Spiegare “Gli sdraiati” nel 2025
«È un romanzo, per dimensioni addirittura un romanzetto, ma soprattutto per colpa del suo fortunato titolo viene ininterrottamente tirato in ballo, da molti anni, come se fosse un severo saggio sui “giovani d’oggi”»

Facendo le debite proporzioni, sono perseguitato dagli Sdraiati quanto De Gregori da Buonanotte Fiorellino, o se preferite un paragone meno impegnativo, come Al Bano da Felicità. È il famoso prezzo del successo e alla fine uno si rassegna: potete forse immaginare Al Bano che leva dal repertorio Felicità perché non ne può più di cantarla?
Nel mio caso, non facendo concerti, quel libro incombe su di me per interposta citazione. È un romanzo, per dimensioni addirittura un romanzetto, ma soprattutto per colpa del suo fortunato titolo viene ininterrottamente tirato in ballo, da molti anni, come se fosse un severo saggio sui “giovani d’oggi”, e in genere come vero e proprio paradigma del biasimo dei padri nei confronti i figli. Un amico/corrispondente mi segnala che anche Fausto Bertinotti, pochi giorni fa, ha nominato quel libro e il suo autore nel talk show della Sette L’aria che tira: eh, lo vedi che granchi prendono gli intellettuali, dicono che i giovani sono tutti stravaccati sul divano e poi se li ritrovano in piazza.
Avvalendomi della facoltà di rispondere, credo sia interessante dire a voi quello che avrei detto a Bertinotti se fossi stato davanti al televisore (perché sono uno di quelli che parlano al televisore; peggio, sono uno che possiede ancora un televisore, anzi più televisori). Perché la sequenza delle risposte, oltre al mio divertimento di smentire Bertinotti, magari serve a mettere meglio a punto l’argomento “piazze piene” e “marea di ragazzi in corteo”. Cominciamo.
Gli sdraiati è uscito nel novembre del 2013. Sono passati dodici anni. Ammesso (e non concesso) che parlasse dei “giovani d’oggi”, si tratterebbe dei ventenni dell’epoca, oggi più che trentenni. Non la generazione Zeta, dunque. I liceali e gli universitari che oggi popolano le piazze pro Pal quando quel libro venne scritto erano bambini: dunque, con quel libro, c’entrano come i cavoli a merenda. Basti dire, per capire quanta acqua è passata sotto i ponti, che nel libro si deridono i pantaloni a vita bassa, certamente uno degli indumenti più orridi mai visti sul pianeta Terra. Oggi in voga quanto la marsina e il cilindro.
Detto questo. Il singolo ragazzo (silenzioso) e il singolo padre (verbosissimo) protagonisti del romanzo vanno incontro a una specie di “giorno del giudizio” nel quale il figlio, secondo biologia, surclassa il padre, anzi lo sorpassa. Così che il padre, sentendosi finalmente superato, può considerarsi felicemente dispensato dalle sue ansie di genitore. Il figlio lo saluta e scompare all’orizzonte. Per quello che può contare leggere un libro, basterebbe, appunto, leggerlo, per sapere che quel ragazzo, in quella storia del lontano 2013, aveva il passo lungo: e dunque, non era più sdraiato.
E dunque, se anche quel romanzo (non un saggio, non ho mai scritto saggi, non sono un intellettuale, sono uno scrittore) avesse inteso in qualche maniera “giudicare i giovani” – operazione che non compete a un romanzo, un romanzo racconta, non sputa sentenze – il giudizio del padre non era contrario né favorevole: era semplicemente ininfluente, perché travolto dalla forza della vita e della giovinezza, che alla fine procede spedita senza dare troppo retta alle nostre ansie. La vita di chi ha trenta, quaranta, cinquant’anni meno di noi, è una strada lunghissima e a ben vedere, anche in virtù di questa lunghezza, una strada entusiasmante.
