Jovanotti usa Ping

L'intervista di Wired sul suo rapporto col nuovo social network di Apple

Jovanotti è stato il primo musicista italiano a sbarcare su Ping, il nuovo social network musicale di Apple, e oggi ne parla in un’intervista sul sito di Wired raccontando del suo rapporto con la rete, la musica e le invenzioni di Steve Jobs.

Come hai fatto a diventare il primo artista italiano su Ping?
Dovrebbero farmi azionista della Apple con tutti i soldi che gli ho dato dal 1988 a oggi… Appena ho saputo di Ping ho chiamato la mia casa discografica e gli ho chiesto di farmi subito un account “artista”: è stato piuttosto semplice. Ping ha due tipi di account: “persone” e “artisti”; quest’ultimo passa attraverso il rapporto che iTunes ha con le case discografiche e le etichette.

Qual è stata la tua esperienza di questi primi giorni su Ping?
Mi piace l’idea di un social network musicale e come tutte le cose Apple Ping ha un’interfaccia molto semplice e mirata. Chiaramente è uno strumento fatto per conoscere più musica, quindi dal loro punto di vista per moltiplicare le vendite. È abbastanza intrigante seguire i consigli musicali di gente come Rick Rubin o Mark Ronson o Bruce Springsteen e vedere quali sono i 10 pezzi preferiti da The Edge questa settimana. A me interessa la musica e un network dedicato solo alla musica mi prende bene.

Qualche collega italiano – non molti in verità- ti ha seguito, ma in generale non c’è ancora molto movimento nazionale su Ping. Di che cosa ha ancora bisogno per decollare anche da noi?
Credo che semplicemente nei paesi anglosassoni sia ormai un fatto assodato che Internet è il principale veicolo di promozione del nostro lavoro. Da noi il passaggio è più lento.

Come scegli la musica che condividi su Ping?
Sono i dischi che sto ascoltando, sono le cose che prima semplicemente avrei consigliato agli amici. Io ascolto un sacco di musica e mi piace questa cosa che ormai esiste una simultaneità tra le cose più vecchie e cose appena uscite. Tutto in Rete avviene adesso.

(continua a leggere sul sito di Wired)