• Mondo
  • Martedì 30 novembre 2010

L’acqua Fiji lascia le Fiji?

Il regime dell'arcipelago vuole imporre una tassa di estrazione di 15 centesimi di dollaro al litro

Aggiornamento del 3/12/2010 – La Fiji Water ha deciso di accettare la nuova tassa imposta dal governo delle Fiji e quindi di rimanere con i suoi impianti sull’isola di Viti Levu. L’azienda d’ora in poi pagherà al governo una tassa di estrazione pari a 15 centesimi di dollaro al litro (corrispondenti a 8 centesimi di dollari americani).

***

L’acqua Fiji è una delle acque in bottiglia più note al mondo. Gran parte del suo successo deriva proprio dal suo nome, lo stesso delle isole nel sud dell’Oceano Pacifico in cui viene raccolta e imbottigliata. Le isole Fiji sono infatti un arcipelago di straordinaria bellezza naturale e l’acqua Fiji ha avuto gioco facile nell’associare il suo prodotto a un’immagine di assoluta purezza e naturalità.

Dal 2007 i produttori dell’acqua Fiji – la coppia di miliardari americani Stewart e Lynda Rae Resnick – hanno iniziato ad avere problemi con il regime che governa l’arcipelago, che vuole imporre tasse altissime sulle bottiglie che vengono prodotte sul suo territorio. Una prima disputa legale si era già chiusa nel 2008 a favore dei proprietari dell’acqua Fiji, ma ora la giunta militare di Josaia Voreqe Bainimarama è tornata alla carica e vuole imporre una tassa di estrazione pari a 15 centesimi di dollaro al litro (corrispondenti a 8 centesimi di dollari americani).

Ieri il presidente dell’acqua Fiji, John Cochran, ha detto in un comunicato stampa che con una tassa del genere l’azienda sarà costretta a chiudere la sua attività sull’arcipelago, e che spera di poter raggiungere un accordo con la giunta militare. Il governo di Bainimarama ha annunciato la nuova tassa dopo che il direttore delle relazioni esterne dell’acqua Fiji, David Roth, è stato allontanato dall’isola con l’accusa di avere interferito con gli affari interni del paese.

La Fiji Water imbottiglia 3,5 milioni di litri di acqua al mese e distribuisce le sue bottiglie in più di quaranta paesi. «Se l’azienda fosse davvero costretta a chiudere la sua attività sull’arcipelago, centinaia di persone resterebbero senza lavoro», ha detto John Cochran «questo paese è sempre più instabile e sta diventando un posto rischioso in cui investire». Secondo quanto riportato sul sito dell’azienda, l’acqua Fiji produce circa il venti percento del totale delle esportazioni del paese e impiega trecentocinquanta persone di origine locale nei suoi stabilimenti sull’isola di Viti Levu.

Nel luglio del 2007, una lunga inchiesta di Fast Company dedicata all’analisi della produzione di acqua in bottiglia, denunciava che gli impianti di produzione dell’acqua Fiji sull’arcipelago usano grosse quantità di carburanti tossici e che le bottiglie di plastica usate per l’imbottigliamento arrivano direttamente dalla Cina. Ogni anno, in totale, consumiamo circa quaranta miliardi di bottiglie di acqua.