La BCE ha abbassato i tassi al minimo storico

Dallo 0,25 per cento allo 0,15 per cento: si tratta di misure per far risalire l'inflazione e fermare la discesa dei prezzi (perché non è una cosa buona?)

European Central Bank president (ECB) Mario Draghi gives a press conference following ECB's governing council on May 8, 2014 in Brussels. European Central Bank president Mario Draghi gave the strongest hint possible of an imminent cut in eurozone interest rates next month. AFP PHOTO/JOHN THYS (Photo credit should read JOHN THYS/AFP/Getty Images)
European Central Bank president (ECB) Mario Draghi gives a press conference following ECB's governing council on May 8, 2014 in Brussels. European Central Bank president Mario Draghi gave the strongest hint possible of an imminent cut in eurozone interest rates next month. AFP PHOTO/JOHN THYS (Photo credit should read JOHN THYS/AFP/Getty Images)

Ore 14.50 – La Banca Centrale Europea ha annunciato di aver abbassato il tasso di interesse allo 0,15 per cento, dal precedente 0,25 per cento. Si tratta del livello più basso mai raggiunto. La BCE ha anche annunciato di aver ridotto il tasso sui depositi delle banche commerciali al -0,1 per cento. Questo significa che le banche che vorranno depositare soldi presso la BCE dovranno pagare un interesse, anziché riceverlo.

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Da qualche settimana il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha messo i mercati finanziari in guardia in vista del mese di giugno, alludendo a decisioni importanti da prendere contro il pericolo di deflazione, cioè un calo dei prezzi (il contrario dell’inflazione, insomma: sembra una cosa buona, ma non lo è: ci arriviamo). Lo scorso maggio la BCE ha definito centrale la riunione di oggi, giovedì 5 giugno, da cui dovrebbero uscire i dettagli di queste misure, che dovrebbero essere finalizzate a riportare l’inflazione appena sotto il 2 per cento, il tasso considerato ideale (lo scorso mese invece è scesa fino allo 0,5 per cento).

Del problema e dei rischi annessi alla riduzione dell’inflazione si parla da tempo in Europa e in Italia, che ha un’economia in precario stato di salute e un debito molto alto. In particolare, come spiegava un lungo articolo dell’Economist tempo fa, i rischi di una riduzione dell’inflazione sono due: il primo è che in lunghi periodi di deflazione non sono solo i prezzi di quello che compriamo a calare, ma anche i prezzi dei servizi, dei trasporti e quindi, con il tempo, anche gli stipendi. Mentre invece rimangono stabili gli interessi sui debiti, che diventano in proporzione sempre più difficili da pagare. Il secondo effetto è che durante i periodi di deflazione può essere poco conveniente spendere i propri soldi: se per esempio qualcuno volesse comprare un televisore in quel periodo, avrebbe la tendenza a rimandare aspettandosi che il prezzo scenda. Quindi, semplificando, si consuma meno, le fabbriche producono meno e hanno meno bisogno di assumere nuovi dipendenti. Lo stesso meccanismo, se applicato a un livello più ampio di investimento dei privati, può far sparire i timidi segni di ripresa economica a cui si sta assistendo da diversi mesi in Europa e in Italia.

Secondo il Wall Street Journal, ci si aspetta che la Banca Centrale Europea riduca tutti e tre i suoi tassi di interesse chiave – quello sui depositi, quello sui normali prestiti bancari e quello sui prestiti di emergenza – di circa 0,10-0,15 punti, anche se per i prestiti di emergenza potrebbe esserci una riduzione ulteriore visto che si tratta dell’indice più alto tra i tre. La misura dovrebbe abbassare il tasso di interesse principale al quale la banche attualmente possono rivolgersi alla BCE dall’attuale 0,25 per cento a una percentuale vicina allo zero. Il “deposit rate”, cioè il tasso che in questo caso la Banca Centrale paga sulle riserve depositate nelle sue casse dalle altre banche, da zero potrebbe quindi diventare negativo.

La questione del tasso negativo sul deposito di fondi potrebbe diventare il punto centrale e più condizionante dell’intera manovra della Banca Centrale, continua il Wall Street Journal: nessuna banca così grande ha mai provato in precedenza questa politica, che evidentemente potrebbe penalizzare le banche che accumulano le proprie riserve alla BCE (in pratica una banca che parcheggia liquidità nella BCE dovrà pagare una tassa). In teoria la misura dovrebbe indebolire il tasso di cambio dell’euro, sostenendo così un aumento delle esportazioni e dell’inflazione.

In molti si chiedono come mai la Banca Centrale Europea abbia agito solo ora, nonostante il tasso di inflazione sia preoccupantemente inferiore all’1 per cento già dall’ottobre scorso: alcuni credono che Draghi abbia prolungato i tempi per avere la possibilità di fare accettare alla Bundesbank, la Banca centrale tedesca, la manovra che la BCE si appresta ad adottare.