«La scommessa del PD è fallita»

Un estratto del libro-intervista di Sergio Chiamparino, pubblicato da Repubblica

Oggi Repubblica pubblica un estratto dal libro-intervista di prossima uscita di Sergio Chiamparino, sindaco di Torino prossimo alla fine del suo mandato e secondo molti – anche secondo lui, che tenta di dirlo a mezza bocca – probabile candidato alle primarie con cui il centrosinistra deciderà lo sfidante di Berlusconi. Nel testo si parla della situazione del PD e di quella del Paese, nonché dell’idea di un ticket con Vendola in vista delle elezioni politiche. Non c’è moltissimo, perché Chiamparino è molto cauto e va con i piedi di piombo su qualsiasi tema abbia a che fare direttamente col suo impegno futuro. Però è una mossa interessante, e va registrata.

«Abbiamo perso tre elezioni di fila in tre anni. Tra l´altro assortite tra di loro. Si è votato per il Parlamento nazionale, per le europee, per le provinciali e per le regionali. Tre sconfitte inframmezzate da pareggi comunali perché abbiamo vinto qualche città e ne abbiamo perse altre. Tutto questo è accaduto con tre segretari diversi, per cui non puoi nemmeno accusare noi del Pd di esserci intestarditi a mantenere lo stesso allenatore nonostante i risultati. Cambiano le poste in gioco, cambiano i segretari, cambiano persino le alleanze… L´unica costante è che perdi sempre… Il Pd, diciamolo, ha perso la sfida che stava alla base della sua nascita: è inutile girarci intorno, è fallita la scommessa primordiale, quella che aveva portato alla fusione tra Ds e Margherita».

Il welfare
«Oggi viviamo in una società che consente a quote crescenti di pensionati (non tutti, ovviamente) di farsi la vacanza all´estero e impedisce a quote crescenti di giovani di progettare un futuro: i primi vivono ancora nella stagione della società pre-globale, i secondi sono investiti in pieno dalla concorrenza al ribasso dei loro colleghi cinesi o indiani. Il sistema di welfare che abbiamo oggi, così com´è, è un lusso perché non è possibile estenderlo a tutti. Per una ragione molto semplice e amara: perché non c´è, né credo possa più esserci, lo sviluppo economico che lo potrebbe sostenere. Accade che oggi sia la destra a rappresentare meglio chi vive fuori dal giardino del welfare e subisce i rischi del mercato internazionale del lavoro. Questo è un paradosso perché a queste persone la destra propone una protezione dal resto del mondo che poi non potrà garantire, interpreta le loro paure piuttosto che risolvere i loro problemi.. I leader della destra sono stati capaci di presentarsi come la forza di contestazione del sistema. Sono loro che prendono il palazzo d´Inverno. E noi siamo lo zar che difende i privilegi e ammassa i comò contro la porta nell´estremo e disperato tentativo di fermarli. Noi siamo spesso identificati con la difesa dello statu quo… Noi siamo vissuti come se fossimo i rappresentanti in Italia dei banchieri della Bce. E siccome la Bce è quella che detta i vincoli e i limiti, siamo vissuti, in fondo, come fossimo i gendarmi della creatività italiana, i vigili urbani che danno la multa a chi lascia l´auto in doppia fila perché deve correre a prendere i figli a scuola…»

(continua a leggere su Repubblica)