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  • Venerdì 8 aprile 2011

L’India preferisce i figli maschi

Secondo i dati del nuovo censimento, ogni anno seicentomila bambine non vengono fatte nascere

Pochi giorni fa si è concluso il grande censimento della popolazione indiana: 1.210.000.000 persone. I risultati sono molto incoraggianti sotto diversi aspetti: il tasso di analfabetismo sta diminuendo, l’aspettativa di vita aumenta e le dimensioni delle famiglie si sono stabilizzate. C’è un dato però particolarmente preoccupante: il numero delle bambine che nascono ogni anno è nettamente inferiore a quello dei bambini. L’Economist ne parla nel numero di questa settimana.

Se si paragona il numero di bambine che sono nate con quelle che sarebbero effettivamente nate in condizioni normali, ci si accorge che ogni anno in India mancano seicentomila bambine. La selezione sessuale è arrivata anche in quelle parti del paese dove prima non veniva praticata. E la tendenza, continua l’Economist, dimostra che la selezione sessuale non è praticata solo nei paesi in cui vige una dittatura, come la Cina. L’India è una democrazia e non c’è nessuna legge sul figlio unico a cui dare la colpa. Né la povertà può essere usata come unico fattore per spiegare questa scelta. Al contrario, gli stati in cui la pratica è più diffusa – Punjab, Haryana, Gujarat – sono tra quelli più ricchi dell’India.

Molte famiglie pensano che avere dei figli maschi sia più vantaggioso socialmente e preferiscono quindi abortire quando scoprono di aspettare una bambina. Naturalmente non tutti possono permettersi di fare ecografie con cui sapere il sesso del nascituro, per cui di solito le famiglie che ricorrono con maggiore frequenza all’aborto di figlie femmine sono quelle più benestanti. Se la tendenza dovesse continuare su questi numeri, gli effetti per l’India potrebbero essere disastrosi. Con seicentomila bambine in meno ogni anno, spiega l’Economist, tra diciotto anni mancheranno circa dieci milioni di potenziali spose. E le statistiche dimostrano che i paesi in cui mancano le spose, sono quelli in cui c’è una percentuale più alta di stupri, prostituzione e compravendita di mogli. Come era successo in Corea del Sud negli anni Novanta.