Il Nobel per la Chimica a Robert J. Lefkowitz e Brian K. Kobilka

Il riconoscimento per i loro studi "sui recettori accoppiati alle proteine G", che ci aiutano anche a sentire i profumi e a percepire la luce

di Emanuele Menietti – @emenietti

Robert J. Lefkowitz e Brian K. Kobilka sono stati insigniti del premio Nobel per la Chimica “per i loro studi sui recettori accoppiati alle proteine G”.

Il corpo umano funziona grazie a una serie molto intricata di interazioni tra miliardi di cellule. Ogni cellula è dotata di una serie di recettori, che le consentono di percepire che cosa le sta accadendo intorno e di adattarsi alle nuove situazioni, quando cambia qualcosa. I due ricercatori statunitensi hanno vinto il Nobel proprio grazie alle loro ricerche su uno di questi tipi di recettori, che hanno permesso di comprendere meglio il funzionamento delle cellule e di conseguenza del nostro organismo.

Per molto tempo i ricercatori non ebbero un’idea chiara di come facessero le cellule a percepire l’ambiente che sta loro intorno. Era noto che alcuni ormoni come l’adrenalina avevano particolari effetti, come la capacità di fare aumentare la pressione sanguigna e far accelerare il battito cardiaco. Si iniziò quindi a sospettare che la superficie delle cellule avesse un qualche tipo di sistema di ricezione per gli ormoni. Ma per buona parte del ventesimo secolo nessuno seppe spiegare efficacemente come fossero fatti questi recettori e come funzionassero.

Nel 1968, Lefkowitz avviò una serie di esperimenti sfruttando le proprietà della radioattività per tenere traccia dei recettori delle cellule. Un suo supervisore gli aveva suggerito di attaccare un isotopo di iodio radioattivo a un ormone: quando l’ormone si sarebbe legato alla superficie della cellula, le radiazioni emesse dallo iodio avrebbero consentito al ricercatore di identificare il recettore della cellula. Come ulteriore verifica, Lefkowitz avrebbe poi dovuto dimostrare che, attaccandosi alla superficie della cellula, l’ormone aveva indotto una reazione all’interno della cellula stessa, conferma della presenza di un recettore nel punto identificato grazie allo iodio radioattivo.

Lefkowitz si mise al lavoro utilizzando l’ormone adrenocorticotropo (ACTH), responsabile della produzione di adrenalina. Il primo anno passò senza particolari progressi e il ricercatore iniziò a pensare di lasciar perdere tutto e di specializzarsi in medicina. All’inizio del secondo anno di ricerca le cose iniziarono a migliorare. Pubblicò due ricerche scientifiche rispettivamente su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) e su Science, annunciando di aver scoperto il modo per mettere in evidenza un recettore cellulare attivo.

Proseguì le proprie ricerche sui recettori dell’adrenalina e della noradrenalina (un ormone dello stress) nei laboratori della Duke University nella Carolina del Nord, formando un nuovo gruppo di ricerca. Utilizzando sempre sostanze radioattive approfondì le sue conoscenze sul funzionamento dei recettori cellulari e perfezionò tecniche per estrarne anche alcuni da particolari tessuti biologici.

Il gruppo di Lefkowitz ottenne altri importanti progressi durante gli anni Ottanta, quando si aggiunse il ricercatore Kobilka, che accettò la sfida di identificare e isolare il gene (la porzione di codice genetico) che possiede le istruzioni per codificare i recettori andrenergici (quelli che interagiscono con l’adrenalina) di tipo β. Grazie a una serie di esperimenti e tecniche innovative, Kobilka riuscì a identificare il gene nella enorme quantità di informazioni genetiche che messe insieme consentono di costruire tutte le cellule del nostro organismo.

Lo studio del gene portò il team di ricerca a scoprire che il recettore che stavano studiando aveva diverse cose in comune con un altro recettore, che abbiamo nelle cellule degli occhi e che si occupa di farci percepire la luce. Altri confronti consentirono ai ricercatori di scoprire l’esistenza di una intera famiglia di recettori simili tra loro e che funzionano allo stesso modo.

Oggi ci si riferisce a questa famiglia di recettori biologici con il nome di “recettori accoppiati alle proteine G”. Ci sono circa mille geni che possiedono le informazioni genetiche necessarie per creare questo tipo di recettori, che sono anche alla base di buona parte dei nostri sensi. Ci aiutano, infatti, a percepire la luce, gli odori, i profumi e a reagire a particolari stimoli, grazie alla loro capacità di avvertire il passaggio degli ormoni. Molti farmaci agiscono tramite questi recettori, ad esempio i betabloccanti (usati nelle malattie come ipertensione, angina e per patologie cardiache), gli antistaminici e diversi medicinali per le cure psichiatriche.

Robert J. Lefkowitz è nato nel 1943 a New York (Stati Uniti) e si è laureato nel 1966 presso la Columbia University ed è ora professore di biochimica presso il Duke University Medical Center a Durham, nella Carolina del Nord. Brian K. Kobilka è nato nel 1955 a Little Falls nel Minnesota (Stati Uniti) e si è laureato nel 1981 presso la Scuola di medicina di Yale a New Haven nel Connecticut. È docente di medicina e di fisiologia cellulare presso la Scuola di medicina della Stanford University di Stanford, California.

foto: a sinistra Robert J. Lefkowitz, a destra Brian K. Kobilka