Ora si spiega l’assalto a Napolitano

Adesso capisco meglio. Fin dove potesse arrivare l’antipatia di Antonio Padellaro per Napolitano. Perché la furia ideologica di Travaglio si scatenasse contro il capo dello stato. Come sia stato possibile, per colpire il Quirinale, fidarsi ciecamente delle “rivelazioni” di Ciancimino. Quale sfondo avesse il network tra qualche pm di procura e l’ex pm in politica.

Recupero il filo che dall’adunata di piazza Navona del 2008, col primo assalto di Di Pietro a Napolitano, tiene insieme le scelte folli dell’Italia dei valori, quelle che hanno obbligato il Pd a staccare la spina di un’alleanza che (lo avevamo detto, a Veltroni) non sarebbe mai dovuta nascere. Una staffetta anti-Quirinale che Grillo ha raccolto, mettendoci di suo il linguaggio sprezzante, derisorio, demolitorio col quale solo Travaglio rivaleggia.

A questo volevano arrivare. Alla saldatura elettorale tra Di Pietro e Grillo (teorizzata, auspicata, promossa dal Fatto) che come primo passo politico pretenderebbe di sostituire sul Colle Giorgio Napolitano col personaggio che abbiamo visto messo spalle al muro da una giovane giornalista di Report.

Non che Di Pietro avesse questo obiettivo. Lui volentieri, dopo aver colpito per anni, si sarebbe rifugiato sotto l’ombrello del vincitore: peccato che Bersani lo tenga chiuso. Intanto però l’Idv è stata spolpata dagli scandali. L’ex pm è stato indebolito personalmente. Il suo elettorato eroso elezione dopo elezione. E adesso deve consegnarsi, il fondatore del giustizialismo italiano, a chi è dieci volte più giustizialista di lui. Nemesi fatale.

Nominarlo per la presidenza della repubblica da parte di Grillo è allo stesso tempo una beffa ma anche lo svelamento di un coerente disegno. Tutti costoro vorrebbero uscire dall’epoca di Berlusconi non verso una stabilizzazione del sistema democratico depurato delle sconcezze partitocratiche, bensì verso un regime giacobino intriso di terrore permanente.

Può darsi che la mossa si riveli controproducente (davvero gli elettori fuggiti dal Pdl verso M5S apprezzerebbero Di Pietro presidente?). Ma in ogni caso vanno fermati, vanno battuti. Non arroccandosi in un eterogeneo Cln antigrillino, bensì vincendo la gara all’innovazione, alla riforma della politica. Come continua a chiedere, guarda un po’, il presidente Napolitano: è per questo che hanno tentato di farlo fuori, è per questo che vogliono cancellarne ogni lascito.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.