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  • Giovedì 28 ottobre 2010

L’Argentina dopo Nestor Kirchner

La morte dell'ex Presidente della Repubblica apre nuovi scenari nella politica argentina

Migliaia di persone da ieri sera hanno iniziato a confluire spontaneamente nella Plaza de Mayo di Buenos Aires per commemorare l’ex presidente argentino Nestor Kirchner, morto ieri per un infarto. Erede del peronismo e presidente della Repubblica dal 2003 al 2007, aveva risollevato il paese dopo il disastro economico del 2002 ed era riuscito a mantenere un controllo indiretto sulla Casa Rosada anche dopo la fine del suo mandato grazie all’elezione alla presidenza della Repubblica di sua moglie Cristina Fernandez, meglio nota appunto come Cristina Kirchner. In Argentina, tutti davano per scontato che fosse lui a prendere tuttora le decisioni più importanti e a dettare la linea politica ed economica del governo. La sua leadership era così radicata e popolare che la sua candidatura alle prossime elezioni del 2011 pareva cosa molto probabile.

Oggi la stampa argentina ha dedicato molti articoli alla figura di Nestor Kirchner, analizzando tutti i possibili scenari aperti dalla sua morte e cercando di capire il peso che la sua eredità politica potrà avere sul futuro del paese. Pagina 12 ha ripubblicato un’intervista che Kirchner aveva concesso lo scorso 10 gennaio, mentre la Nacion ha affrontato la questione del kirchnerismo.

Esiste il kirchnerismo? Se esiste, da oggi sarà messo a dura prova: dovrà muovere i suoi primi passi senza il suo ispiratore. E se esiste, di che tipo di kirchnerismo si tratta? Quello di Moreno o quello di Scioli? Quello di Kunkel o quello di Bonafini? (tutti esponenti del Partido Justicialista di cui Kirchner era presidente, ndr). Avrà la disciplina sufficiente per riorganizzarsi in assenza del suo leader o sarà arrivato il momento delle fratture? E Cristina avrà bisogno di aiuto? Saranno in molti quelli disposti a darle l’abbraccio dell’orso. Su chi potrà contare oltre a se stessa? La solitudine è pericolosa e la compagnia delle seconde file ha interessi propri. Cristina dovrà prendere molte decisioni nei prossimi mesi: è lei la persona che dovrà portare sulle proprie spalle il peso del kirchnerismo.

Ricardo Kirschbaum, su Clarìn, pur riconoscendo le capacità di Kirchner, ha sottolineato le ambiguità del suo stile politico.

Kirchner agiva esattamente per quello che era: il capo politico di uno spazio in cui confluivano tanto settori della sinistra e dell’apparato sindacale quanto baroni peronisti delle città e sindaci delle province. Non era un leader carismatico, né suscitava grandi ondate di simpatia. Però era un leader che esercitava a fondo il potere senza esitazioni. Questa capacità gli consentì di mantenere unita la sua coalizione, non importava a quali mezzi doveva ricorrere. Era un politico pragmatico e a dispetto delle sue ambiguità solo la storia potrà stabilire che valore ha avuto all’interno del Partido Justicialista, senza il quale la società argentina non potrà essere spiegata.

Joaquìn Morales Solà, sempre sulla Nacion, ha enfatizzato le tendenze accentratrici dell’ex presidente.

Tutto girava intorno a lui, sotto la sua presidenza o quando la carica passò a sua moglie. Il suo stile di governo trasformava i ministri in meri consiglieri senza potere decisionale autonomo. Da quando prese il potere fu allo stesso tempo governatore di qualsiasi provincia, sindaco di qualsiasi municipio, ministro dell’Economia, capo dei servizi d’intelligence, ministro della Difesa, produttore dei programmi televisivi che lo adoravano. Ma fu molto più di questo. Da marzo, quando sono cambiati i rapporti delle forze parlamentari, ha esercitato di fatto il potere esecutivo e legislativo. È stato il capo del governo e capo di entrambe le camere del Congresso. Allo stesso modo, aveva assunto su di sé anche una porzione del potere giudiziario, a eccezione della Corte Suprema.

Anche la stampa internazionale ha dato ampio risalto ad analisi e commenti, l’Economist in particolare ha dedicato un lungo articolo alle prospettive politiche che ora aspetteranno l’Argentina.

Nestor Kirchner esemplificava la cultura politica accentratrice del paese. Negli anni novanta era stato governatore di Santa Cruz, una provincia desolata della Patagonia la cui economia dipende interamente da lavori pubblici, gas e petrolio. La amministrò come se si trattasse di un suo feudo personale, rifiutandosi di delegare anche il più piccolo degli incarichi e controllando personalmente ogni singolo centesimo del budget. Quando divenne Presidente nel 2003 iniziò a governare l’Argentina esattamente come aveva governato Santa Cruz. Riorganizzò il sistema fiscale per rendere i governatori provinciali più dipendenti dal governo centrale. Fece in modo che il Congresso gli concedesse il diritto a stanziare i fondi pubblici a sua discrezione personale e ottenne il diritto di veto sulle nomine dei giudici. Nazionalizzò alcune aziende strategiche e aggirò i limiti costituzionali previsti per il rinnovo del mandato presidenziale facendosi succedere dalla moglie Cristina Fernandez, con l’intenzione evidente di alternarsi con lei al potere sine die.

Nella maggior parte dei paesi, la morte del marito o della moglie di un Presidente della Repubblica, sarebbe semplicemente una questione di lutto nazionale. In Argentina invece è una questione politica. Cristina Kirchner è qualcosa in più di un semplice pupazzo: era già un senatore influente quando Nestor Kirchner era ancora un governatore poco conosciuto ed è stata il suo consigliere e alleato più importante durante la sua presidenza. Ma a causa dell’onnipresenza del marito, Cristina non ha mai potuto davvero delegare potere al suo gabinetto. In particolare, non ha mai mostrato particolare interesse per l’economia e il governo ha espulso le sue poche voci indipendenti in materia già da tempo.

La morte di Nestor Kirchner complica le cose anche in vista delle prossime elezioni presidenziali. Il kirchnerismo, per definizione, ha sempre promesso due presidenti al prezzo di uno. Se Cristina Fernandez deciderà di candidarsi, dovrà convincere gli elettori di essere in grado di assumere su di sé anche tutte quelle responsabilità che finora erano delegate a suo marito: in primis la gestione della politica economica e la gestione delle tensione fra le varie fazioni del Partido Justicialista. In più dovrà stare attenta al fatto che anche molti degli uomini politici che non avrebbero mai pensato di candidarsi sfidando Kirchner ora potranno prendere coraggio. Già dallo scorso settembre, quando Kirchner aveva accusato un malore per la seconda volta, nel partito si era iniziato a parlare della possibilità di candidare al suo posto Daniel Scioli, governatore dell’enorme provincia di Buenos Aires.