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  • Giovedì 10 marzo 2011

Via dalla Libia – foto

Le foto dei sudanesi, bengalesi, indiani e somali che cercano di lasciare la Libia

Bengladeshi refugees from Libya wait on March 9, 2011 at the Choucha camp in Tunisia near the border with Libya for their names to be called to get documents to be repatriated to their homeland. The Tunisian military and the United Nations run this camp of 16,000 people, most of them Bangladedshis stuck for a lack of means to get them home. Since February 20 more than 110,00 people have left Libya for Tunisia. AFP PHOTO / JOEL SAGET (Photo credit should read JOEL SAGET/AFP/Getty Images)
Bengladeshi refugees from Libya wait on March 9, 2011 at the Choucha camp in Tunisia near the border with Libya for their names to be called to get documents to be repatriated to their homeland. The Tunisian military and the United Nations run this camp of 16,000 people, most of them Bangladedshis stuck for a lack of means to get them home. Since February 20 more than 110,00 people have left Libya for Tunisia. AFP PHOTO / JOEL SAGET (Photo credit should read JOEL SAGET/AFP/Getty Images)

Dall’inizio delle rivolte in Libia e della repressione violenta messa in atto dal regime di Gheddafi, migliaia di persone ogni giorno stanno scappando nel tentativo di raggiungere il proprio paese d’origine o semplicemente di mettersi in salvo. A piedi, in autobus o in macchina, nei giorni più intensi fino a diecimila persone hanno attraversato il confine che separa la Libia dalla Tunisia. Molti di questi profughi sono stranieri, somali, sudanesi, indiani e bengalesi. Partono lasciando in Libia tutti i loro pochi averi, senza avere idea di dove andare a vivere (e molti sono impiegati e operai nelle aziende di estrazione del petrolio, ragione per cui molti impianti sono fermi da settimane). Da qualche giorno, scrive oggi l’AFP, il flusso dei rifugiati è rallentato: secondo molti testimoni, il fenomeno si deve al tentativo del governo libico di rinforzare la sorveglianza alle frontiere e mostrare una situazione più calma di quello che è. I feriti, per esempio, non potrebbero lasciare il paese per evitare che possano testimoniare le violenze dell’esercito.