Memorizziamo delle cose anche mentre dormiamo

Lo sostiene un nuovo studio di quattro ricercatori francesi, secondo cui alcuni nostri ricordi si formano durante la fase REM

Da moltissimi anni gli scienziati fanno ipotesi su quello che succede al nostro cervello mentre dormiamo, in particolare alla nostra memoria. Sono stati fatti anche film e serie tv dove i personaggi tentano di imparare delle lingue o di smettere di fumare ascoltando delle registrazioni durante il sonno. È un’idea che prima di essere uno spunto per sketch comici era stata usata tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta per produrre lo Psycho-phone, un fonografo da usare di notte per sottoporsi a varie terapie psicologiche e di cui si era parlato anche sul New Yorker. C’è una parola specifica per indicare la pratica di imparare qualcosa dormendo: ipnopedia. Negli anni Cinquanta gli scienziati misero in discussione l’efficacia dell’ipnopedia e la screditarono, ma un articolo pubblicato all’inizio di agosto sulla rivista Nature Communications ha presentato un risultato che sembra essere in controtendenza con quello che è stato detto finora.

Lo studio è stato effettuato da quattro ricercatori francesi guidati da Thomas Andrillon, neuroscienziato del dipartimento di studi cognitivi dell’École Normale Supérieure di Parigi. Ai venti partecipanti allo studio, tutti studenti, sono state fatte ascoltare delle registrazioni di rumore bianco durante il sonno: come questo, o quello dei televisori che si accendono ma non si sintonizzano. Le registrazioni erano in ordine casuale, una di seguito all’altra, con l’unica eccezione di una registrazione ripetuta cinque volte all’interno di una stessa serie e che durava soli 200 millisecondi. I ricercatori hanno rifatto ascoltare agli studenti la stessa serie di registrazioni anche una volta svegli e hanno chiesto loro di identificarne degli schemi: le uniche clip sonore che gli studenti sono stati in grado di distinguere erano quelle ripetute, una cosa difficilissima da fare per chi non avesse già ascoltato altre volte le registrazioni.

Andrillon ha spiegato che l’esperimento è riuscito perché sono stati usati dei suoni senza un significato: mentre dormiamo non possiamo concentrarci sugli stimoli esterni, né fare collegamenti tra ciò che i nostri sensi percepiscono e altre cose. Secondo lo studio, possiamo però memorizzare degli schemi in modo automatico. Un’altra cosa scoperta da Andrillon e dai suoi colleghi è che questo tipo di memorizzazione avviene solo in certe fasi del sonno: durante quelle di sonno leggero e durante la fase REM, quella in cui sogniamo e in cui l’organismo induce una paralisi dei muscoli per evitare che ripetiamo davvero i movimenti che stiamo sognando di fare.

Secondo Andrillon lo studio indica che due diverse ipotesi proposte finora su cosa succede alla nostra memoria mentre dormiamo possono essere conciliate. La prima ipotesi è che durante il sonno il cervello “ripensi” a ciò che ci è successo durante le ore di veglia e che in questo modo ne crei un ricordo; la seconda è che il sonno abbia la funzione di liberare il cervello dai ricordi inutili, e che cancellandoli faccia risultare più evidenti quelli che restano. In teoria le due ipotesi sarebbero da considerarsi antitetiche: la prima dice che il sonno aiuta a ricordare, la seconda che aiuta a dimenticare. Per Andrillon, il risultato dell’esperimento con il rumore bianco ci dice che il sonno fa entrambe le cose, come già altri neuroscienziati avevano ipotizzato: dipenderebbe tutto dalla fase del sonno di cui si parla, perché ognuna avrebbe un effetto diverso sulla memoria.

Non è detto però che sia davvero così: Jan Born, un neuroscienziato dell’Università di Tubinga, in Germania, ha detto al Washington Post che per quanto i risultati dello studio di Andrillon siano importanti, in realtà non spiegano tutto: ci dicono solo che anche mentre dormiamo possiamo registrare alcune informazioni, ma non ci dicono cosa succede ai ricordi che abbiamo creato durante il giorno.

Già un altro studio, realizzato da neuroscienziati israeliani nel 2014, aveva avuto risultati simili a quello di Andrillon. In quel caso erano state prese 66 persone fumatrici, alle quali erano stati fatti sentire durante il sonno l’odore del fumo di sigaretta e altri odori sgradevoli. Le persone che erano state sottoposte all’esperimento non fumarono per diversi giorni successivi, perché associavano l’odore di sigaretta agli altri odori sgradevoli che avevano sentito dormendo. Anche questo studio dimostrava che ciò che si percepisce mentre si dorme viene in qualche modo registrato dal cervello. In ogni caso lo studio di Andrillon e colleghi e quello fatto nel 2014 non indicano che presto potremo imparare il kung fu dormendo – come succede a Neo in Matrix – o che le app che sostengono di poterci insegnare delle lingue straniere nel sonno funzionino. Forse un giorno troveremo un modo per imparare le cose mentre dormiamo, ma non è detto che si tratterà di qualcosa di benefico per la nostra salute, ha detto Andrillon.