Pokémon GO, parliamone

La storia dell'eccezionale e inedito successo del nuovo videogioco sui Pokémon, che si deve alla nostalgia degli anni Novanta e all'abilità di Nintendo

Tre ragazzi giocano a Pokémon Go davanti a un negozio Nintendo a New York. (Drew Angerer/Getty Images)
Tre ragazzi giocano a Pokémon Go davanti a un negozio Nintendo a New York. (Drew Angerer/Getty Images)

Pokémon Go, il gioco che permette di catturare i Pokémon nel mondo reale attraverso la fotocamera del proprio smartphone, arriverà il Italia il 16 luglio, ma moltissimi utenti Android hanno già scaricato la versione APK, cioè quella non ufficiale, e in alcune parti del mondo è già disponibile dal 6 luglio. Il sito Similar Web ha analizzato i dati sull’utilizzo dell’app negli smartphone Android negli Stati Uniti, scoprendo che Pokémon Go supererà in qualche giorno Twitter come utenti attivi giornalieri, e ha già superato l’app per incontri Tinder.

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Sempre negli Stati Uniti, l’app di Pokémon Go è usata quotidianamente dal 60 per cento delle persone che l’hanno scaricata, per una media di oltre 43 minuti al giorno: più del tempo dedicato a WhatsApp (30 minuti) o Instagram (25 minuti). Il traffico sul sito apkmirror.com, uno dei principali siti per scaricare app in APK, è aumentato da circa 600mila visite al giorno a oltre 4 milioni, tra il 5 luglio e il 6 luglio, a causa degli accessi delle persone fuori dai paesi in cui l’app è stata diffusa ufficialmente.

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Il valore delle azioni di Nintendo, la società giapponese di videogiochi che ha investito sia in Niantic, la società che ha sviluppato Pokémon Go, sia nella Pokémon Company, la società che gestisce i diritti dei Pokémon, è aumentato del 9 per cento venerdì, e del 24 per cento lunedì, alla riapertura delle borse. È il picco più alto per la società dal 1983, e ha generato un aumento di valore della società di 9 miliardi di dollari.

Nell’ultima settimana i siti di news internazionali hanno dedicato molte attenzioni a Pokémon Go, che sono cresciute con il passare dei giorni. Se all’inizio sembrava un’app di nicchia per ventenni e trentenni nostalgici degli anni Novanta, si è capito in fretta che le dimensioni del successo di Pokémon Go sono incredibili e inedite nella storia dei giochi per smartphone. Candy Crush Saga, una delle app più popolari di sempre, quella in cui bisogna spostare dei dolcetti in una griglia per formare dei pattern, raggiunse la 75esima posizione nella classifica delle app per iPhone nel giorno del lancio, e arrivò alla settima il giorno successivo. A Pokémon Go ci sono volute 13 ore per arrivare al primo posto.

Alvin Chang, che ha scritto del successo di Pokémon Go in un articolo su Vox, ha spiegato che Nintendo sapeva che le persone che si erano appassionate ai Pokémon negli anni Novanta, da bambini, erano ancora legate all’immaginario dei Pokémon, e avrebbero garantito il successo di Pokémon Go. La prima volta che i Pokémon fecero la loro comparsa fu nel 1996, con due giochi per Game Boy, il dispositivo portatile Nintendo: Pokémon Rosso e Pokémon Verde (che all’estero si chiamò Pokémon Blu). Vendettero 32 milioni di copie nel mondo, diventando i più venduti di sempre per Game Boy dopo Tetris. Da allora sono state fatte 14 edizioni di giochi dei Pokémon, più o meno una ogni due anni. Le vendite delle varie edizioni furono altalenanti, con picchi superiori ai 20 milioni, per esempio, per Pokémon Argento e Oro, e record negativi di circa 6 milioni per Pokémon Smeraldo del 2004.

Una delle principali caratteristiche dei videogiochi Nintendo, però, è che una larga fetta dei suoi utenti sono rimasti profondamente legati ai videogiochi della loro infanzia, continuando a giocarci anche da adolescenti e da adulti. È la ragione del grande successo dei videogiochi di Super Mario o di quelli della serie The Legend of Zelda. Ed è anche la ragione del successo di Pokémon Go. Nintendo era già riuscita a confermare questa ipotesi quando, a partire dalla metà degli anni Duemila, i suoi utenti hanno cominciato a registrarsi online, fornendo molti dati anagrafici e sui loro gusti in fatto di videogiochi. Analizzando i dati sugli utenti dei videogiochi dei Pokémon usciti per Nintendo DS tra il 2006 e il 2012, Nintendo ha rilevato che l’età degli utenti aumentava leggermente con ogni edizione.

