La patacca di Dell’Utri

La cultura liberale non nega a nessuno la libertà di parola, scrive Francesco Merlo su Repubblica, ma esistono anche i delitti di truffa, di falsificazione e di contraffazione

Oggi Francesco Merlo su Repubblica torna sulla storia dei fischi ricevuti dall’onorevole Dell’Utri mentre si accingeva a discutere dei cosiddetti “diari di Mussolini”. Cosiddetti proprio perché il fatto che quei diari siano effettivamente di Mussolini, e il tema della falsificazione storica forse avrebbe meritato qualche attenzione in più della contestazione ricevuta per via della condanna per mafia.

Ecco una disinformazione da «manuale Minzolini»: ieri sera Marcello Dell’Utri è diventato l’eroe della libertà come il suo modello Mangano lo era stato della mafia.

Ma, nonostante lo spudorato servilismo del Tg1, non è solo all’intolleranza che fanno pensare i fischi che hanno impedito al senatore condannato in appello per mafia di esibirsi a Como sotto un tendone del festival culturale «Parolario». È infatti vero che la cultura liberale non nega a nessuno la libertà di parola, ma esistono anche i delitti di truffa, di falsificazione e di contraffazione, ben più gravi e socialmente ben più dannosi dei soliti fischi di piazza. Ebbene, Marcello Dell’Utri gira l’Italia, spesso messo in cattedra, a Como come altrove, da Istituzioni dello Stato, e ogni volta sale su un palco e, con la faccia che si compone in autorità, legge brani scelti di un improbabile Mussolini patetico e crepuscolare come Gozzano, sentimentale come Gianni Morandi, antinazista come un partigiano, intimista come Marcel Proust, scettico e amaro come Leonardo Sciascia.

Dell’Utri dice di attingere a un documento preziosissimo: i diari del duce di cui sarebbe entrato in possesso nell’ormai lontano 2007. Erano cinque volumi, ora sono diventati sei e forse cresceranno ancora, ma nessuna comunità scientifica, né archivistica né storiografica, ha certificato la loro autenticità. Al contrario, a tutti gli studiosi di Storia contemporanea sono sembrati falsi e, com’è noto, erano già stati bollati come patacca da, nientemeno, Renzo De Felice, che certo non si sarebbe spaventato di raccontare un Mussolini non gradito agli antifascisti. Insomma c’è il fortissimo sospetto che si tratti di un’impostura: aliud pro alio direbbero i colti garanti della libertà di espressione, se non fossero distratti dai fischi.

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