Ma quanto ci mette?

I lunghi tempi di avvio dei computer sono stati a lungo una grana per tutti gli utenti: ora i nuovi modelli sono pronti in pochi secondi ed è merito degli smartphone

Lo scorso 20 luglio Apple ha iniziato la distribuzione di Lion, l’ultima versione di Mac OsX, il sistema operativo per i Mac. Tra le diverse innovazioni apportate, la nuova edizione promette di migliorare l’avvio del proprio computer, consentendo di riaprire in automatico i programmi e le finestre che erano in utilizzo prima del suo spegnimento. Come ricorda l’esperto di tecnologia Farhad Manjoo su Slate, quello dell’avvio lento è stato per anni uno dei principali problemi dei computer. Fino a qualche anno fa, prima di potersi mettere a scrivere, a navigare o a giocare al solitario ci volevano mediamente un paio di minuti perché il computer si avviasse, facesse i test di rito sui propri componenti e caricasse il sistema operativo. Un tempo di attesa mal sopportato dagli utenti e che aveva portato a notevoli storture.

Nel 2001 uno studio concluse che negli Stati Uniti negli uffici veniva lasciata accesa la metà dei computer durante la notte e nei fine settimana per evitare i tempi lunghi di riavvio dei sistemi, cosa che comportava un enorme e inutile consumo di energia elettrica. E nonostante nel corso degli anni ci siano stati grandi passi avanti nella capacità di calcolo dei computer, per un bel pezzo i tempi di avvio dei computer sono rimasti sostanzialmente invariati.

Questa settimana segna il trentesimo anniversario del lancio dell’IBM 5150: il primo personal computer IBM, la cui architettura sarebbe stata poi ampiamente imitata dalla concorrenza rendendola la base per l’intera industria dei computer. In questo video, che mette a confronto un 5150 con un computer Compaq di metà anni Novanta, il 5150 impiega un minuto e mezzo per avviarsi. Il Compaq più avanzato ci mette lo stesso tempo. Fino al 2009 circa la storia era la stessa: un computer con Windows ci metteva in media 80 secondi per avviarsi.

Fortunatamente negli ultimi anni le cose sono cambiate in meglio, grazie ad alcune modifiche apportate al funzionamento dei sistemi operativi e di alcuni componenti. In media oggi un computer con i sistemi operativi più recenti ci mette al massimo mezzo minuto per avviarsi, ma in molti casi i tempi per essere pronto all’uso sono ancora più bassi. Il nuovo MacBook Air si avvia in circa sedici secondi, e nel caso dei ChromeBook – i computer che usano il sistema operativo di Google ispirato al browser Chrome – la fase di avvio è di appena dieci secondi. Nonostante Windows sia un sistema operativo molto più pesante, nella sua ultima versione Microsft è riuscita a ridurre notevolmente i tempi di avvio: con la giusta configurazione e una buona capacità di calcolo, un portatile che usa Windows 7 si avvia rapidamente quanto un MacBook di Apple.

I tempi di cui stiamo parlando sono quelli necessari mediamente per un “cold boot”, cioè un avvio da zero del computer, quando è completamente spento. Tuttavia, negli ultimi tempi i produttori di computer e sistemi operativi si sono dati da fare per migliorare anche la velocità della ripresa dallo stato di sospensione delle attività (ibernazione, sui Mac si chiama Stop). Quando il computer viene sospeso – nei portatili in genere basta abbassare lo schermo – i contenuti nella memoria temporanea vengono trascritti sul disco rigido e riportati sulla memoria temporanea quando viene acceso nuovamente il computer. Questo consente di evitare la fase di avvio da zero riducendo i tempi per riprendere il lavoro e funziona a patto che il computer resti collegato alla corrente o abbia sufficiente carica nelle batterie.

Fino a qualche tempo fa questa funzione non dava grandi risultati, specie sui PC Windows: bastava la scarsa compatibilità con un componente del computer per perdere la sessione sospesa e dover riavviare da zero. Gli ultimi progressi hanno consentito di rendere indolore questa operazione, facendo risparmiare un bel po’ di tempo. I principali sistemi operativi consentono di ripristinare in pochi secondi la sessione sospesa. Nel caso dei Mac l’operazione richiede pochi secondi e nel caso dei ChromeBook la reazione è sostanzialmente istantanea.

