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  • Domenica 28 agosto 2011

Le conseguenze del caso Hazare

L'attivista indiano ha interrotto lo sciopero della fame, l'Economist si chiede se questa forma di protesta ricattatoria è opportuna in uno Stato democratico

Dopo dodici giorni, l’attivista anticorruzione indiano Anna Hazare, 74 anni, ha interrotto lo sciopero della fame che stava conducendo in un parco nel centro di Delhi per ottenere la modifica del “Lokpal bill”, una legge in discussione da mesi in India che vorrebbe contrastare la corruzione della classe politica. Ieri la camera bassa del parlamento indiano, la Lok Sabha o Camera del Popolo, ha approvato una mozione che appoggia i cambiamenti alla legislazione anticorruzione proposti da Hazare, portando alla fine dello sciopero.

Le modifiche riguardano principalmente un ampliamento da dare ai poteri dell’autorità contro la corruzione, la Lokpal appunto, e la rimozione dell’immunità dalle indagini per il primo ministro, alcuni giudici e i funzionari del governo. Sono state proposte dopo che una versione del “Lokpal bill” è stata approvata ai primi di agosto ma è stata ritenuta inadeguata da Hazare e dai suoi sostenitori. L’ultima decisione del parlamento è stata presa dopo nove ore di dibattito, che ha avuto tra i principali protagonisti il ministro delle finanze indiano Pranab Mukherjee.

Hazare ha interrotto lo sciopero bevendo un bicchiere di succo di frutta offertogli da una bambina di cinque anni. Per assistere alla fine del digiuno dell’attivista sono arrivate nel parco di Delhi circa 40.000 persone. Hazare è stato poi trasferito in un ospedale di Gurgaon, fuori da New Delhi, dove rimarrà in osservazione almeno 24 ore per aver perso più di sette chili nei dodici giorni dello sciopero.

Che cosa significa il caso di Anna Hazare
L’argomento della corruzione è molto sentito in India, visti i numerosi episodi di corruzione degli ultimi mesi che sono arrivati a coinvolgere ministri del governo. Migliaia di persone hanno sostenuto la protesta di Hazare e hanno partecipato a manifestazioni pacifiche contro i politici indiani in dozzine di città del paese. I mezzi di comunicazione si sono occupati moltissimo del caso, spesso schierandosi apertamente a favore di Hazare (che aveva già usato questa forma di protesta lo scorso aprile): un aumento del suo supporto e della sua popolarità è stato causato anche dall’infelice decisione del governo di arrestarlo poco dopo l’annuncio dell’inizio dello sciopero.

Alcune analisi hanno inserito la protesta di Hazare all’interno di un ampio desiderio di cambiamento nella politica da parte dell’elettorato indiano e in particolare della classe media, che con la crescita economica è arrivata a contare circa 300 milioni di persone. La forza della sua protesta sarebbe stata accresciuta dall’attuale momento di debolezza dell’Indian National Congress, il partito di governo, visti gli scandali e l’attuale assenza della presidente Sonia Gandhi, all’estero per farsi curare da una malattia non precisata ufficialmente.

Hazare e il suo movimento si richiamano esplicitamente ai metodi non violenti di Mahatma Gandhi e il supporto della popolazione ha costretto il governo a gestire un momento di crisi che non ha molti precedenti negli ultimi decenni in India. Il quotidiano indiano in lingua inglese più diffuso, The Times of India, ha detto che Hazare ha avuto il merito di incanalare la rabbia della gente in “un movimento di massa che ha scosso il governo dalle fondamenta e messo sotto osservazione l’intera classe politica”.

Secondo l’Economist, però, non bisogna esagerare il ruolo positivo della protesta di Hazare, né la bontà dei suoi metodi e delle sue rivendicazioni. L’uso dello sciopero della fame, una forma di protesta che ha in sé un indubitabile elemento di ricatto, può aver avuto un senso contro l’oppressione coloniale britannica, ma ha tutto un altro significato contro leader politici democraticamente eletti: il rischio è di spingere altri movimenti politici a utilizzare lo stesso strumento di lotta per portare avanti le proprie rivendicazioni di minoranza. Questi comportamenti porterebbero rapidamente all’anarchia in un paese tanto complesso come l’India.

L’Economist aggiunge che lo slogan dei sostenitori di Hazare (“L’India è Anna, Anna è l’India”) è semplicemente “assurdo”, e che molti di loro rimpiangono un’epoca d’oro in cui l’India sarebbe stata libera dalla corruzione, prima delle liberalizzazioni economiche, che nella realtà non è mai esistita. Il vero problema che Hazare ha messo in luce, in definitiva, è quello della classe politica indiana, che non è stata in grado di spiegare alla gente che, se le richieste dell’attivista andavano nella giusta direzione, i mezzi erano decisamente sbagliati.

foto: SAJJAD HUSSAIN/AFP/Getty Images