Come funziona la tecnologia di Pokémon Go

Da dove arrivano le mappe? Chi ha scelto i PokéStop? E vediamo tutti gli stessi Pokémon? La società che lo sviluppa ha dato poche informazioni, ma qualcosa si è capito

(Alexander Koerner/Getty Images)
(Alexander Koerner/Getty Images)

Con il grandissimo successo che sta avendo Pokémon Go, il gioco per smartphone che permette di catturare i Pokémon nel mondo reale sfruttando la realtà aumentata, in molti si stanno chiedendo come funzioni la tecnologia alla base del gioco. In Pokémon Go, ogni giocatore è mostrato in una mappa, simile a quelle di Google Maps: quando il giocatore si sposta nella realtà, camminando o guidando una bicicletta o a bordo di un autobus, il personaggio sulla mappa segue i suoi movimenti. Ogni tanto, sullo smartphone compare un Pokémon, che il giocatore può provare a catturare: lo scopo del gioco è catturarne quanti più possibile, allenarli e usarli per partecipare a dei combattimenti con altri allenatori. Niantic, la società che ha sviluppato il gioco, ha però mantenuto una notevole segretezza nello spiegare come funziona il sistema di mappe di Pokémon Go, e in generale su tutta la tecnologia che fa funzionare l’app. Dalle discussioni tra giocatori sui forum, e da qualche intervista, negli ultimi giorni si è capito qualcosa in più.

Come funziona la realtà aumentata in Pokémon Go

A Pokémon Go sta giocando tantissima gente – decine di milioni di persone in tutto il mondo – probabilmente più di quanta si aspettasse Niantic. Per questo, il gioco sta avendo moltissimi problemi tecnici. Soprattutto negli ultimi giorni, in Italia, molti utenti sono riusciti ad accedere al gioco per brevi periodi, mentre nel tempo rimanente hanno ricevuto messaggi di errore che parlavano di problemi ai server. “Pokémon nei dintorni”, una delle funzioni più importanti dell’app, non funziona da giorni in praticamente tutto il mondo. Tutti questi problemi dipendono in parte dal fatto che Pokémon Go non è un gioco semplice, a livello di tecnologia. Il gioco si basa sulla realtà aumentata, cioè quella tecnologia che aggiunge degli elementi digitali alla realtà (e diversa quindi dalla realtà virtuale, che è interamente digitale). L’esempio più immediato di come funziona la realtà aumentata in Pokémon Go è la schermata con la quale si catturano i Pokémon, che sfrutta la fotocamera dello smartphone per mostrare un Pokémon davanti a noi.

Far comparire un Abra su un water, però, non richiede una tecnologia troppo complicata. Quello che per Niantic è più impegnativo è gestire il suo sistema di mappe, e fare sì che funzioni allo stesso modo per tutti i milioni di giocatori di Pokémon Go. La realtà aumentata di Pokémon Go è anche e soprattutto quella che fa sì che per le città di tutto il mondo, anche in quelle più piccole e anche nelle zone di campagna, ci siano dei Pokémon lungo le strade, che possono essere catturati da chi ha l’applicazione aperta sul proprio smartphone.

Come compaiono i Pokémon

I Pokémon presenti sulla mappa, infatti, non compaiono casualmente al giocatore. L’algoritmo usato da Niantic per gestire il gioco infatti fa sì che i Pokémon siano nello stesso posto per tutti i giocatori: significa, quindi, che se ce n’è uno davanti alla Fontana di Trevi, lo vedono tutti i giocatori di Pokémon Go, e tutti possono catturarlo (non scompare dopo che il primo utente lo cattura). Da quello che si è capito finora – Niantic ha fornito pochissime informazioni anche su questo – i Pokémon si possono spostare, e dopo un certo periodo di tempo, che si ipotizza essere di qualche decina di minuti, scompaiono per tutti. È per questo che quando pochi giorni fa a Central Park è comparso un Vaporeon, un Pokémon abbastanza raro, c’è stato un grande parapiglia.

John Hanke, fondatore e CEO di Niantic, ha spiegato che il gioco rileva i bacini d’acqua della realtà, come laghi, fiumi e mari, e fa comparire in quelle zone Pokémon “d’acqua”. In realtà sui forum i giocatori stanno scrivendo che non funziona proprio così, e che è normalissimo trovare Pokémon d’acqua lontano dai fiumi e viceversa trovare Pokémon “di terra” vicino al mare.