I problemi per Nintendo arrivarono con la diffusione degli smartphone: i giovani e gli adulti che potenzialmente potevano essere interessati a giocare a videogiochi dei Pokémon o di Super Mario non erano spesso disposti a portarsi dietro un secondo aggeggio, oltre al telefono. Gli smartphone diventarono presto, tra molte altre cose, i nuovi Game Boy: nacquero moltissimi videogiochi per smartphone e molti svilupparono app dedicate. Gli affezionati ai videogiochi Nintendo, però, avrebbero dovuto comprare una console portatile solo per quel gioco al quale avrebbero voluto continuare a giocare. Nella maggior parte dei casi non successe, e le vendite del Game Boy Advance, del Nintendo DS e 3DS calarono con l’aumentare delle vendite degli iPhone.

Quando è uscito Pokémon Go, spiega Chang su Vox, c’era quindi un’enorme base di appassionati che, in pratica, non aspettava nient’altro, e che: «a) aveva già il dispositivo su cui giocare, b) sapeva che Charmander alla fine si evolve in Charizard». Prima di Pokémon Go, molti appassionati del gioco rigiocavano ai videogiochi originali degli anni Novanta con degli appositi “emulatori” per computer. In molti hanno notato come Niantic abbia deciso di includere nel gioco solo i 150 Pokémon originali, quelli delle prime edizioni del videogioco, proprio per attrarre gli utenti storici degli anni Novanta. I videogiochi originali, poi, uscirono quando la maggior parte dei bambini non aveva ancora accesso a internet: le discussioni con gli amici sugli easter egg e sulle altre cose nascoste del gioco erano quindi una parte integrante di Pokémon Rosso e Blu. Allo stesso modo, Pokémon Go prevede interazioni tra i giocatori, che si possono consultare sulla posizione di Pokémon rari e si possono sfidare combattendo tra di loro.

Ma la fortuna di Pokémon Go, continua Chang, è che ha potuto adattare alla tecnologia e alle abitudini contemporanee una serie di elementi distintivi costruiti negli ultimi vent’anni con i videogiochi per Game Boy. Con le mappe in bianco e nero e i personaggi tratteggiati da pochi pixel dei giochi degli anni Novanta, infatti, gli sviluppatori Nintendo hanno sempre lasciato che fossero i videogiocatori a immaginarsi il mondo dei Pokémon, costruendo un immaginario molto forte, sedimentato e personale. La maggior parte delle altre app che sfrutta la realtà aumentata, cioè che aggiunge elementi digitali al mondo reale, secondo Chang sovrappone il mondo virtuale a quello reale, provando a convincerci a guardare il mondo diversamente. «Pokémon Go fa il contrario. La maggior parte di noi ha già un modello per il mondo dei Pokémon: è nella nostra testa, colorato, mistico e denso, con così tante cose ancora da scoprire. E l’app sta sovrapponendo il mondo reale a quel mondo».

Tero Kuttinen si è chiesto su Boy Genius Report se il successo di Pokémon non metta in discussione alcune precedenti convinzioni sui videogiochi per smartphone, per esempio quelle legate alle app di giochi location-based, che si basano cioè sulla posizione del giocatore nel mondo reale. Fino ad ora ci sono stati esempi di giochi di questo tipo di moderato successo, ma i grandi produttori hanno sempre investito di più su simulazioni dei giochi di ruolo per pc o di quelli per console, da Clash of Clans a Game of War. Niantic, che fino all’ottobre del 2015 apparteneva a Google, aveva già sviluppato un gioco location-based, Ingress, che però non aveva avuto lo stesso successo perché non c’era di mezzo un franchise popolare come i Pokémon. Pokémon Go invece potrebbe dimostrare che, oltre a poter avere un enorme successo, questo tipo di videogiochi può anche essere redditizio. E il gioco, secondo Kuttinen, potrebbe aver dimostrato altre due cose: che Nintendo forse farebbe meglio a trasferire tutti i suoi progetti per dispositivi mobili sugli smartphone, e che la nostalgia degli anni Ottanta e Novanta può essere sfruttata di più e più efficacemente dai produttori di videogiochi.