Questo per dire (non a Bertinotti, a voi) che le piazze piene di ragazzi non devono stupirci nemmeno un po’: al contrario, mi ha sempre stupito che fino a qui non lo fossero. Per quanto si segnalino tra i ragazzi, con giusta preoccupazione, malesseri psicologici, insicurezze vecchie e nuove, latitanze sociali, ansie da prestazione (per altro in genere imputabili agli adulti: vedi appunto il vecchio libro degli anni Dieci Gli sdraiati), la loro energia è un motore oggettivo. Possiamo al massimo augurare a loro, e a noi stessi, che la usino bene, e dalla nostra postazione di adulti compitare le solite, eterne raccomandazioni: cercate, per favore, di non farvi male. Cercate, potendo e volendo, di pensare bene a quello che dite. Cercate di non dare retta ai fanatici, anche se vi sembrano più affascinanti, e un poco più retta ai saggi, anche se vi sembrano più noiosi. Eccetera. Secondo copione. Poi tanto loro fanno quello che gli pare. Avendone pieno diritto.
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Tre o quattro volte all’anno Ok Boomer! diventa un’assemblea: fanno irruzione almeno un centinaio di mail sullo stesso argomento. Questa volta il tema, dibattutissimo, è Palestina/Ucraina, sollevato da quanto ho scritto qui lunedì scorso, rimandando anche a un vigoroso articolo di Flores d’Arcais molto polemico con i sentimenti anti occidentali che spingono non pochi a detestare Netanyahu, non altrettanto Putin.
È un fiume di parole che io, leggendole tutte ma non potendone pubblicare che una parte, provo a restituirvi in forma abbreviata, prendendomi l’ovvia responsabilità della selezione. Cerco sempre di fare in modo che la selezione sia rappresentativa, grosso modo, di tutte le mail, anche le tante (questa volta tantissime) che non pubblico perché sarebbero troppe. Due brevi premesse: intanto un ringraziamento non formale a voi lettori per il tono sempre civile – anche quando polemico. Non una sola delle vostre mail, mentre la leggevo, mi ha spinto a pensare: ecco il solito fanatico. Essendo il tema infocato, suscitatore di passioni oltre che di ragionamenti, è una constatazione che conforta.
Seconda cosa: volendo tentare una breve sintesi di quanto mi avete scritto, va detto che una maggioranza non schiacciante, ma rilevante, sostiene, con accenti molto simili, che la Palestina riempie le nostre piazze, l’Ucraina no, perché la condizione dei due popoli è palesemente impari. Gli ucraini hanno il supporto, economico e politico, dei governi occidentali (quelli europei soprattutto), i palestinesi, ultimi tra gli ultimi, sono abbandonati a se stessi. Le piazze si sono riempite per supplire al vuoto dei governi, al loro silenzio se non alla loro complicità con Netanyahu.
Ma è folta, e con buoni argomenti, anche la schiera delle lettrici e dei lettori che concordano sostanzialmente con Flores e si fanno la stessa domanda che ponevo lunedì scorso: non sarà che la democrazia, in sé, è un valore ormai dato per scontato, non un ideale “caldo” ma un cascame formale? E che l’Europa, il cui solo vero argomento forte sarebbe, appunto, la democrazia in opposizione all’autocrazia, paga pegno proprio a questo sbiadire della democrazia come ideale politico dal quale tutti gli altri discendono?
E poi, ovviamente, tanti distinguo e tante sfumature differenti. Partiamo. Andremo un po’ lunghi, ma ne vale la pena.
“Da quando è iniziata la guerra di aggressione di Putin, tutto l’Occidente o quasi si è (giustamente) schierato al fianco dell’Ucraina: sostegno economico, sostegno militare, canali rapidi per chi voleva fuggire dalla guerra; per lo Stato aggressore sanzioni, isolamento istituzionale, esclusioni da competizioni sportive, sdegno e condanne mediatiche. Tutto l’opposto nel conflitto tra Israele e Palestina, mi pare: l’Occidente è schierato in blocco con lo Stato aggressore: sostegno economico, sostegno militare, indulgenza mediatica. Dovremmo quindi interrogarci non sulla (inesistente) contraddizione di chi ha manifestato per la Palestina “dimenticandosi” dell’Ucraina, ma sulla contraddizione di chi ha sostenuto l’Ucraina dimenticandosi della Palestina”.
