Per Raimon Panikkar

Lo scrittore Beppe Sebaste ricorda e racconta il teologo spagnolo morto tre giorni fa

Sull’Unità di sabato lo scrittore Beppe Sebaste ha pubblicato un articolo in ricordo di Raimon Panikkar, il filosofo e teologo spagnolo di origini indiane (era nato a Barcellona da madre catalana e padre indiano) morto giovedì scorso a quasi 92 anni. Sui giornali italiani e internazionali sono usciti molti articoli sulla morte di Panikkar, ma Sebaste ha anticipato alcuni passaggi di un testo di prossima pubblicazione sul suo incontro del 2001 con Panikkar.

È morto ieri 26 agosto, a 91 anni, Raimon Panikkar, filosofo e teologo, uno dei miei «maestri». Ma non so se «morto» è la parola giusta. Avevo pochi giorni fa rivisto e corretto, per il libro di prossima uscita, ciò che di lui, con lui e per lui ho potuto testimoniare. Pensandolo di nuovo e intensamente.
Dal testo sul mio incontro con Raimon Panikkar (2001), di prossima pubblicazione nella nuova edizione del Libro dei maestri: «Raimon Panikkar, filosofo e teologo, fu professore emerito presso l’università della California di Santa Barbara, fondatore del Centro Studi Vivarium di Barcellona, promotore da tantissimi anni di un dialogo interreligioso e interculturale tra le religioni, in onore del quale gli fu conferito il Premio Nonino. Conoscitore dell’induismo, del cistianesimo e del buddhismo, il Dalai Lama era un suo vecchio amico, da quando nel 1959, in fuga dai Cinesi, Panikkar lo accolse a Sarnath insieme a un monaco theravada (…). Monaco di svariate ordinazioni, figlio di un indiano e una spagnola, tra tutti i suoi numerosi libri resta fondamentale la rielaborazione delle sue lezioni tenute trent’anni fa sul tema del monachesimo: Santa semplicità, il monaco come archetipo universale, suonava il titolo inglese. La sfida di scoprirsi monaco – è invece il titolo forte della versione italiana. Panikkar vi espone la tesi rivoluzionaria di una priorità logica e storica del monachesimo rispetto alle religioni e alle chiese; vi descrive antropologicamente la vocazione e la vita del monaco come una dimensione e un archetipo dell’uomo, irriducibili a ogni tentativo di istituzionalizzarli. Al centro del discorso, il concetto vitale di “conversione”.

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