Far finta di essere allergici

Studi poco precisi, frequenti errori nelle procedure per diagnosticare un'allergia, test poco affidabili

Allergie alimentari? Bubbole, o quasi. Una persona su tre, dicono i ricercatori della University of California (Los Angeles), è convinta a torto di avere un’allergia alimentare. Le allergie verso gli alimenti sono ovviamente una cosa seria, ma fortunatamente solo il 5% degli adulti e l’8% dei bambini ne soffrono. Eppure, oltre il 30% della popolazione negli Stati Uniti riconduce alle allergie alimentari altri malesseri, rischiando spesso di intraprendere terapie e cure per patologie sbagliate, racconta il New York Times.

Il professor Marc Riedl ha raccolto e analizzato buona parte degli studi scientifici sulle allergie pubblicati tra il 1988 e il 2009. I ricercatori si sono così ritrovati davanti a 12mila articoli sull’argomento, una mole considerevole di report eterogenei e talvolta in contraddizione tra loro. Dopo una prima analisi, molto selettiva, per identificare i testi che rispondevano ai criteri di ricerca dello studio, il numero di paper scientifici presi in considerazione sono stati 72.

Il quadro finale ottenuto dopo mesi di ricerca e comparazioni appare deludente: studi poco precisi, frequenti errori nelle procedure per diagnosticare un’allergia, test poco affidabili per verificare l’effettiva presenza di una o più reazioni allergiche nei pazienti.

Gli individui che ricevono una diagnosi dopo essersi sottoposti a due dei più comuni testi – una piccola puntura sulla pelle per iniettare una minuscola quantità di cibo sospetto e la ricerca degli anticorpi IgE nel sangue, il tipo legato alle allergie – hanno meno del 50% delle probabilità di essere affetti da un’allergia.

Per identificare i falsi positivi i medici possono mettere in atto alcuni semplici test, come somministrare di nascosto al paziente del cibo per il quale potrebbe essere allergico o un placebo spacciato per l’alimento sospetto. Una reazione al placebo può far escludere la possibilità di una allergia, mentre una effettiva reazione allergica dovuta al cibo somministrato di nascosto può dare la conferma.

Questi sistemi non vengono però adottati con frequenza dai medici. Alcuni li ritengono una perdita di tempo, altri preferiscono evitare il pericolo di una reazione allergica per il paziente, che in alcune circostanze può anche avere conseguenze gravi se non monitorata.

La nuova ricerca scientifica rientra in un progetto più ampio del National Institute of Allergy and Infectious Diseases statunitense per cercare di riportare ordine nel campo e offrire ai medici protocolli precisi per la diagnosi delle allergie.

Parte della confusione è dovuta alla distinzione tra allergia alimentare e intolleranza alimentare. Le allergie interessano il sistema immunitario, mentre in genere le intolleranze no. Per esempio, il mal di testa dovuto ai solfiti del vino non è un’allergia alimentare. Si tratta di una intolleranza. Lo stesso vale per l’intolleranza al lattosio, causata dalla mancanza di un enzima necessario per digerire gli zuccheri del latte.

Secondo alcuni esperti, inoltre, chi risulta positivo a un test sull’IgE per un dato alimento non necessariamente è poi allergico a quello stesso alimento. Nel corso dello sviluppo, il sistema immunitario reagisce male ad alcune proteine del cibo e produce degli anticorpi nel tentativo di contrastarle. La reazione può però essere temporanea e non è detto si ripeta in età adulta. Le noccioline sono tra le principali cause di allergia, ma anche il mais non se la cava male. Il motivo? Al momento non è ancora del tutto chiaro e proprio per questo motivo il National Institute of Allergy and Infectious Diseases vuole fare ordine, cercando di arrivare a nuovi protocolli di cura e diagnosi per chi è allergico o crede di esserlo.