Andrea
“Grazie per avere ricordato l’Ucraina. Senza fare graduatorie di sofferenza, credo che il punto sia proprio quello che tu sollevi: è l’Europa tutta, noi, le nostre istituzioni e la nostra società a essere il bersaglio di Putin. Ho un marito lettone e molti amici e colleghi estoni e lituani. Chiediamo a loro come si sta a pochi passi dall’Orso minaccioso. Mia suocera era scappata dalla Lettonia invasa da Stalin, e non credo proprio che si sentirebbe tranquilla ora, se fosse viva. Gli Ucraini hanno la fortuna di avere un’entità a cui ispirarsi e a cui aspirare – la nostra Europa. I poveri palestinesi fino ad oggi (e vedremo nel futuro), certo non erano ben visti da nessuno degli Stati arabi vicini, che non sono modelli né di libertà e democrazia, né culle dei diritti umani”.
Enrica
“Dopo aver fatto un sondaggio familiare, ci siamo trovati tutti d’accordo nel ritenere che la manifestazione popolare in sostegno di Gaza ci sia stata perché dai governi non era arrivata (o era arrivata in forma insufficiente e scaglionata, con i governi mai compatti) una condanna decisa dell’operato di Israele. Per la Russia di Putin questa condanna c’era stata, e immediata, da parte di quasi tutti i governi occidentali. La stessa cosa non è stata fatta per Israele, che evidentemente ha molti più amici della Russia nel mondo occidentale”.
Cinzia
“Uso le parole di mia figlia con cui abbiamo partecipato alle manifestazioni pro Palestina: le persone non scendono in piazza per l’Ucraina perché, da subito, Europa e America hanno fornito, giustamente, aiuti militari ed economici, solidarietà e accoglienza agli ucraini oltre a tutta l’attenzione mediatica possibile. Comminando immediatamente alla Russia sanzioni economiche, sequestri di beni, esclusione dalle competizioni sportive, ecc. Per la Palestina, Europa e USA non hanno mosso un dito fino a un mese fa, quando hanno cominciato timidamente a parlare di qualche sanzione e qualcuno a riconoscere la Palestina. L’Ucraina è stata da subito oggetto di attenzione e protezione da parte dell’Occidente. Lo stesso Occidente che ha abbandonato la Palestina sostenendo, fino a quando proprio il genocidio dei palestinesi è diventato intollerabile, il criminale di guerra Netanyahu e il suo governo”.
Adelfio Moretti
“Mia figlia, 22enne, mi ha chiesto perché non fossi andato alla manifestazione pro-pal. Perché sono laico, le ho risposto, rassegnato alla inevitabile discussione che ne sarebbe seguita. Non me la sento e non voglio andare a nessuna manifestazione che prenda il plauso di Hamas o dell’Iran. E poi non mi piace l’anti-occidentalismo che si respira a una manifestazione per la pace (?) da noi impropriamente indetta come “sciopero”, soprattutto se le alternative si chiamano Putin, Hamas, Khamenei e simili. Ma mia figlia non ha voluto capire le mie ragioni, anche lei ha parlato di ricchi contro poveri, di occidente coloniale, di America fascista. Ho ripensato ai miei 20 anni e alle mie convinzioni in bianco/nero di allora che oggi considero sbagliate, e mi sono rivisto. In un certo senso è bello questo inaspettato attivismo dei giovani, ma la contestazione, la lotta anti-sistema sarà anche romantica ma non è priva di rischi, soprattutto se si sposa con il radicalismo. Erano giovani anche i fascisti, le guardie rosse, i talebani, e via dicendo. A noi “vecchi” tocca provare a mantenere un minimo equilibrio di giudizio (che in realtà mi pare fuori moda anche tra gli agé) e anche una dose di disincantato pragmatismo. Anche a costo di qualche contestazione”.
