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  • Lunedì 17 maggio 2010

Com’è Bangkok quando non si spara

La chiave per capire veramente Bangkok non sta nella mappa. Sta nei ritmi

di Simona Siri

Ci vuole un po’ di tempo per capire come funziona Bangkok, certo. Ma nonostante le dimensioni e la totale assenza di indicazioni stradali unita alla difficoltà di leggere la cartina, orientarsi non è la parte più difficile. Il fiume Chao Phraya taglia in due la città ed è un ottimo punto di riferimento. A nord est c’è Khao San Road, piena di saccapelisti in transito per qualunque destinazione. È una specie di Camdem Town a Londra, a chi piace il genere: piena zeppa di bar, ristoranti da poco, dignitose guest house con piscina a 15 euro a notte e inglesi ubriachi. Il Monumento alla Democrazia è lì vicino, mentre più a sud si estende la parte antica della città, piena di templi e monumenti storici. Ancora più a est c’è invece la Bangkok nuova, quella con i grattacieli, i grandi alberghi, le ambasciate e i ristoranti di lusso. È attorno alla zona di Siam con i due mega centri gemelli – Siam Paragon e Siam Center – che sono iniziate le proteste i primi di aprile ed è poco più a nord che i ribelli, le camicie rosse, hanno stabilito il loro quartiere generale.

La chiave per capire veramente Bangkok non sta però nella mappa. Sta nei ritmi. A Bangkok sembra che la vita cominci dopo le sei di sera. Fino ad allora le strade sono già incasinate, ma è dopo che si trasformano: centinaia e centinaia di bancarelle spuntano fuori dal nulla, riempiendo ogni centimetro quadrato di marciapiede e rendendo le vie irriconoscibili. Se come riferimento si era presa l’insegna di un negozio è la fine, perché non c’è più. A Bangkok tutti vendono tutto. Detto altrimenti: a Bangkok puoi comprare di tutto, legalmente o illegalmente, e a volte il confine non è neanche così chiaro. MBK è un mega centro commerciale di otto piani e più di duemila negozi dedicato quasi esclusivamente all’elettronica: telefonini, stereo, lettori dvd, orologi, ipod , kindle. Capire se sono originali o falsi è un’impresa.  Quello che è sicuro è che se hai un problema qui trovi sicuramente qualcuno che te lo risolve. Il mio blackberry con contratto TIM dopo sei minuti nella mani di un ragazzino che parlava a malapena inglese e aveva una cresta di capelli arancioni sulla testa ha ripreso a funzionare, per di più con una scheda thailandese, facendomi risparmiare un sacco di soldi. Vuoi la quarta stagione di Dexter? La sesta di Desperate Housewives? Non c’è problema, lo stesso ragazzino ti scrive su un foglietto le indicazioni per arrivare allo stand del suo amico. Lì ordini tutti i dvd che vuoi e dopo venti minuti circa li passi a prendere, belli ordinati e con la copertina fotocopiata a colori (e per la cronaca: si vedono benissimo, non sono fregature).

Per le strade l’attività più praticata è invece la ristorazione fai da te: uno arriva con la sua bancarella, la sistema al bordo della strada, accende la griglia e incomincia a cucinare. Poi ci sono quelli che vendono le magliette, i portafogli, le cinture, le borse taroccate, le mutande, i pezzi di arredamento, le spezie, le scarpe. Pensate a una categoria merceologica: a Bangkok c’è sicuramente una bancarella che la vende in mezzo alla strada, qualunque strada, con specializzazioni che dipendono dalla natura del quartiere. A Chinatown c’è quasi esclusivamente cibo. A Pat Pong – il quartiere a luci rosse ormai super turistico –  borse firmate palesemente false (per quelle belle, indistinguibili da quelle vere, devi chiedere di portarti nel retro del negozio o direttamente nel magazzino).  Poi ci sono i mercati. Anche quelli aprono tutti verso le 6 di sera e vanno avanti fino all’una di notte. Suan Lum Night Bazaar è grande come quattro volte piazza del Duomo a Milano. La parte più interessante è quella destinata ai giovani designer: ragazzini che nei cinque metri quadri di stand a disposizione riescono ad allestire delle vere e proprie mini boutique esponendo esclusivamente cose originali: che non è una parola da poco, qui. Non sono quelli che copiano, loro: sono quelli che hanno le idee, quelli che vengono copiati. Gli stilisti vengono qui, riempono le valigie, tornano a casa loro e si ispirano (leggi: rifanno le stesse cose, con tessuti migliori, e le mettono in vendita per cento volte tanto).

A Sukhumvit  Road ci sono invece le famose sartorie in grado di riprodurre modelli originali in due giorni. Tu gli porti il disegno o la pagina del giornale con il vestito che vuoi e loro te lo rifanno identico, su misura, del colore e del tessuto che vuoi tu. A Bangkok tutto è lasciato all’iniziativa personale: basta avere un tavolo di legno che faccia da bancarella e qualcosa da vendere. Se non la si ha, ci si affida all’ingegno. Quando ero a Koh Chang, isola selvaggia e meravigliosa, ho affittato un motorino per potermi muovere più liberamente. Dovendo fare benzina, il secondo giorno mi sono messa a cercare una stazione di servizio. Non riuscivo a trovarla. Ho fatto per ben due volte tutta l’isola ai dieci all’ora con gli occhi spalancati cercando un’insegna, una piazzola, qualcosa, insomma, che assomigliasse vagamente a un distributore. Niente, zero. Alla fine, dopo aver percorso l’isola ancora una volta e ormai completamente a secco, ho finalmente capito: quelle bottiglie di vetro con dentro del liquido rosso in vendita ai bordi della strada ogni cento metri, quello era il benzinaio.

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