• Sport
  • Lunedì 2 agosto 2010

Cos’è successo alla nazionale nordcoreana dopo i mondiali?

I giocatori umiliati pubblicamente per sei ore, l'allenatore costretto ai lavori forzati

Sono passati due mesi da quando, a pochi giorni dall’inizio dei mondiali di calcio in Sudafrica, avevamo raccontato della curiosità nei confronti della nazionale della Corea del Nord. Cosa succede quando uno dei paesi più chiusi e oppressivi che esista si trova a partecipare a uno degli eventi più globali del pianeta?

Conosciamo i risultati. La Corea del Nord era inserita nel girone più difficile del torneo, il cosiddetto “girone della morte”. Ha perso due a uno la prima partita contro il Brasile, ma riuscendo a bloccare i verdeoro sullo zero a zero fino a buona parte del secondo tempo e segnargli addirittura un gol negli ultimi minuti: quasi un’impresa. La seconda partita è stata un disastro: il Portogallo ha vinto sette a zero, approfittando di un atteggiamento tattico spericolato da parte della Corea. Con la terza partita è arrivata la terza sconfitta, tre a zero, stavolta contro la Costa d’Avorio.

Sappiamo che la prima partita non è stata trasmessa dalla televisione nordcoreana, come da prassi, ma che la seconda, forte della buona prestazione mostrata all’esordio, è stata diffusa in diretta, per la prima volta nella storia del paese. E il governo non è stato felice di vedere la propria nazionale essere presa a pallonate dal Portogallo di Cristiano Ronaldo. Sappiamo poi che per giorni si sono accavallate le voci sulle sparizioni e le fughe di questo o quel calciatore, tutte smentite. Quello che non sapevamo, fino a pochi giorni fa, erano i particolari sull’accoglienza riservata dal governo nordcoreano alla propria squadra, una volta che questa è ritornata in patria. Oggi Foreign Policy prova a fare un po’ di chiarezza.

Al ritorno dal Sudafrica, l’intera squadra – con l’eccezione dei due calciatori di origine giapponese, corsi a Tokyo subito dopo l’ultima partita – è stata sottoposta a una strigliata lunga sei ore al Palazzo della Cultura del Popolo, da parte del ministro dello sport Pak Myong-chol e davanti a oltre quattrocento funzionari del governo, più altre centinaia di studenti e giornalisti locali. I giocatori sono stati accusati uno per uno dei loro errori, causa del fallimento della “lotta ideologica” della Corea del Nord verso il successo in Sudafrica. Al termine della strigliata, i calciatori sarebbero stati costretti a denunciare pubblicamente il loro allenatore, Kim Jong-Hun, che è stato accusato di “tradimento” nei confronti del figlio di Kim Jong-Il, espulso dal partito dei lavoratori e costretto ai lavori forzati.

I media sudcoreani considerano quello che è successo addirittura un segnale distensivo, considerati gli standard della Corea del Nord. “In passato, gli atleti e gli allenatori che non ottenevano buoni risultati venivano inviati nei campi di prigionia senza troppi complimenti, tutti”, ha detto una fonte dell’intelligence al quotidiano sudcoreano Chosun Ilbo. In ogni caso si teme per la vita dell’allenatore, per il quale i lavori forzati potrebbero essere solo l’inizio della pena. Radio Free Asia sostiene che l’accusa di tradimento nei confronti del figlio di Kim Jong-Il – attorno al quale da mesi il partito sta creando un nuovo culto della personalità, in preparazione della successione – è pesante al punto da “mettere in pericolo la sua sicurezza”. Pochi mesi fa la Corea del Nord ha giustiziato (si fa per dire) due funzionari di governo responsabili di alcuni progetti fallimentari: l’accusa di tradimento era la stessa che pende sul capo dell’ex allenatore della nazionale nordcoreana.