Cinque mesi senza ministro

Repubblica riassume le conseguenze del fatto che l'Italia non abbia un ministro dello sviluppo economico

Tenere il conto del dibattito sul ministro dello sviluppo economico, incarico vagante dallo scorso maggio, è faticoso e frustrante: noi ce ne siamo occupati a lungo. I richiami di Napolitano sono stati molteplici, così come i tentativi di prendere tempo da parte del premier: all’inizio di settembre aveva detto che l’incarico sarebbe stato assegnato “entro una settimana”, intanto si è fatto ottobre. Oggi Repubblica descrive le conseguenze concrete di questa vacanza infinita.

Cento giorni bastano per esaurire la luna di miele tra un governo appena insediato e i suoi elettori, in centocinquanta un ministero senza ministro scompare definitivamente dalla planimetria del potere. Diventa un ministero fantasma. Da cinque mesi, cioè ventidue settimane, centocinquanta giorni, appunto, in Italia non c’è il ministro dello Sviluppo economico.

Claudio Scajola, travolto dallo scandalo della casa con vista Colosseo acquistata non si sa da chi, si dimise il 4 maggio 1: da allora il dicastero è retto ad interim dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Che, in Via Veneto, nell’ex Palazzo delle Corporazioni, sede del ministero si è recato una sola volta, il 6 maggio, giorno del suo insediamento. Da allora mai più. Mai. Il ministro ad interim lo fa il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Ma il Presidente Giorgio Napolitano ha chiesto un ministro a tempo pieno.

Contro Berlusconi ministro ad interim 2 è stata presentata dall’Italia dei valori di Antonio Di Pietro una mozione di sfiducia. La Camera la esaminerà lunedì prossimo e voterà il giorno successivo. Un voto contro un ministro che non c’è, nonostante la Grande Crisi che ha sconvolto il globo, ridisegnato gli equilibri del commercio mondiale, trasformato le strutture produttive, riscritto le regole della competizione. Cose di cui dovrebbe occuparsi anche, se non soprattutto, il ministero dello Sviluppo.

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