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  • Lunedì 14 marzo 2011

Il golpe senza fine dell’Honduras

Il paese è ancora diviso sul rientro dell'ex presidente Manuel Zelaya

L’Honduras fa i conti con il colpo di stato che nel giugno 2009 costrinse all’esilio l’allora presidente Manuel Zelaya. Il governo dell’attuale presidente Porfirio Lobo Sosa, eletto nel novembre del 2009 grazie all’appoggio dei golpisti, è stato ormai riconosciuto dalla maggior parte dei paesi occidentali, ma la vita politica del paese non è ancora del tutto pacificata proprio a causa del mancato rientro dell’ex presidente.

Zelaya era riuscito a tornare in Honduras il 22 settembre 2009 e aveva vissuto rifugiato per oltre quattro mesi nell’Ambasciata Brasiliana, fino a quando il nuovo presidente Lobo non gli aveva concesso un salvacondotto per abbandonare il paese. Da allora vive in esilio nella Repubblica Domenicana. Gli Stati Uniti hanno già riconosciuto da alcuni mesi il nuovo governo di Sosa e chiesto che l’Honduras venga riammesso all’interno dell’Organizzazione degli Stati Americani (OAS) ma Brasile, Argentina e Venezuela continuano a porre il rientro di Zelaya come condizione necessaria per la riammissione.

Durante il suo mandato, Zelaya era stato accusato di corruzione e di avere cercato di prolungare in maniera illegittima il suo incarico presidenziale. La sua rimozione era stata comunque condannata da tutta la comunità internazionale e Lobo ha dovuto faticare molto per riuscire a riconquistare un minimo di credibilità al suo governo. Ora potrebbe paradossalmente avere bisogno del rientro di Zelaya, che invece di costituire una minaccia per la sua coalizione potrebbe addirittura finire col dividere ulteriormente la sinistra. I partiti all’opposizione, infatti, hanno sempre condannato il modo con cui l’ex presidente era stato rimosso, ma non tutti lo vorrebbero di nuovo come loro leader proprio perché consapevoli delle accuse che pendono sul suo mandato.

La riconciliazione al momento resta comunque molto difficile. Il procuratore generale e la Corte Suprema dell’Honduras non hanno nessuna intenzione di far cadere le accuse di corruzione contro Zelaya. Entrambi erano stati eletti poco prima del golpe da un congresso che era ormai fortemente anti-Zelaya. Lobo potrebbe facilmente usare la sua ampia maggioranza parlamentare per estromettere i giudici, ma in un momento in cui ha appena riconquistato un minimo di credibilità internazionale non può permettersi una mossa così azzardata. L’unica scappatoia al momento sembra essere fornita dalla commissione d’inchiesta sul golpe istituita dal governo, i cui risultati sono attesi per fine maggio, che potrebbe fare pressioni per un ritorno di Zelaya in vista di una normalizzazione del paese. Dal 28 giugno 2009, il Fronte Nazionale Contro il Colpo di Stato ha contato più di 160 morti tra gli esponenti della società civile uccisi in esecuzioni extragiudiziali per mano di squadroni della morte e paramilitari.