Marco
“Anche io sono abbastanza sconvolta su come certe persone tralascino di dare un giudizio critico su Hamas e sul 7 ottobre. E sono altrettanto colpita dal fatto che su Putin certa sinistra sia così di manica larga e per nulla disposta a scendere in piazza contro di lui. La vicenda di Aleksej Naval’nyj, le morti sospette dei nemici di Putin, l’invasione dell’Ucraina senza alcuna motivazione. I bambini ucraini fatti sparire chissà dove e che in molti casi vengono sottoposti a programmi di indottrinamento patriottico e militare, finalizzati a cancellare le loro radici ucraine. Tra i cinque punti che le Nazioni Unite hanno individuato per definire un “genocidio”, c’è anche il trasferimento di fanciulli da un gruppo all’altro”.
Alessandra
“Quando parliamo di democrazia, valori ed Europa come un punto fermo e indiscusso si ha (i giovani e non solo) la sensazione che qualcosa non torni.
E se qualcosa non ci torna, clamorosamente, è perché l’Europa è stata lì a guardare come imbambolata (ma nei fatti complice) il “lavoro” che faceva Natanyahu. Questo bisogna spiegare ai giovani, non solo i principi della democrazia, ma anche chi sono i suoi nemici: che non sono fuori di noi (europei). Poi io all’Ucraina ci penso tutti i giorni, penso ai miei studenti alla scuola “Cittadini del Mondo”, parlo con loro, so cosa stanno facendo i russi. Ma riconosco di avere sentimenti e giudizi diversi sulla Russia e su Israele, su Gaza e su Kiev…”.
Roberto Caielli
“Non si è voluto ricordare quante italiane e italiani all’inizio dell’invasione russa in Ucraina hanno spalancato le porte alla massa di persone in fuga. Mentre non mi risulta un pari attivismo non dico per dare ospitalità alle profughe e profughi palestinesi, ma anche solo per far arrivare in Italia studentesse e studenti universitari che ne avrebbero avuto titolo come vincitori di borse: è stata una battaglia abbastanza solitaria di singole università. Il democratico stato di Israele ha attuato un sistematico bombardamento di qualsiasi struttura civile, preferibilmente ospedali e scuole, e un blocco delle forniture alimentari con modalità di assedio medievale che poco hanno a che fare con il diritto bellico. Modalità che la Russia dispotica non è riuscita a perpetrare, almeno stavolta. Forse è tutto qui, più semplice e più banale. Una chiosa: finalmente sono stati liberati i 20 ostaggi israeliani ancora vivi e contestualmente 2000 detenuti palestinesi. Anche qui vedo una sproporzione che non mi sembra mai abbastanza evidenziata: quanti accidenti sono i palestinesi nelle carceri israeliane? E sono tutti condannati con equi processi? Come è noto, il fermo amministrativo permette all’esercito israeliano di buttare chicchessia in carcere, dall’età di 14 anni (e torniamo a “definisci bambino”), senza nemmeno l’obbligo di notificare i capi di imputazione”.
Giorgia Pollio
“Ti ringrazio per averci segnalato l’articolo di Flores d’Arcais, non lo conoscevo e lo ritengo prezioso nella sua lucida analisi della tragica deriva della sinistra, cui anche io mi ostino (sempre più difficilmente) ad appartenere. Sin dal principio ho sostenuto senza mezzi termini l’Ucraina, essendomi ben chiaro chi fosse l’aggressore, e soprattutto i motivi puramente imperialisti che lo muovevano, scontrandomi quindi in rete con assurdi personaggi che mi invitavano a informarmi, in quanto (come riferito – presumo – dal cugino, sotto forma di schifosa propaganda russa) l’Ucraina era in tutto e per tutto un regime nazista redivivo (guidato però da un ebreo!). Tralasciando troll e agenti infiltrati, quello che mi ha fatto cadere le braccia è stato proprio l’atteggiamento di buona parte della sinistra, che appunto in odio all’Occidente ha accettato di sostenere un autocrate – ormai dittatore – che non esita a definire la democrazia come nemico da abbattere, per tacer d’altro. Se questa è la sinistra, io non mi ci riconosco più e alle prossime elezioni, se l’influenza di forze filorusse sarà evidente, il mio voto per la prima volta non andrà dove va da sempre. Certo non a destra, ma se qualche forza riformista seria si presenterà, avrà il mio sicuro appoggio”.
