La Grecia è in “default selettivo”

Lo ha detto ieri Standard & Poor's, che cosa vuol dire?

(AP Photo/Petros Giannakouris)
(AP Photo/Petros Giannakouris)

La scorsa notte l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha nuovamente declassato il giudizio sul debito sovrano della Grecia, portandolo da CC (livello spazzatura, quasi default) a SD (Selective Default), cioè “default selettivo”. Si tratta dell’ultimo gradino di valutazione prima del fallimento e significa che per la Grecia, secondo S&P, si prospetta ormai una sorta di “default parziale”, come qualche analista aveva già accennato negli ultimi mesi. Sia il presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, che il governo greco ieri hanno subito fatto sapere che il declassamento era atteso, che le conseguenze di questa decisione erano già state prese in considerazione.

La decisione di S&P è arrivata dopo la decisione del governo greco di aggiungere all’accordo del 21 febbraio scorso con i creditori privati – che prevede la rinuncia dei creditori a circa il 53 per cento del capitale investito – le cosiddette Collective Action Clauses (CAC), le clausole di azione collettiva. Queste CAC, che possono essere impiegate in maniera retroattiva, possono costringere tutti gli investitori ad accettare delle modifiche sulle condizioni di pagamento di una obbligazione qualora una percentuale predefinita di obbligazionisti sia d’accordo. Nel caso della Grecia la soglia sarebbe “solo” del 66 per cento. Il tutto senza che il debitore si dichiari tecnicamente insolvente.

Secondo S&P, dunque, l’introduzione retroattiva delle CAC cambierebbe significativamente le condizioni originali del debito e limiterebbe decisamente il potere negoziale degli investitori. Questo potrebbe portare dunque a una ristrutturazione del debito con i privati non più volontaria, come si è detto sinora, ma obbligatoria e quindi, paradossalmente, potrebbe far entrare in gioco i cosiddetti Credit Default Swaps (CDS), una sorta di “assicurazione” contro il fallimento di un debitore (in questo caso uno Stato) che ripaga chi li sottoscrive solo in caso di mancato pagamento del prestito.

“Sono venute meno le garanzie su alcune obbligazioni”, ha scritto in un comunicato S&P, che però allo stesso tempo si è riservata di alzare a metà marzo il rating sul debito greco nuovamente a CCC, giudizio che viene dato ai paesi con titoli pubblici considerati vulnerabili e dipendenti dalle condizioni economiche e finanziarie. Entro il 12 marzo, infatti, dovrebbe essere completato il cosiddetto bond swap: le vecchie obbligazioni della Grecia acquisite dai privati saranno scambiate con titoli a più lunga scadenza e con tassi più bassi.

Inoltre, subito dopo l’ultimo declassamento di S&P, la Banca Centrale Europea (BCE) ha deciso di non accettare più, per il momento, i titoli di Stato greci come “collaterali”. Significa che le banche europee non potranno più offrire alla BCE bond greci come garanzia per avere liquidità.

foto: AP/Petros Giannakouris