L’ansia preventiva di Bersani

La prima comunicazione di Bersani sull’incontro con Berlusconi, affidata a Twitter, è qualcosa che va al di là del messaggio politico. È un cartello esposto, un grido di avvertimento, una difesa preventiva. Potremmo anche dire una excusatio non petita, a parte il fatto che non c’è alcuna accusatio manifesta da rivolgere.

«Noi siamo a disposizione. Ma no a governissimi», ha tuittato ieri Bersani dopo la fine del vertice.
Chi avrebbe potuto sospettare del contrario? Chi avrebbe potuto credibilmente accusare Bersani di essersi messo d’accordo col Cavaliere su un punto del quale il segretario ha fatto una ragione di vita?

Di dietrologie e scenari fantasiosi se ne leggono tanti, ma al Pd dovrebbero stare tranquilli: tutti sanno che l’inversione dell’agenda mette ora al primo punto l’elezione del capo dello stato. E che solo un politico molto inesperto, cosa che non sono né Bersani né Berlusconi, potrebbe pensare di incastrare l’altro su ciò che avverrà dopo.
Oggi perfino il gioco dei nomi per il Quirinale è fortemente inattendibile, a nove giorni dalla convocazione delle camere. Strologare di governissimo, pur nel giorno di un incontro dal forte valore simbolico, sarebbe folle.

Eppure per Bersani smentire per le centesima volta questa ipotesi è la prima preoccupazione. Letta parla di «incontro molto positivo»? Alfano espone la richiesta del Pdl di non avere un capo dello stato ostile? Bersani corre a negare il governissimo.
Pur essendo d’accordo con la linea prevalente nel Pd contro la grande coalizione (sarebbe un drammatico “governo degli sconfitti”), non possiamo che sottolineare come la questione trascenda ormai dalla razionalità.

È chiaro che il Pd sente di dover trasmettere a ogni passo segnali di rassicurazione a un’opinione pubblica arcigna, diffidente, severa, attiva soprattutto sulla rete, che è infatti il primo luogo ove Bersani si reca per offrire la smentita preventiva a qualsiasi inciucio.
Recando addosso questa ansia sarà però difficile anche portare a casa risultati politici perfettamente legittimi e difendibili, su terreni altrettanto legittimi come quello dell’elezione del capo dello stato.

Certo nel 1976 non c’erano Twitter e Facebook a tenere sotto pressione Berlinguer. Gli oppositori al governo delle astensioni però erano tanti e rumorosi. Caspita, né il Pci né la Dc sentivano il bisogno di rassicurarli ogni mezza giornata.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.