Le Feste de l’Unità

di Claudio Caprara
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Le Feste de l’Unità si organizzano in Italia da ottant’anni. In questa puntata de L’ombelico di un mondo, Francesco Guccini ci riporta alle feste bolognesi della metà degli anni ’60 e racconta lo stupore dei suoi studenti americani, abituati a un’immagine cupa e minacciosa del comunismo, quando si trovarono davanti militanti sorridenti che offrivano loro coccarde e bicchieri di vino.
Ma le Feste furono molto più di un appuntamento popolare. Furono un’espressione concreta della rinascita nazionale. Dopo il 25 aprile 1945, con la fine della guerra e della dittatura, l’Italia si scoprì attraversata da un desiderio profondo di riconciliazione e da una voglia diffusa di libertà. In quel clima di entusiasmo collettivo, il Partito Comunista Italiano rilanciò l’Unità non solo come quotidiano, ma come simbolo della ricostruzione democratica.
A pochi mesi dalla Liberazione, nel luglio del 1945, l’Unità annunciò la nascita dell’associazione “Amici de l’Unità“, nata per sostenere la diffusione del giornale in un paese che usciva dalla clandestinità e si affacciava alla democrazia. In autunno partì la mobilitazione: le Settimane de l’Unità, cominciate in Veneto e Friuli, si estesero presto all’Emilia-Romagna e alla Lombardia. Era l’inizio di una campagna di promozione e presenza capillare che avrebbe attraversato i decenni.
Proprio in quel clima di ricostruzione e speranza nacquero le prime Feste de l’Unità. In Veneto, fin da subito, si trasformarono in eventi di massa. Restò celebre la parata galleggiante sul Canal Grande, a Venezia, nell’estate del 1946: fu definita “la prima notte luminosa” dopo anni di buio.
Chi lavorava come volontario lo faceva con passione e spirito di emulazione: si voleva superare la festa dell’anno precedente, fare meglio della sezione vicina. Ma non era solo competizione. Era un modo per dimostrare, con i fatti, che quel modo di stare insieme e fare politica era giusto, concreto, efficace.
Le Feste si diffusero in tutta Italia, richiamando ogni anno milioni di persone. Non erano soltanto eventi politici: erano riti collettivi, accanto al cibo c’erano momenti di cultura, teatro, musica, dibattito. Occasioni in cui si rafforzava il legame con il territorio e si costruiva un’idea di Paese più giusta, più partecipata, più solidale.

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