Fortuna che c’è Hollande

Fortuna che c’è Hollande. O meglio, fortuna che c’è già passato Hollande.
Fino a un certo momento, nel Pd il presidente socialista è stato modello e riferimento per il riallineamento progressista delle politiche sociali ed economiche europee. La vicenda elettorale francese, la sinistra che piega un demagogo di destra, è stata raccontata come il prequel a lieto fine di Bersani versus Berlusconi.

Gli otto mesi intercorsi fra la festa della Bastiglia e la campagna elettorale italiana sono serviti a molte cose. Certo, anche a cambiare le coordinate del nostro scontro elettorale, che contro ogni speranza (ma secondo ogni logica e previsione) non sarà di tipo strettamente bipolare.
Soprattutto però – se davvero Hollande e la Francia vanno considerati, pur con tante differenze, un precedente interessante – possiamo misurare quanto poco tempo ci voglia perché le promesse di radicali svolte a sinistra si tramutino in boomerang, quando alla prova dei fatti non esistono le condizioni per realizzarle. E questo sta valendo per Hollande sia sul terreno dei diritti civili (matrimoni gay) che sulle politiche fiscali e la lotta alla disoccupazione: praticamente, tutto quello che conta.

La consistenza e le conseguenze dell’accusa di tenere fondi occulti in Svizzera che hanno colpito il ministro del bilancio Cahuzac sono tutte da verificare. Ma il solo sospetto (e il crisis management governativo, non proprio esemplare) basta a deprimere vieppiù la popolarità di un presidente che non ha mai smesso di calare nelle simpatie dei francesi. Perfino dall’incidente con Depardieu – quello che in Italia ha entusiasmato Nichi Vendola – Hollande ci ha più rimesso che guadagnato.

La lezione è talmente ovvia che non va neanche ribadita. Saggiamente Bersani evita di spiccare voli pindarici. E quando sottolinea (l’ha fatto di nuovo ieri) che il 2013 sarà ancora un anno di sofferenza di bilancio per l’Italia, è un colpo al cuore di chi a sinistra disegnava fino a poco fa scenari di crescita a debito, in sfida al fiscal compact. Può darsi che risulti un po’ più difficile vincere le elezioni su questa linea, che avremmo definito “montiana” se nel frattempo il senatore Monti non si fosse fatto traviare anche lui dal vizio della promessa facile. In ogni caso, soprattutto per la sinistra, meglio fare le persone serie oggi che farsi odiare dai propri elettori domani.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.