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  • Venerdì 20 agosto 2010

Domani si vota in Australia

L'ultimo sondaggio nazionale dà laburisti e conservatori esattamente pari

Pari. È questo il risultato dell’ultimo sondaggio nazionale sulle intenzioni di voto degli australiani, alla vigilia delle elezioni in cui si scontreranno la leader laburista e attuale premier Julia Gillard e il candidato conservatore Tony Abbott, al termine di una campagna elettorale lampo portata avanti a colpi bassi, tra pubblicità scorrette e discorsi mirati più a delegittimare l’avversario che a mettere in buona luce il proprio partito.

Julia Gillard è primo ministro australiano — il primo donna — solo dal 24 giugno scorso, quando un calo di consensi del premier laburista Kevin Rudd ha portato a un “leadership spill” – un confronto interno – per verificare l’appoggio nei suoi confronti. Gillard, ministro di quel governo, ne è uscita vincitrice, e sicura del consenso popolare ha immediatamente indetto nuove elezioni con la speranza di rafforzare i numeri del suo governo. La scelta, però, potrebbe essersi rivelata sbagliata. Tony Abbott, il leader liberale, ha infatti portato avanti una campagna efficace che ha ridotto, almeno nei sondaggi, tutto lo svantaggio che aveva in partenza. Il risultato del sondaggio di Newspoll di ieri è chiaro: i partiti sono entrambi al 50 per cento. Solo lunedì scorso lo stesso sondaggio dava invece i laburisti in vantaggio di quattro punti.

I due leader si stanno ora affannando per strappare le preferenze degli indecisi. E, come hanno fatto finora, anche le arringhe finali puntano soprattutto a criticare l’avversario.

Julia Gillard: «I sondaggi stanno dicendo alle persone che c’è il grosso, grosso rischio che si sveglieranno domenica con Abbott come primo ministro. Devono fare una scelta tra il mio ottimo piano economico per continuare a investire nel lavoro, migliorare scuole e ospedali e costruire la National Broadband Network. Oppure possono prendersi un grosso rischio. Un grande, enorme rischio per il loro futuro, con Abbott. È una scelta sul lavoro, quella di Abbott. Sulle tasse alimentari e, di certo, sul tornare ai giorni in cui si tagliavano fondi per scuole e ospedali. Quello che noi difendiamo.»

Tony Abbott: «Penso che i laburisti siano un po’ disperati… non credo abbiano i dati per difendersi, e con queste circostanze sono diventati molto negativi e molto personali. Non credo sia l’atteggiamento migliore per un primo ministro.»

Su Julia Gillard pesano diverse polemiche. Due mesi fa, durante il confronto interno al partito, vinse criticando duramente l’operato di Rudd. Rudd ha poi deciso di appoggiarla comunque e fare campagna elettorale per lei in due stati chiave come Queensland e Nuovo Galles, ma i conservatori hanno più volte usato le vecchie critiche di Gillard per sottolineare il fallimento dei laburisti al governo, nonostante l’Australia sia uno dei paesi che meglio di tutti gli altri ha retto alla crisi economica, grazie anche alle esportazioni in Cina di materiali come ferro e rame. Nelle settimane scorse sono poi state pubblicando indiscrezioni sul suo operato da ministro, quando avrebbe affossato l’aumento delle pensioni e le agevolazioni per i giovani che lasciano la casa dei genitori. Su questi argomenti Gillard ha poi fatta campagna elettorale, ma secondo i detrattori solo per opportunismo elettorale.

Tony Abbott ha 52 anni e una storia piuttosto tormentata alle spalle. Nato in Inghilterra da genitori australiani, Abbott si è laureato in economia a Sidney. A 19 anni divenne padre di un bambino, che fu dato in adozione. Ventisette anni dopo scoprì di non essere il padre biologico del ragazzo, che intanto si era ricongiunto con la sua madre naturale. Nel 1983 decise di entrare in seminario guadagnandosi, una volta abbandonata quella strada ed entrato in politica, il nomignolo the mad monk (il monaco pazzo). È stato poi più volte ministro nel governo conservatore di John Howard. Abbandonato il seminario, Abbott intraprese una carriera da giornalista e nel 1994 ottenne un seggio nella Camera dei rappresentanti tra i conservatori. Negli anni successivi è stato più volte ministro e nel 2006 ha condotto una campagna molto incisiva contro la RU486, la pillola abortiva.