Pd di lotta, di governo e di Renzi
Ora il Partito democratico comincia a fare il proprio mestiere. Lo fa con Guglielmo Epifani, che viene ricoperto di contumelie per aver pronunciato un’ovvietà (e cioè che le sentenze vanno rispettate e il parlamento non può permettersi di rovesciarle) ma soprattutto perché schiera il Pd su una posizione speculare a quella di Forza Italia. Forse Cicchitto, Brunetta e gli altri pensavano di potersela permettere solo loro, la doppiezza di appoggiare il governo riarmandosi però in vista delle elezioni. Per fortuna non è così: anche il Pd rimane al fianco di Enrico Letta, senza però cedere né sul punto della decadenza di Berlusconi dal parlamento né sui temi qualificati della propria autonoma presenza politica.
La giornata di ieri sarà raccontata come foriera di nuove minacce al governo a causa di questo rinfocolare polemico fra i partiti, e poi per il prepotente ritorno sulla scena di Matteo Renzi.
In realtà, la notizia peggiore per Letta è che prima della pausa estiva in parlamento – contrariamente a quanto lui aveva chiesto con grande energia – non ci sarà alcun voto sulla riforma del finanziamento pubblico dei partiti.
Era il tema che il premier aveva proposto con maggiore durezza fin dal giorno dell’insediamento. Fino al punto di minacciare un decreto in caso la resistenza dei partiti si fosse trasformata in sabotaggio. Così sta accadendo. Non credo che il governo farà alcun decreto. Questi sono gli inciampi che davvero lo indeboliscono, agli occhi del sistema politico e di tutti gli italiani, e non è un caso se uno dei passaggi cruciali del discorso di Renzi di ieri sia stato proprio sui soldi ai partiti.
Il sindaco di Firenze sottrae alibi a chi, dietro al sostegno al governo, nasconde solo l’intenzione di ostacolare lui e le sue ambizioni.
In effetti sono state accampate ragioni d’ogni tipo, per rinviare le decisioni su regole e data delle primarie e del congresso. La più risibile, facilmente smontata ieri sera, è che il Pd debba «aspettare le decisioni di Berlusconi» prima di scegliere sui propri destini.
La campagna congressuale di Matteo Renzi è partita ieri dal cuore rosso di un’Emilia Romagna che gli è diventata amica. L’autonomia del Pd sarà un leit-motiv del sindaco. Chi ha a cuore la stabilità del quadro politico e l’efficacia del lavoro del governo Letta, a cominciare dallo stesso premier, deve attrezzarsi a convivere con questa corsa: fermarla sembra davvero molto difficile.