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  • Lunedì 11 ottobre 2010

Italoamericani a New York, uno contro l’altro

Andrew Cuomo e Carl Paladino si stanno contendendo il posto da governatore di New York

Due italoamericani si stanno fronteggiando nelle elezioni che il prossimo 2 novembre decideranno chi sarà il prossimo governatore di New York. Uno è il democratico Andrew Cuomo e l’altro è il repubblicano Carl Paladino, da settimane al centro di una durissima campagna che, scrive il New York Times, ha addosso gli occhi di tutta la numerosa e influente comunità italoamericana dello stato di New York, intenzionata a capire quanto questo scontro stia rafforzando o indebolendo gli stereotipi sul più numeroso gruppo etnico dello Stato.

I due candidati hanno caratteri e profili diametralmente opposti, nonché due modi diversi di vivere e vedere l’identità e la cultura italiana. Il democratico Andrew Cuomo, procuratore generale di New York e figlio dell’ex governatore Mario Cuomo, ha raccolto l’eredità del padre e vuole sradicare dalla mente degli americani i pregiudizi sugli italiani, a loro volta figli degli stereotipi sui mafiosi. Cuomo è convinto che, nonostante siano meno evidenti e gravi di un tempo, i pregiudizi sugli italiani persistano: in uno dei suoi sondaggi ha chiesto alla gente cosa pensasse della serie televisiva i Soprano — che vede protagonista propria una famiglia di criminali italoamericani — per cercare di capire come la gente considerasse quella famiglia e la comunità italoamericana tutta. E si è infastidito più volte per gli attacchi personali legati alle sue origini: un giornalista, pur di associarlo alla comunità italiana, lo ha definito “un politico in versione espresso doppio”.

Il repubblicano Carl Paladino, imprenditore del mondo dell’edilizia, è legato all’immagine dell’italiano della strada, furbo e duro. Suo padre, così come Mario Cuomo, dovette combattere contro la discriminazione sofferta dagli italiani in America, e per ottenere un lavoro cambiò nome da Belesario a Bill. Carl non ha seguito le stesse orme di suo padre e, oltre a viaggiare continuamente in Italia, è fiero dei suoi modi e del suo stile “da italiano”. È sostenuto dal movimento ultraconservatore Tea Party ed è finito più volte sulle prime pagine dei giornali per i suoi modi aggressivi e scorretti, come gli attacchi di rabbia contro i giornalisti e le affermazioni — mai verificate — su una presunta amante di Cuomo. Proprio ieri, Paladino si è di nuovo espresso contro l’omosessualità, dichiarando che i gay «non dovrebbero essere un esempio per i nostri bambini. Non voglio che si faccia un lavaggio del cervello dei bambini facendogli pensare che l’omosessualità e l’eterosessualità siano due opzioni ugualmente valide, perché non lo sono» (Paladino ha poi smentito, dicendo che quelle frasi erano erroneamente inserite in una cartella stampa e lui non le condivide).

Guy Molinari, l’ex governatore del distretto di Staten Island ha detto che «come italiani, [Cuomo e Paladino] sono uno opposto all’altro.» Per Molinari, Paladino assomiglia agli italiani tradizionalisti del sud: rumoroso e insolente, spesso agisce d’istinto. «Conosco questo genere di italiani, ce li ho in famiglia. Parlano tutti insieme, nessuno capisce nulla». Cuomo, ha detto Molinari, è un tipo di italiano diverso, ma ugualmente riconoscibile: zelante e riservato, prima di fare qualsiasi cosa riflette ossessivamente.

Le strategie con cui i due candidati usano le proprie radici sono diverse. Cuomo sta cercando di unire il sentimento di tutte le comunità di immigrati che si sentono discriminate, mentre Paladino preme sul pedale della propria “italianità”, dicendo ciò che ha in mente e attaccando frontalmente l’avversario, come fece quando sostenne che Cuomo non sia davvero di origini italiane.

«Non lo so, forse è stato adottato».