireland and the Republic of Ireland, where abortion is otherwise illegal. (AP Photo/Peter Morrison)

Il 28 ottobre Savita Halappanavar, una dentista di 31 anni di origini indiane, è morta all’Ospedale universitario di Galway, in Irlanda, per un’infezione al sangue (setticemia), dopo che aveva chiesto di interrompere la gravidanza alla diciassettesima settimana. Halappanavar era stata ricoverata il 21 ottobre per un forte mal di schiena, i dottori avevano scoperto che stava avendo un aborto spontaneo perché stava perdendo liquido amniotico e la sua cervice uterina era molto dilatata. Molto probabilmente il feto non sarebbe sopravvissuto ma i medici si sono rifiutati di rimuoverlo perché il suo cuore continuava a battere. Il marito di Halappanavar ha detto che di fronte alla richiesta della moglie di abortire i medici avrebbero risposto che, secondo la legge, «fino a quando c’è un battito cardiaco del feto non si può fare nulla» e che «questo è un paese cattolico».

In Irlanda infatti l’aborto è sempre illegale tranne nei casi in cui ci sia «un rischio reale e sostanziale alla vita» della partoriente, come stabilito da una sentenza della Corte suprema irlandese nel 1992. Halappanavar ha passato due giorni di sofferenza e a causa della dilatazione della cervice ha contratto una grave infezione, che è degenerata in setticemia. Dopo due giorni il cuore del feto ha smesso di battere, i medici lo hanno rimosso ma ormai ma era troppo tardi: Halappanavar è stata ricoverata in terapia intensive, dov’è morta il 28 ottobre scorso.

La notizia della morte di Halappanavar ha riaperto il dibattito sul diritto all’aborto in Irlanda. L’ospedale e il governo hanno avviato due inchieste per far chiarezza sulla vicenda mentre, scrive il Guardian, alcuni esponenti del governo appartenenti al Partito laburista irlandese hanno chiesto che venga avviata una riforma. Enda Kenny, il primo ministro irlandese del partito di centrodestra Fine Gael, ha detto di voler aspettare l’esito delle indagini prima di avviare qualsiasi tipo di attività legislativa. La famiglia farà quasi sicuramente causa contro i responsabili medici dell’ospedale, sostenendo che il feto avrebbe dovuto essere rimosso per salvare la vita della donna.

Nel 2010 una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Irlanda per non aveva garantito l’aborto in un caso in cui la vita della madre era a rischio. Dopo la pubblicazione di quella sentenza l’Irlanda ha fatto alcune modifiche, escludendo il divieto ad abortire soltanto per alcuni casi eccezionali: il Consiglio dei medici irlandesi ha stabilito che l’aborto è illegale tranne quando c’è un rischio “reale e concreto” per la vita della madre. L’eccezione concessa riguarda anche i casi in cui la partoriente minacci di suicidarsi, ma in generale tale decisione è sempre rimasta a discrezione del personale medico.

Foto: AP Photo/Peter Morrison