Marcello Trezza
“Gli Stati Uniti, a ben vedere, hanno più di qualche responsabilità nello scoppio della guerra in Ucraina (sul tema ho trovato molto interessante il saggio ‘Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina’ di Benjamin Abelow). Quindi non mi sembra così sorprendente che alcuni di quelli che sono scesi in piazza per Gaza non sono altrettanto ferventi per l’Ucraina, in quanto tendono a stare in opposizione agli Stati Uniti. Quanto alla democrazia ed alla sua importanza: siamo sicuri che gli Stati Uniti siano una vera e propria democrazia? Può esistere la democrazia senza diritti sociali oppure non è altro che qualcosa di simile al nostro vecchio Stato liberale?”.
Niccolò Terracini
“Vorrei che tanti giovani si sentissero spronati a superare i loro pregiudizi, sia positivi sia negativi, e si spendessero di più nel dare il loro sostegno alle democrazie, perché il disinteresse dei cittadini per questa forma di struttura sociale, che viene data per scontata da chi ha conosciuto solo questa, inevitabilmente la indebolisce, vi immette i semi di qualcos’altro che, una volta sperimentato, non piacerà. Nella mia lontanissima gioventù ho sempre considerato con grande emozione la vita che i sacrifici dei miei genitori, che hanno vissuto una giovinezza di guerra e un dopoguerra di miseria, mi hanno permesso di vivere e godere. Ecco, pensiamoci. Nonostante tutti i difetti, questo potrebbe essere “il migliore dei mondi possibili”. E l’Ucraina ne ha lo stesso nostro diritto e noi dobbiamo manifestare a questo infelice paese tutto il nostro sostegno”.
Lia Righi
“In quelle grandi e belle manifestazioni c’erano anche molte persone meno giovani che, come me, in anni lontani hanno militato nel PCI. E anche molti di loro condannano fortemente Netanyahu, ma non altrettanto fortemente Putin. Ho cercato di capire cosa potesse accomunare l’idea di una società giusta e libera sognata in gioventù con la società dispotica e oligarchica di Putin. Conoscenti e amici non hanno avuto l’onestà intellettuale o il coraggio di prendere atto che il comunismo sovietico è fallito clamorosamente. E siccome l’URSS è stata determinante nella sconfitta del nazismo, non riescono a prendere atto che il comunismo ha prodotto anche Stalin, i Gulag e lo sterminio di qualche milione di contadini affamati. Non riuscendo ad elaborare il lutto, si cerca qualunque pretesto per non recidere quell’antico legame affettivo che, forse, fa sentire ancora giovani”.
Raffaello Battilana
“Quello che non mi convince nel discorso di Flores è il considerare questo atteggiamento una novità che riguarderebbe gli studenti pro-pal. Mi pare che trascuri il ruolo di intellettuali non più giovani nel tramandare un punto di vista radicalmente e, mi sia concesso, superficialmente antioccidentale, maturato in un tempo storico in cui non suscitava particolare scalpore la sproporzione tra le manifestazioni contro la guerra in Vietnam e il silenzio delle piazze sull’invasione sovietica dell’Afghanistan. Afghanistan che, sia detto di passaggio, non scalda più gli animi e non turba la coscienza da quando sono ritornati i Talebani. Allo stesso modo mi pare comprensibile una certa disattenzione nei confronti del regime iraniano degli ayatollah: un movimento come “donna vita libertà” avrebbe tutte le carte in regola per riempire le piazze qui da noi, ma temo che molti siano ancora, come Foucault a suo tempo, infatuati della rivoluzione islamista di Khomeini proprio per il suo carattere antioccidentale. Naturalmente senza mai ricordare che il pensiero critico che invochiamo a gran voce e la libertà di esprimerlo sono parte integrante della cultura occidentale, e che solo la democrazia – come spesso ricorda bene lei – con tutti i suoi difetti può garantire questo e altri diritti”.
