La lunga e controversa vicenda giudiziaria di Cesare Battisti è allo stesso tempo storica, giudiziaria e diplomatica. Comincia nel 1977, in un anno particolare e delicato della storia d’Italia, e negli anni ha coinvolto la Francia, il Messico e il Brasile. Ed è piena di punti ancora molto dibattuti, di cose poco chiare e altre che vengono date per scontate e non lo sono. Cominciamo dall’inizio.
Chi è Cesare Battisti
Cesare Battisti è nato nel 1954 in provincia di Latina. La sua adolescenza è movimentata e burrascosa: lascia le scuole superiori nel 1971 e si fa conoscere dalle forze dell’ordine perché protagonista di piccoli crimini: nel 1972 viene arrestato per una rapina, due anni dopo viene arrestato di nuovo per rapina con sequestro di persona. Finisce di nuovo in carcere nel 1977, sempre per rapina, ed è lì che conosce Arrigo Cavallina, fondatore di un gruppo terrorista di estrema sinistra chiamato Proletari armati per il comunismo (d’ora in poi, PAC). Uscito dal carcere si trasferisce a Milano e partecipa attivamente alle azioni dei PAC.
I Proletari armati per il comunismo
Le azioni dei PAC consistono in rapine a banche e a supermercati (“espropri proletari”, dice il gruppo), sabotaggi alle fabbriche, aggressioni (vari medici e agenti carcerari vennero gambizzati nel 1978) e omicidi. Per quattro di questi omicidi i processi riconosceranno la partecipazione, diretta o indiretta, di Cesare Battisti. Ed è qui che le cose si fanno complicate. Intanto basti sapere che i processi relativi a quegli omicidi si celebreranno senza la presenza di Battisti che, arrestato nel 1979, evade nel 1981 e lascia l’Italia, per non tornarci più.
I quattro delitti
Sono quattro, quindi, gli omicidi nei quali Cesare Battisti risulta essere coinvolto. Il 6 giugno del 1978 viene ucciso Antonio Santoro, maresciallo della polizia penitenziaria, accusato dai PAC di avere maltrattato e torturato alcune persone detenute. Le sentenze diranno che Battisti sparò a Santoro insieme a una complice. Il 16 febbraio del 1979 in provincia di Venezia viene ucciso Lino Sabbadin, un macellaio. Le sentenze diranno che Battisti agì da “copertura armata”. Lo stesso giorno, a Milano, viene ucciso il gioielliere Pierluigi Torregiani. Secondo le sentenze Battisti fu tra gli ideatori e gli organizzatori dell’agguato. Nel corso di questa sparatoria, un colpo sparato dal gioielliere ferisce suo figlio quindicenne, Alberto Torregiani, che passerà il resto della sua vita su una sedia a rotelle. Oggi Alberto Torregiani è uno dei più forti sostenitori dell’estradizione per Cesare Battisti. Sia Sabbadin che Torregiani nei mesi precedenti alla loro morte avevano ucciso dei rapinatori difendendosi durante dei tentativi di rapina. Il 19 aprile del 1979 a Milano, viene ucciso l’agente della DIGOS Andrea Campagna. Secondo le sentenze, Battisti è stato l’esecutore materiale dell’omicidio.
I processi
Battisti è fuggito dall’Italia prima che i processi prendessero inizio, quando era in carcere per scontare una condanna per possesso illecito di armi. È andato prima in Francia, poi in Messico, poi di nuovo in Francia, protetto dalla cosiddetta dottrina Mitterrand: una politica con cui la Francia dava ospitalità e sicurezza a ex terroristi italiani purché questi lasciassero la lotta armata e la violenza. Abolita la dottrina Mitterrand e annunciata la sua estradizione in Italia, Battisti scappa in Brasile: lì viene arrestato nel marzo del 2007. Battisti quindi non ha partecipato alla sua intera fase processuale, perché latitante: diceva di non riconoscersi nel sistema giudiziario italiano e si professava innocente. È stato quindi processato in contumacia, dando mandato per la sua difesa ad alcuni avvocati.
Le sentenze
La ridondanza della formula “secondo le sentenze” si rende necessaria dal momento che l’esito della vicenda processuale di Battisti, per quanto conclusa in modo definitivo con la condanna a due ergastoli, è poco chiara. Non è in discussione la partecipazione di Battisti alle azioni dei PAC né il frequente ricorso del gruppo alla violenza armata, che Battisti stesso ha ammesso. Ma ci sono cose poco chiare nelle ricostruzioni dei delitti che hanno portato alle condanne, che sono frutto quasi esclusivamente delle testimonianze fornite da altri membri dei PAC, soprattutto da uno di questi, Pietro Mutti, che ha cambiato più volte versione, prima e dopo il processo. Nel caso dell’omicidio di Andrea Campagna, per esempio, un altro membro dei PAC ha confessato di avere commesso l’omicidio con un suo complice, secondo i testimoni oculari alto e biondo. Mutti individua in quel complice Battisti, che alto e biondo non è. Tutt’ora esiste un robusto movimento d’opinione che si batte per l’innocenza di Cesare Battisti, sostiene che Mutti lo abbia accusato per garantirsi degli sconti di pena e chiede quindi che i processi vengano ripetuti.