Una lavata di capo per Alfano

Angelino Alfano ha molto per la testa di questi tempi. La campagna elettorale si presenta difficile, con quello sbarramento del 4 per cento così ostico. Dallo smottamento in atto nel popolo di Forza Italia pare proprio non arrivare nulla al cartello Ncd-Udc, coerentemente con un’offerta di liste davvero mediocre. I giornali di Berlusconi mestano nel torbido, ma lo scontento interno di cui parlano non l’hanno del tutto inventato: è evidente che non c’è confronto fra quanto contava il Ncd al tempo di Letta, e quanto conta adesso nel monocolore Renzi. Col risultato che gli alfaniani non interessano né come post-berlusconiani né come anti-berlusconiani né come diversamente berlusconiani.

Da questa antipatica situazione il nuovo centrodestra precocemente invecchiato prova a uscire improvvisando guerriglie parlamentari, come sul decreto Poletti, recitando da antagonista rispetto a una presunta deriva a sinistra (addirittura verso la Cgil) della maggioranza: un gioco che dura poco, perché neanche la sinistra Pd si fa tante illusioni sulla propria forza, e perché comunque alla fine chi tirerà le somme e incasserà i dividendi della riforma sarà sempre Renzi.

Piuttosto Alfano non dovrebbe dimenticare, fra tante cose, di essere anche il ministro degli interni, per di più con uno score tutt’altro che immacolato. Per lui, per Renzi e per il governo, più di ogni scaramuccia parlamentare sarebbe grave farsi cogliere impreparati su terreni scottanti. Tipo l’immigrazione.

Interpellato in proposito ieri su Twitter, Renzi ha risposto adombrando il sospetto che si parli di «emergenza immigrazione» solo per strumentali ragioni elettorali. Sbaglia. Non quelle facce dei bronzo di leghisti bensì la Caritas segnala che da gennaio a oggi sono arrivate in Italia 25mila persone, cioè la metà dell’intera fase della cosiddetta «emergenza Nordafrica», quando siamo appena alla vigilia della stagione degli sbarchi. La stessa Caritas denuncia l’assenza di pianificazione dell’accoglienza, perfino rispetto alle esperienze dei governi precedenti.

Nello stesso tweet Renzi annuncia «una riunione lunedì mattina». Va bene, ma non è da lui cercare di convincerci coi vertici interministeriali. Saremmo già più tranquilli se filtrasse l’indiscrezione di una lavata di capo del premier al ministro degli interni: fatte le sue belle liste con Scopelliti e Cesa e votata l’inevitabile fiducia al decreto lavoro, tornasse a occuparsi dei problemi di sua competenza istituzionale.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.