Ray Kurzweil e il suo futuro, o il nostro

Ritratto dell'uomo le cui ricerche sulla vita artificiale sono andate sulla copertina di Time

Co-founder of the Singularity University Dr. Ray Kurzweil congratulates the students of the first commencement of the University in Mountain View, Calif., Friday, Aug. 28, 2009. (AP Photo/Russel A. Daniels)
Co-founder of the Singularity University Dr. Ray Kurzweil congratulates the students of the first commencement of the University in Mountain View, Calif., Friday, Aug. 28, 2009. (AP Photo/Russel A. Daniels)

La copertina di Time della scorsa settimana era dedicata alle ricerche e alle ipotesi sull’intelligenza artificiale di Ray Kurzweil, sotto un titolo un po’ sbrigativo dedicato all'”immortalità nel 2045”. Per sapere di cosa si parla e chi è Ray Kurzweil recuperiamo un suo ritratto intervista fatto dal peraltro direttore del Post per Wired un anno fa.

Gli uffici della Kurzweil Technologies sono ai margini di una cittadina di ventiseimila abitanti pochi chilometri a ovest di Boston, equamente attraversata da parchi e autostrade. Tra i ventiseimila ci sono Steven Tyler degli Aerosmith e diverse leggende dei Boston Celtics e dei Red Sox, ma la storia locale può andar fiera anche di aver visto crescere Sylvia Plath e di Vladimir Nabokov, che insegnò qui al college tra il 1941 e il 1948. Alle ultime elezioni gli elettori di Obama furono il doppio di quelli di McCain, nella lunga tradizione liberal dell’area di Boston. Le sue celebri istituzioni universitarie dall’attitudine storicamente progressista, consegnano a queste graziose magioni molti residenti, sotto forma di professori di Harvard o dell’MIT (pronuncia corretta: èmaitì, da cui l’uso della preposizione apostrofata).
Dal centro di Boston, è una mezz’ora di piacevole viaggio in metropolitana: la metro di Boston – la T – è come molte cose di Boston antica e sonnolenta, e molto poco sotterranea. In anticipo sull’appuntamento convenuto a un’ora che per noi aspiranti suicidi per errata alimentazione sarebbe quella del pranzo, entro in uno Starbucks ai margini di un laghetto e compro un panino al tacchino e un succo d’arancia. Tiro fuori il librone giallo, e mi siedo a un tavolino vicino a un’anziana coppia con un cane.
Apro il librone giallo – che ho finito di leggere la notte prima – al capitolo 11: “Un articolo pubblicato nel 2008 sul prestigioso Journal of the American College of Cardiology sostiene che il danno per le vostre arterie comincia già dopo un solo pasto poco sano (per esempio cheeseburger, patatine, e una bibita gassata)”.
Non si parla di tacchino. Patatine non ne ho prese. Il succo d’arancia non vale bibita, anche se avrei fatto meglio a frullare dei mirtilli (come suggerito a pagina 303). Chiudo il librone giallo. Si chiama “Transcend”. Sottotitolo: “Nove tappe per vivere bene in eterno”. Living well forever. Un lettore ignaro che lo trovasse sugli scaffali di una libreria potrebbe pensare che quel “forever” sia un modo di dire, un riferimento alla lunghezza di tutta la propria vita. Invece il manuale di Ray Kurzweil e Terry Grossman si riferisce letteralmente all’eternità: per sempre. Rimetto nello zaino il librone giallo e mi incammino verso l’ordinario edificio che ospita la Kurzweil Technologies, un prefabbricato di quattro piani nobilitato solo dalla elegante grafica modernista con il nome della via e il civico esposti sul fronte strada.

Non ero venuto da Ray Kurzweil per parlare di diete e alimentazione: a Wired di solito non ci occupiamo di manualistica salutista. Ma il fascino del librone giallo risiede esattamente nella sua apparente distanza dalla complessità scientifica e straordinaria di cui si era occupato finora il suo autore principale. Mentre lo aspetto – la segretaria mi annuncia che è leggermente in ritardo – mi aggiro indiscretamente per gli uffici: ogni parete e ogni mobile sono affollati da premi, targhe, medaglie, fotografie di Kurzweil con celebrità di ogni genere – Bill Clinton, Stevie Wonder – copie dei film su di lui, edizioni dei suoi libri tradotti in decine di lingue diverse. Soprattutto quello più celebre, “La singolarità è vicina”, in cui l’autore prevede un’accelerazione dell’innovazione tecnologica nei prossimi anni a ritmi impensati da chiunque (esponenziale, o persino esponenziale dell’esponenziale), tali da generare un cambio di paradigma totale, e un cambiamento del mondo imparagonabile con quelli che abbiamo sperimentato finora. Secondo Kurzweil le intelligenze artificiali diventeranno autosufficienti, quasi onnipotenti, e si fonderanno intimamente con le nostre intelligenze biologiche. Niente sarà più come prima, a cominciare da quel che chiamiamo “vita”, che diventerà quasi totalmente controllabile. “La singolarità è vicina” è un libro di cinquecento pagine, e questo riassunto non gli rende merito: sono pagine di grafici, esempi, storia del mondo, formule scientifiche e analisi di grande logica e chiarezza. Non un’implicazione delle sue previsioni sfugge all’analisi di Kurzweil, dalla coscienza di sé delle nuove intelligenze, al rapporto con l’universo, al concetto di Dio. Oltre a molte previsioni azzeccate sulle nuove tecnologie degli ultimi anni, si incontrano elaborazioni sul futuro affascinanti e stimolanti, ed è uno di quei libri che fa venire voglia di capirne di più e di discuterne con l’autore. Leggendolo per preparare questo incontro mi sono segnato molte cose, dubbi, obiezioni da fare. Fino a che sono arrivato al capitolo nove – “Risposte alle critiche” – che contiene tutte le obiezioni che mi ero segnato e altre ancora, e tutte le risposte

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