Qui un giorno sarà tutto Facebook

Il social network sta per raggiungere i 500 milioni di iscritti ed è accusato di trascurare la privacy degli utenti

di Emanuele Menietti

I sogni, le speranze e le confidenze di quasi mezzo miliardo di persone passano idealmente ogni giorno per un anonimo palazzo di Palo Alto in California. L’edificio si trova alla fine di un tranquillo prolungamento della California Avenue e se non fosse per l’insegna nemmeno così grande davanti all’ingresso, in pochi saprebbero che là dentro si è sviluppato il più grande social network online: Facebook.

All’interno dell’edificio, racconta Dan Fletcher in un lunghissimo articolo su Time, la società ospita alcune centinaia di impiegati in una serie di spazi aperti che sembrano quasi la riproposizione al di qua dello schermo dei profili del social network. Niente divisori o piccoli cubicoli isolati: gli impiegati lavorano quasi gomito a gomito e ci sono pochi spazi per la privacy. La stessa cosa avviene sostanzialmente sulle pagine di Facebook: i contenuti condivisi dagli utenti sono ben visibili e per occultare qualcosa bisogna darsi da fare, impelagandosi in una sterminata serie di opzioni per aumentare la propria riservatezza.

Mark Zuckerberg, il giovane CEO della società, è convinto che la privacy così come la intendiamo ancora oggi sia un concetto superato e il suo Facebook ne costituisce una chiara dimostrazione. Salvo diversa indicazione degli iscritti, il social network offre un’ampia serie di informazioni solitamente considerate riservate e che difficilmente condivideremmo con i vicini di casa, figurarsi con i milioni di persone che ogni giorno affollano lo spazio online. Più informazioni si condividono liberamente, più Facebook riesce a crescere e a diventare pervasivo non solo online, ma anche nelle vite dei singoli utenti.

Rispetto ad altri servizi online, il social network ha un’arma in più, potentissima: i sentimenti. Chi si iscrive a Facebook ritrova vecchi amici e parenti e ne conosce di nuovi. Con queste persone stringe amicizia, consolida i rapporti e dà vita a piccole reti sociali che a loro volta si intrecciano con altri network. Su Facebook si diventa “amici” e non “contatti”, una differenza semantica non banale che contribuisce a rinforzare l’aspetto emozionale dell’esperienza online. E con gli amici si condividono pensieri, immagini, video e molti altri contenuti, badando solo marginalmente alla privacy.

Nonostante le preoccupazioni delle associazioni che si battono per la tutela della riservatezza, i dubbi dell’Unione Europea e la richiesta di chiarimenti da parte della Federal Trade Commission americana, il modello imposto da Facebook sembra funzionare. Il social network si appresta a celebrare i 500 milioni di utenti, una cifra impressionante che indica come una persona su quattro che si collega al Web sia ormai in possesso di un profilo sullo spazio online creato da Zuckerberg.

I 1.400 impiegati di Facebook su scala globale lavorano ogni giorno per espandere le potenzialità e il bacino di utenti del social network. Solamente negli Stati Uniti, Facebook registra mensilmente oltre 117 milioni di visitatori unici e il trend si conferma in crescita. Ma i personal computer non bastano, la nuova sfida sono gli smartphone. I telefoni cellulari di nuova generazione permettono di collegarsi alla Rete in mobilità e dunque di avere sempre il proprio profilo Facebook sottomano. Ciò consente di aggiornare il proprio stato in mobilità e presto di sfruttare la propria posizione geografica per ottenere informazioni e servizi locali. Un’occasione ghiotta per gli inserzionisti pubblicitari, che potranno pubblicare le loro pubblicità sul social network non solo sulla base dei gusti degli utenti, ma anche sulla loro posizione geografica.

Per tenere insieme quasi 500 milioni di iscritti i sentimenti e gli smartphone certo non bastano, servono anche velocità e affidabilità del servizio. Una squadra di esperti lavora in continuazione per limare il codice che anima Facebook, cercando di alleggerirlo e renderlo più veloce e stabile. A volte la conquista è di pochi millisecondi nel caricamento di una pagina del social network, una cifra minuscola che diventa però fondamentale quando viene risparmiata per centinaia di milioni di volte al giorno.

Si stima che ogni mese su Facebook vengano condivisi oltre 25 miliardi di contenuti, dai semplici link ai video passando per gli album fotografici. Ogni settimana, sui server del social network viene caricato un nuovo miliardo di fotografie: sono le immagini che compaiono nei profili, ma anche le foto caricate dagli iscritti per condividere e ricordare qualche momento felice o lontano con gli amici. Una pratica che ha reso Facebook la più grande collezione di immagini esistente al mondo. Lo spazio online raccoglie ormai più di 48 miliardi di fotografie e il numero continua a crescere rapidamente, anche grazie agli apporti dei nuovi iscritti. Una mole gigantesca di risultati, che richiede grandi risorse economiche, informatiche e naturalmente umane per essere gestita.

A parte qualche incidente di percorso, che può sempre capitare, Facebook se la cava bene quanto a velocità, un po’ meno per quanto riguarda la sicurezza. Il social network è molto affollato e dunque fa gola agli hacker e ai cracker che cercano di sfruttare le falle nella sicurezza per sottrarre dati sensibili, o semplicemente rompere le scatole agli utenti. Quando non ci si mettono i pirati informatici, a complicarsi la vita ci pensano gli stessi responsabili di Facebook. Un paio di settimane fa, per esempio, un malfunzionamento nella chat ha reso disponibili alcune informazioni sensibili degli utenti solitamente nascoste compresa la gestione del proprio elenco di amici.

Gli intoppi come quello della chat non sono benvisti dalle associazioni per la tutela della privacy e dalle istituzioni, che ciclicamente si fanno sentire per invitare i responsabili di Facebook a realizzare indicazioni più chiare sulla politiche utilizzate per la tutela dei dati personali. Il social network si è impegnato per fare maggiore chiarezza, ma non sembra essere intenzionato ad abbandonare le attuali impostazioni predefinite che rendono pubbliche praticamente tutte le informazioni condivise dagli utenti. Il primo punto della difesa contro le accuse è sempre lo stesso, semplice e incontrovertibile: nessuno è obbligato a iscriversi a Facebook.