Per la morte dei tempi di avvio possiamo ringraziare alcune migliorie sull’hardware. Intel ha fatto grandi passi avanti nel ridurre il consumo di energia da parte dei suoi processori e ora offre diverse modalità a basso consumo che i computer possono adottare quando non sono utilizzati. Un altro importante e più recente passo in avanti sono state le unità a stato solido, che raccolgono le informazioni utilizzando memorie flash invece di usare dischi magnetici come nei dischi rigidi tradizionali. (Sia i MacBook Air che i ChromeBook usano unità a stato solido.)

Naturalmente i vantaggi nella riduzione dei tempi di avvio, o nella loro sostanziale scomparsa con il sistema della sospensione delle sessioni, sono visibili e apprezzabili sui computer più recenti. Questo significa che là fuori ci sono ancora decine di milioni di persone che ogni giorno trovano qualcosa di alternativo da fare nei due o più minuti richiesti dai loro computer per essere attivi. La prima fase di avvio a freddo, quella con lo schermo nero e caratteri bianchi, è inevitabile e può essere difficilmente accorciata, mentre alcuni semplici accorgimenti possono rendere più rapida l’ultima fase di caricamento del sistema operativo.

Spesso numerosi programmi quando vengono installati attivano anche un’opzione per essere sempre aperti durante la fase di avvio del computer. A lungo andare questo può appesantire il sistema, obbligandolo a far partire anche decine di programmi, che poi non vengono magari usati. Sulle versioni Windows più datate si può come prima cosa dare un’occhiata alla cartella “Esecuzione automatica” dal “Menu di avvio” e verificare quali programmi sono elencati. È sufficiente rimuovere la loro icona dalla cartella per evitare che si avviino la volta dopo. I più esperti possono usare l’opzione Msconfig di Windows, ma bisogna procedere con cautela perché se si sbaglia qualcosa c’è il rischio di complicare l’avvio del computer.

I ChromeBook riescono ad avviarsi da zero in una decina di secondi proprio perché non hanno programmi che si avviano automaticamente quando vengono accesi. Un’altra soluzione per rendere l’avvio più veloce è quella di costruire sistemi operativi strettamente legati all’hardware e viceversa. Apple e in misura diversa Google hanno scelto questa soluzione, Microsoft invece è costretta a seguire un modello in cui il suo sistema operativo deve adattarsi a computer molto diversi tra loro e questo a volte comporta qualche inconveniente.

Software e hardware che vanno molto d’accordo insieme rendono più veloci i dispositivi e basta pensare agli smartphone oggi in commercio per accorgersene. Da un cellulare ci aspettiamo la massima reattività e questo probabilmente ha condizionato anche il nostro modo di giudicare la lentezza dei computer tradizionali. Smartphone e tablet sono sempre pronti per inviare email, navigare online e ovviamente rispondere alle chiamate. Se così non fosse verrebbe a mancare buona parte della loro utilità.

Ma se gli smartphone – che a conti fatti sono dei piccoli computer – sono attivi in un attimo, perché non lo possono essere anche i computer tradizionali? La risposta sta principalmente nelle differenze tecniche: i sistemi operativi dei dispositivi mobili sono di solito meno pesanti e fortemente integrati con l’hardware, fanno funzionare pochi programmi per volta “dietro le quinte” e non hanno bisogno di parti in movimento per recuperare i dati, come i dischi magnetici.

Secondo molti osservatori, la progressiva diffusione dei tablet sta portando a nuovi importanti cambiamenti che potrebbero causare il tramonto dell’era dei computer per come li conosciamo ora. Nel nuovo Lion, Apple ha introdotto alcune funzionalità fino a ora adottate su iPhone e iPad e sembra essere determinata a trovare nuove soluzioni per ridurre le differenze (almeno delle interfacce) tra il sistema operativo per dispositivi mobili iOS e quello per i suoi Mac. Google sta facendo qualcosa di analogo con le versioni di Android per smartphone e tablet e con i suoi ChromeBook e anche Microsoft, seppure con maggiori difficoltà, sta provando ad aumentare l’integrazione tra Windows per computer e Windows per smartphone. I computer che abbiamo oggi tra le mani non scompariranno, ma si stanno evolvendo rapidamente e in buona parte grazie alle scoperte e alle migliorie adottate negli smartphone, tempi di avvio compresi.