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  • Mercoledì 15 febbraio 2012

McDonald’s dalla parte dei maiali

Prima di farne panini, la società vuole che siano trattati meglio e senza le terribili gabbie di gestazione (che cosa sono?)

FILE - In this Nov. 28, 2010 file photo provided by The Humane Society of the United States, female breeding pigs are in gestation crates at a Virginia factory farm owned by a subsidiary of Smithfield Foods in Waverly, Va. McDonald's Corp. said Monday, Feb. 13, 2012, it will require its U.S. pork suppliers to provide plans by May to phase out the use of stalls that confine pregnant sows. Smithfield Foods had already announced plans to phase out the stalls. (AP Photo/The Humane Society of the United States, File)
FILE - In this Nov. 28, 2010 file photo provided by The Humane Society of the United States, female breeding pigs are in gestation crates at a Virginia factory farm owned by a subsidiary of Smithfield Foods in Waverly, Va. McDonald's Corp. said Monday, Feb. 13, 2012, it will require its U.S. pork suppliers to provide plans by May to phase out the use of stalls that confine pregnant sows. Smithfield Foods had already announced plans to phase out the stalls. (AP Photo/The Humane Society of the United States, File)

McDonald’s è spesso al centro di polemiche, talvolta fondate altre volte pretestuose, per quanto riguarda i singoli passaggi della sua catena produttiva: dall’origine della materia prima, al trattamento del bestiame fino alla promozione degli stessi prodotti. Eppure, come spiega Mark Bittman, seguitissimo columnist della sezione cucina del New York Times, nelle continue iniziative di miglioramento la società potrebbe aver fatto una scelta molto importante rispetto ai meccanismi dell’industria alimentare: d’ora in poi pretenderà che i suoi fornitori certifichino l’intenzione di abbandonare il sistema delle gabbie di gestazione (gestation crate).

Nei sistemi di allevamento intensivo, sono gabbie individuali in cui vengono tenute le scrofe durante la gravidanza: di solito sono larghe quanto il corpo dell’animale (le dimensioni medie sono di 2 metri per 60 centimetri), che non ha la possibilità di muoversi o girarsi. A questo va aggiunto che le scrofe trascorrono la maggior parte della loro vita adulta in gravidanza, a causa dei ritmi riproduttivi imposti dal sistema dell’allevamento intensivo: la gravidanza dei suini dura circa 4 mesi, e ogni scrofa partorisce in media cinque volte ogni due anni. Secondo Animal Welfare, un saggio del 1995 scritto da John Webster, negli Stati Uniti le scrofe confinate nella gestation crate erano tra il 60 e il 70 per cento. Ora, sostiene Bob Langert, vicepresidente del dipartimento della sostenibilità di McDonald’s, sono il 90 per cento.

Gli allevatori si difendono dichiarando che è l’unico modo per evitare che gli animali si attacchino a vicenda nelle gabbie comuni, ma sono ben più pesanti le conseguenze sul benessere del bestiame tenuto in gabbie singole di quelle dimensioni. Sono stati condotti numerosi studi sulle condizioni degli allevamenti intensivi, e i risultati sono concordi: le scrofe tenute nelle gabbie mordono le sbarre, dondolano la testa, continuano con la masticazione anche se non hanno cibo in bocca e mantengono un comportamento che è segno di totale impotenza. Ad esempio restano inerti se toccate o se gli viene versata addosso una secchiata d’acqua.

Una volta che il fornitore avrà manifestato l’intenzione di abbandonare il sistema di gestation crate sarà il reparto per la sostenibilità interno a McDonald’s a elaborare un piano temporale con scadenze definite entro cui liberarsi delle gabbie. L’impatto sull’industria alimentare statunitense, come spiega Bittman, sarà enorme. Al momento McDonald’s acquista l’uno per cento della carne suina prodotta negli Stati Uniti, una percentuale enorme se si pensa che si tratta di una sola azienda.

Nel mondo della fornitura di carne all’ingrosso esistono due tipologie di produttori: quelli che vendono a McDonald’s e quelli che vorrebbero farlo. Quando, nel 1999, McDonald’s impose che i suoi fornitori estendessero lo spazio delle gabbie individuali dei polli da 310 a 464 centimetri quadrati (circa due terzi di un foglio da stampante), nessuna fabbrica in tutta la nazione aveva gabbie così ampie. Nonostante questo le misure furono convertite da tutti i produttori nell’arco di 18 mesi: ora quello imposto da McDonald’s è il nuovo standard.

Passare dalle gestation crate a recinti di gruppo per la gestazione è più complesso ed economicamente più gravoso, le modifiche richiederanno soldi e tempo, quindi un cambiamento nel giro di 18 mesi non è realistico. Ma è probabile che entro qualche anno gli attuali sistemi apparterranno al passato della maggior parte dei produttori di carne di maiale, e questa è una vittoria importante.

Entro il 2013 nei paesi dell’Unione Europea dovrà essere abolito l’uso delle gabbie oltre la quarta settimana di gravidanza. Svezia e Regno Unito hanno già abolito l’intero sistema, e la Danimarca programma di fare lo stesso a partire dal 2014. Negli Stati Uniti è una questione dibattuta da tempo: la Florida (dal 2002), l’Arizona (dal 2006) e la California (dal 2008) hanno già leggi che proibiscono questo sistema, altri stati si stanno attrezzando e spesso le iniziative vengono dalle singole società produttrici, sottoposte alle pressioni di consumatori e associazioni ambientaliste.

La decisione di McDonald’s sarà incisiva sul mercato, ma questo non significa che la multinazionale possa ora permettersi di rilassarsi su certi temi. Bittman racconta che, durante una sua visita alla sede della società, ha più volte ricevuto risposte evasive a domande sul trattamento delle galline da uova, sulla qualità e la varietà del cibo e sul rapporto con i dipendenti.

McDonald’s è tra le società alimentari più importanti al mondo, e si potrebbe dire che è, insieme a Walmart, il vero pioniere di quel settore dell’industria: ciò che questi due fanno, faranno anche gli altri. Quando McDonald’s bandisce le gabbie di gestazione, le gestation crate spariscono. Se McDonald’s decidesse di avere un’ottima offerta vegetariana, vedreste comparire qualcosa di simile da Burger King. Se McDonald’s annunciasse che userà solo latte biologico (come già succede nei ristoranti della catena nel Regno Unito) o uova da allevamenti a terra per i McMuffin (altra pratica già attuata nel Regno Unito), vedreste fare lo stesso ovunque. Se McDonald’s pagasse i suoi impiegati un dollaro in più dello stipendio minimo, lo stipendio minimo nella ristorazione aumenterebbe.

foto: AP Photo/The Humane Society of the United States, File