Le novità sul caso FIAT

Poche cose concrete, dopo l'incontro di ieri con il governo: la società ripete che intende restare in Italia, mentre il governo dice che aiuterà l'azienda nell'export

Ieri sera poco dopo le nove si è conclusa una settimana molto impegnativa per la dirigenza FIAT: al termine di un incontro tra Mario Monti, Sergio Marchionne e John Elkann, l’azienda e il governo hanno diffuso un comunicato stampa congiunto. Nel comunicato si legge che FIAT si impegna «a salvaguardare la presenza industriale del gruppo in Italia». Ma soprattutto, il governo dichiara nel comunicato che sarà costituito un gruppo di lavoro per individuare le migliori strategie per favorire l’export nel settore automobilistico.

L’incontro, avvenuto a Palazzo Chigi e durato circa 4 ore, è stato organizzato in seguito a un comunicato stampa in cui FIAT, il 14 settembre, annunciava che il piano di investimenti denominato “Fabbrica Italia” non era più attuale, visti i cambiamenti nella situazione del mercato dell’auto. Nel piano, annunciato nel 2010 quando l’economia italiana non era ancora entrata in crisi, FIAT prevedeva di investire in cinque anni 20 miliardi negli impianti italiani. Il comunicato aveva causato molte polemiche e timori sulla mancata intenzione di FIAT di investire ancora in Italia, o addirittura sulla sua volontà di lasciare il paese. L’incontro doveva servire a chiarire le decisioni dell’azienda sugli investimenti futuri.

(Che cos’è Fabbrica Italia, o cos’era)

Su questo fronte l’incontro non ha prodotto risultati precisi e Marchionne ha annunciato che gli investimenti in Italia avverranno quando se ne presenterà l’opportunità. Marchionne ha anche confermato nella prima parte del comunicato la volontà dell’azienda di mantenere parte della produzione in Italia, finanziandola con l’export, in particolare quello extra-europeo. La volontà di Marchionne di restare in Italia era stata ribadita anche nell’intervista concessa martedì al direttore di Repubblica, Ezio Mauro.

Proprio la parte del comunicato congiunto in cui FIAT ribadisce l’intenzione di restare in Italia è quella che ha suscitato le principali reazioni da parte di politici e sindacati. Le opinioni si sono divise tra chi crede alla promessa che la FIAT resterà in Italia e chi invece è scettico e pensa che l’amministratore delegato di FIAT, Sergio Marchionne, stia solo temporeggiando, come ad esempio il responsabile auto del sindacato FIOM-CGIL, Giorgio Airaudo.

All’estero, invece, è la seconda parte del comunicato ad aver suscitato maggior interesse. Secondo il Wall Street Journal il governo Monti si prepara a fornire aiuti di stato per sovvenzionare l’export di FIAT. I guadagni all’estero dell’azienda sarebbero l’unico modo per tenere aperti gli stabilimenti italiani, dove non sarebbe conveniente continuare a produrre.

Secondo Repubblica, una parte di questi aiuti consisterebbe in sgravi fiscali per favorire le esportazioni. Ma soprattutto FIAT punterebbe ad ottenere la concessione della Cassa integrazione in deroga per gli operai degli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano. Al momento, nei due stabilimenti si trovano già in Cassa integrazione straordinaria 7 mila operai. Questa forma di cassa integrazione è giustificata dal fatto che l’azienda sta ristrutturando i due impianti e investendo per cambiarne la produzione.

Se venissero a mancare quegli investimenti, come ipotizza l’articolo, allora verrebbe a mancare la condizione per ricevere la Cassa integrazione straordinaria e si dovrebbe passare a quella “in deroga”. Questo tipo di cassa integrazione viene richiesto dall’azienda e approvato a discrezione del ministro delle finanze. Il suo funzionamento, poi, è simile a quello della Cassa integrazione straordinaria (che invece è motivata da ristrutturazioni e investimenti): in poche parole, gli operai restano a casa e lo stato paga loro una parte dello stipendio nella speranza che la situazione economica migliori e possano tornare a lavorare. Repubblica stima che il costo per lo stato sarebbe di circa 50 milioni di euro l’anno.

Foto: Ufficio Stampa Palazzo Chigi – LaPresse