Il segretario regionale del PD del Lazio Alessandro Mazzoli, già presidente della provincia di Viterbo, è sul punto di dare le proprie dimissioni. Ieri infatti l’assemblea regionale del PD del Lazio – composta dai delegati eletti con le primarie dello scorso ottobre – dopo aver minacciato il voto di una mozione di sfiducia, ha ottenuto – con la disponibilità dello stesso Mazzoli – l’approvazione all’unanimità di un ordine del giorno che impegna il segretario a lasciare la guida del partito nell’arco di un mese, durante il quale i vertici regionali avranno il compito di individuare una “soluzione condivisa” o indire delle nuove elezioni primarie.
Mazzoli all’ultimo congresso sosteneva la candidatura a segretario nazionale di Bersani, ed era stato eletto segretario regionale nonostante le primarie non gli avessero consegnato una maggioranza assoluta dei consensi: vinse col 44 per cento, seguito dal franceschiniano Morassut col 36 per cento e la mariniana Argentin col 19 per cento. Soltanto l’appoggio dei popolari – che inizialmente si erano schierati con Morassut – permise a Mazzoli di godere di una risicata maggioranza in assemblea, così quando i popolari – fatta eccezione per i più vicini a Franco Marini – si sono tirati indietro, l’ex presidente della provincia di Viterbo, soprannominato da qualcuno addirittura “il Renzi di D’Alema”, ha perso in un colpo solo maggioranza e segreteria.
Ci sono due ordini di ragioni. La prima è meramente quella dello scontro fra le correnti del partito romano, ormai ridotto praticamente a brandelli. Roma è una delle poche città d’Italia, forse l’unica, nella quale il segretario del partito non è mai stato eletto tramite primarie, dalla fondazione del PD a oggi: Riccardo Milana, popolare, venne nominato segretario in base a un accordo all’indomani delle primarie del 2007 ed è rimasto al suo posto, inamovibile, nonostante la sconfitta del PD alle comunali e alle regionali. Oggi c’è un coordinatore incaricato di traghettare il partito al congresso cittadino di ottobre, Marco Miccoli, e dietro la defenestrazione di Mazzoli ci sono anche le manovre in vista di quell’appuntamento. Così oggi l’edizione romana del Corriere della Sera.
La vera partita che si gioca è legata al 2013: per questo, se si dovesse arrivare alle primarie, più che una consultazione degli iscritti l’appuntamento rischia di diventare una conta interna. E i candidati saranno molti di più di quelli che al momento circolano, e cioè Enrico Gasbarra, Esterino Montino e Bruno Astorre. E se qualcuno pensa di poter procedere per inciuci, Gasbarra pone una sola condizione: che ci siano progetto politico, unità nel partito e voto dei cittadini, cioè primarie. L’altra partita legata alla segreteria regionale è quella della segreteria romana e, quindi, della candidatura a sindaco, anche questa nel 2013. Ora, sia chiaro: a parole sono «tutti con Zingaretti». Poi, nei fatti, si vedrà. Di certo, saranno le primarie a indicare il candidato sindaco del Pd a Roma. Tempo ne manca molto, troppo: è impossibile fare previsioni, adesso. Ciò che è certo è che l’unanimità raggiunta ieri nell’assemblea regionale è ben lontana dall’essere sintesi di un partito unito.
La seconda ragione ha a che fare con l’operato di Alessandro Mazzoli lungo questi sette mesi di segreteria. L’unica partita di rilievo che Mazzoli si è trovato a giocare è stata quella delle elezioni regionali, ed è stata un disastro: il PD si è avvitato per mesi senza riuscire a trovare un candidato degno di questo nome, trovandosi poi costretto ad andare al rimorchio di una candidatura eccellente – quella di Emma Bonino – ma che il PD subì, piuttosto che proporre e animare. L’appoggio a Emma Bonino arrivò al termine di un processo così travagliato che il segretario nazionale Bersani decise a un certo punto di affidare a Nicola Zingaretti un “mandato esplorativo” per verificare la possibilità di allargare la coalizione o trovare altri candidati, di fatto scavalcando e commissariando Mazzoli dopo appena quattro mesi dal suo insediamento. Il risultato delle elezioni, poi, non è stato affatto soddisfacente: specie considerata la corsa ad handicap giocata dal PDL a causa della questione delle liste nella provincia di Roma.
L’edizione romana di Repubblica riassume le prossime fasi, mettendo in fila anche i possibili successori di Mazzoli alla guida del PD laziale.
Entro un mese il Pd del Lazio avrà un nuovo segretario. A condizione che le varie correnti di un partito sempre più diviso riescano a mettersi d’accordo sul successore. Diversi i papabili: l’ex presidente della Provincia Enrico Gasbarra (che però avverte: «No agli inciuci») e il capogruppo alla Pisana Esterino Montino; il vicepresidente della Regione Bruno Astorre («Dobbiamo saper superare gli attriti, consci della prova di maturità che ci attende») e l’eurodeputato dalemiano Roberto Gualtieri. Altimenti, si tornerà ai gazebo: a ottobre, insieme al congresso romano.