Da dove arrivano le mappe di Pokémon Go?

Il mistero più grande riguardo alla tecnologia di Pokémon Go, però, è da dove vengono le sue mappe. Come ha spiegato Robinson Meyer sull’Atlantic, «le mappe stradali sono un business serio e costoso. Nokia ha separato la sua sezione dedicata alle mappe l’anno scorso, valutandola 3 miliardi di dollari. E OpenStreetMap, una mappa gratuita e aperta in stile Wikipedia, sostiene una rete di startup più piccole che si occupano di mappe, alcune delle quali hanno raccolto decine di milioni». Fino all’anno scorso, Niantic apparteneva a Google. Hanke all’inizio degli anni Duemila aveva fondato Keyhole, una società poi rilevata da Google e il cui prodotto principale fu quello che diventò Google Earth, il popolarissimo software di Google per le mappe satellitari. Per questo, in molti hanno ipotizzato che Pokémon Go utilizzi come base per le sue mappe quelle di Google.

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Tra le informazioni legali di Pokémon Go, però, Google Maps non è menzionata da nessuna parte, né ci sono altre informazioni sulla provenienza delle mappe. C’è solo scritto che l’app ha l’autorizzazione di alcuni prodotti Google, come Android. Meyer scrive che è molto raro che un’app come Pokémon Go non dia queste informazioni, perché solitamente i servizi di mappe digitali richiedono espressamente di essere citate, se sono utilizzati da altre app: succede perfino con OpenStreetMap. Meyer dice che alcuni portavoce di Niantic lo hanno aiutato a raccogliere informazioni, ma si sono rifiutati di spiegare meglio da dove vengano le mappe di Pokémon Go.

Come sono stati scelti i “PokéStop”

Hanke ha parlatoMashable delle mappe di Pokémon Go, dicendo: «Molti di noi hanno lavorato a Google Maps e Google Earth per molti, molti anni, perciò vogliamo che le mappe siano fatte bene». Hanke non ha detto se le mappe di Pokémon Go arrivino dai dati di Google, ma ha spiegato che molte cose del gioco dipendono da Ingress, un famoso gioco per smartphone sviluppato nel 2012 da Niantic. Ingress ha un funzionamento molto simile a Pokémon Go: sfrutta la realtà aumentata e la geolocalizzazione per permettere ai giocatori di girare per il mondo in cerca di cose che permettano loro di salire di livello. La trama però è diversa: in breve i giocatori sono divisi in due fazioni, che devono contendersi il controllo di una speciale “materia esotica”. Ingress si basa sui portali, dei luoghi speciali che corrispondono a luoghi storici o comunque importanti delle città. Quando fu introdotto Ingress, gli sviluppatori scelsero – utilizzando i dati raccolti dalle fotografie geolocalizzate disponibili su Google – migliaia di luoghi in tutto il mondo, a cui assegnarono altrettanti portali. Chiesero però ai giocatori di selezionare altri luoghi che sarebbero potuti essere adatti, e di proporli come nuovi portali. Ricevettero 15 milioni di proposte, e ne scelsero 5 milioni.

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I portali di Ingress sono diventati i PokéStop – dei luoghi dove i giocatori possono raccogliere strumenti utili – e le palestre – i luoghi dove si possono far combattere tra loro i Pokémon – di Pokémon Go. Ha spiegato Hanke: «I PokéStop sono proposti dagli utenti, perciò ovviamente si basano su posti in cui la gente va. Abbiamo avuto, in pratica, due anni e mezzo in cui la gente andava nei posti dove pensava avrebbe dovuto poter giocare a Ingress, quindi ci sono molti posti remoti. Ci sono portali in Antartide e al Polo Nord, e in quasi tutti i posti in mezzo». Hanke ha detto che l’obiettivo di Niantic è fare sì che i PokéStop siano in posti accessibili a piedi con facilità e soprattutto in sicurezza. Vista la grande popolarità di Pokémon Go e la passione con la quale una parte dei giocatori ha preso il gioco, evitare di mandare i giocatori a piedi in mezzo a strade molto trafficate è comprensibilmente una delle priorità della società. Per lo stesso motivo, Hanke ha anche detto che l’algoritmo è programmato per evitare che compaiano Pokémon lungo le autostrade.