Fidel non è più quello di una volta

Yoani Sánchez sulla Stampa racconta il ritorno sulla scena pubblica cubana di Fidel Castro

Per la prima volta dopo quattro anni – quando la malattia lo aveva costretto a lasciare il potere al fratello Raul – lo scorso 7 agosto Fidel Castro è ricomparso nel parlamento cubano per partecipare a una sessione straordinaria. Vestito con la sua solita camicia verde militare, ha preso la parola parlando del rischio per il mondo di una guerra nucleare tra Stati Uniti e Iran. Yoani Sánchez sulla Stampa racconta l’impressione che ha avuto dal rivedere lo storico dittatore.

Ricordo ancora i sospiri di mia madre davanti al televisore, durante i noiosi anni Ottanta, mentre Fidel Castro faceva uno dei suoi interminabili discorsi. Lui era il sogno d’amore di molte cubane che – da quante volte lo vedevano – potevano anticipare quel che avrebbe detto, conoscevano ogni suo gesto e le nuove rughe che comparivano sul suo volto.

L’attrazione che generava quel singolare conterraneo alto più di sei piedi, profilo greco e dotato di sorprendente oratoria, portava mia madre e i suoi amici a un prolungato parossismo. Così è stato sino a quando nel 1989 venne trasmesso in televisione il processo al generale Arnaldo Ochoa, accusato di essere implicato nel narcotraffico. Mia madre tornò a sospirare, ma questa volta di fronte al volto di quella persona che pochi giorni dopo sarebbe stata fucilata.

Si ruppe qualcosa nel “club dei sostenitori dell’amato e invincibile Comandante in Capo”, perché in casa mia nessuno tornò ad ascoltare, come ipnotizzato, i suoi discorsi. L’era segnata dai successi personali di Fidel Castro sembrava finita. La sua assenza dai media aveva fatto in modo che cominciassimo a dimenticarlo. Come ogni stregone, doveva compiere davanti a noi i gesti magici per convincerci e lasciarci a bocca aperta. Doveva tirare fuori la colomba dal cappello e il fazzoletto dalla manica per conquistare la nostra attenzione.

Senza la sua demiurgica immagine molti di noi abbiamo finito per alzarci dalle sedie e guardare intorno. Restava davvero poco di “Lui” dopo 4 anni durante i quali non abbiamo ascoltato i suoi discorsi, non abbiamo visto i suoi pugni colpire il tavolo e non ci ha spiegato il piano economico che avrebbe portato la “soluzione” a tutti i problemi. Di un uomo che si era imposto a forza di apparire, addormentandoci con le sue lunghe diatribe, erano rimaste appena alcune sconnesse riflessioni pubblicate in primo piano dai periodici. Subito la canzone di Pedro Luis Ferrer che dice: “Se nonno non è d’accordo, nessuno dipinge l’edificio” è passata di moda, ha perso parte del suo significato.

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