L’unica vittoria disponibile

Sconfitto in parlamento, stanco nel paese, affidato ai tribunali, il lavoro dell'opposizione ha una chance straordinaria

La frenesia dell’opposizione a Silvio Berlusconi – politica, giornalistica, civile – è così assidua e scomposta da non avere neanche il tempo di riflettere sulle proprie sconfitte. E con grande impiego di energia passa le giornate a rinfacciargli ogni giorno nuovi imbrogli, nuove illegalità, nuove leggi truffaldine, nuove feste, nuove barzellette – che lui produce a getto continuo e indifferente – senza fare mai bilanci sul risultato. Bilancio che consegna al PresdelCons un regno pressoché ininterrotto di diciassette anni, lo spianamento morale e culturale del paese, e un nuovo trionfo politico negli ultimi mesi, quando la prima seria minaccia parlamentare gli era stata costruita davanti.

Dentro la politica, nel maggior partito di opposizione, di questa inefficacia sembrano essersi resi conto quanto basta per tirare i remi in barca: salvo improvvise animazioni quando si creano dei varchi, al PD hanno abbastanza chiaro che la strategia dell’antiberlusconismo permanente non produce risultati e fortifica il fronte opposto. Ma non hanno la minima idea, è altrettanto evidente, su una strategia altra, sulla costruzione di un’alternativa attraente, su come conquistare i voti che Berlusconi dovesse perdere. Si limitano a sperare che arrivino, approfittando del fatto che le tanto attese elezioni anticipate (novembre, poi aprile) sono sparite dall’orizzonte. Non esiste una nuova occasione di vittoria su cui investire, e questo spiega la supplenza delle scadenze giudiziarie.

Ma invece una esiste, ed è importante simbolicamente e concretamente. Sono le elezioni per il sindaco di Milano, dove il centrosinistra può vincere e portare a casa ben più di un sindaco: ci sono altre elezioni amministrative importanti, ma non con questo carico di valore. Perché Milano è Milano, con quello che significa in quanto seconda città italiana (la prima il centrosinistra ce l’aveva, e l’ha persa). Perché a Milano il centrosinistra ha ormai una lunga storia di fallimenti e sbriciolamenti, esemplificata da un elenco di successive candidature poverissime che è ormai parte dell’aneddotica comica della città. Perché Berlusconi sta rimettendo tutto il suo peso e la sua faccia su questo confronto, e una sconfitta del sindaco uscente sarebbe una sua sconfitta. Perché il centrosinistra ha un candidato che non rappresenta nessun partito, eppure è uscito dalle primarie, e li rappresenta tutti. E perché ha un candidato di cui può andare fiero, apprezzato e stimato da tutti, che non capita spessissimo. A Milano, poi, non c’è mai stato un sindaco più di sinistra di un socialista.

E poi c’è Milano, nel senso della città e non del simbolo. Un esempio spettacolare di rincoglionimento civile e culturale di una città, non guidata da anni, sottratta a una sua identità moderna e cosmopolita, isolata dalle sue opportunità – uniche in Italia – di essere una metropoli dell’Europa centrale, consegnata a una sopravvivenza fatta di affari immobiliari, sopravvalutazione della moda e tenace resistenza degli aperitivi. Ma annientata in termini di creatività, innovazione, orgoglio, così come in quelli di qualità della vita, servizi, gestione del quotidiano. Imparagonabile per attrattiva a qualunque metropoli dell’Europa centrale, inesistente al mondo e agli italiani, che continuano a conoscerne pochi cliché. Il ghetto di via Montenapoleone, gli spalti del tribunale, quelli di San Siro.

Certo, il centrodestra a Milano ha un elettorato molto ampio e forte. Esiste solo un caso in cui è realistico immaginare una sua sconfitta: quel caso è che candidi Letizia Moratti, nel 2011, con l’appoggio di un Berlusconi in stanca. È uno spiraglio in cui bisogna precipitarsi, per Milano e per tutto quanto, e scaraventarci dentro Giuliano Pisapia. Lo devono fare i partiti del centrosinistra, senza fare capricci, a cominciare dal PD nazionale con tutte le forze che ha, non limitandosi a dichiarazioni solidali dalla buvette di Montecitorio (i leader del PD dovrebbero trasferirsi a Milano domani, con le loro strutture). E lo possono fare in molti, da tutta Italia, offrendosi di dargli una mano: come possono. Il Post, dal suo spazio in rete e dalle sue stanze fuori dal parco Sempione, lo appoggia molto convinto.