Stefano Colmagro
“È a questa Europa, condotta da leader deboli ma pronti a ripescare la retorica bellicista, che i giovani uomini e le giovani donne voltano le spalle. E il fatto che i fratelli e le sorelle ucraini in trincea ci siano andati per difendersi, non cambia il loro sentimento. Che è di orrore per i corpi inceneriti o mutilati, per la ricchezza profusa nella distruzione, per i ‘supremi interessi’ anteposti all’umanità. E l’orrore glielo abbiamo insegnato noi. È il valore principale elaborato e ora accantonato (manco fosse un ‘chiediamo l’impossibile’) dalle generazioni venute al mondo in Occidente dopo il 1945. Più di una volta, davanti all’evidenza della nuova minaccia che viene da est, mi sono sorpreso disponibile ad accettare, sia pure come dura necessità, la logica del riarmo. Mio figlio me l’ha sempre ricacciata indietro con orrore e rabbia. Degli ineccepibili argomenti di Flores lui, e gli altri che si sono mossi per Gaza, non vogliono sentire neppure l’inizio”.
GB
“A sessant’anni tanta acqua è passata sotto i ponti. Oggi sono abbastanza onesta da riconoscere che alcune mie posizioni giovanili fossero alimentate essenzialmente da uno spirito polemico anti-occidentale, spesso in barba a una reale conoscenza della posta in palio e delle ragioni, dei torti e dei pregiudizi delle varie parti in causa. Intendo dire che la me di allora oggi avrebbe gridato ‘Palestine free, from the river to the sea’ senza rendermi conto dell’assoluta coincidenza tra questo slogan e le posizioni, opposte e uguali, dell’ultra destra israeliana che ha preso in ostaggio Israele. Oggi quello slogan, sentito da più parti alla marcia per la Pace Perugia Assisi, dove non ho visto una singola bandiera ucraina, mi fa orrore. Perché purtroppo non è soltanto il frutto del massacro, tremendo, di oltre 60mila palestinesi da parte dell’esercito israeliano, se all’indomani del 7 ottobre 2023 molti miei conoscenti hanno reagito a quella barbarie commentando ‘Israele se l’è cercata’. Guarda caso gli stessi che guardano ancora a Putin come a un ‘compagno’ o che, tanto basta, ne apprezzano semplicemente lo spirito antioccidentale, schifando per reazione la resistenza del popolo ucraino e sposando la peggiore propaganda filorussa. Il tutto rimanendo al caldo delle garanzie che la nostra democrazia, decadente e difettosa quanto si vuole, offre a noi che stiamo in questa parte fortunata di mondo”.
Daniela (Perugia)
“Chissà da che parte sarebbe stato il Comandante Che Guevara e chissà se avrebbe tenuto fede al suo monito ‘Soprattutto siate sempre capaci di sentire, nel più profondo di voi stessi, qualunque ingiustizia compiuta contro chiunque, in qualunque parte del mondo’. A quattordici anni questa frase ha plasmato la mia coscienza, dandole una forma, e a quasi 50 anni di distanza sento che non è ancora venuta meno la capacità di indignarsi di fronte alle ingiustizie e agli orrori. Ho letto Flores e, ovviamente, concordo. Il timore non è tanto, o solo, per la disattenzione selettiva che istiga alla rigorosa distinzione tra buoni e cattivi, ma l’incalzante incapacità di occupare cuore, mente e quant’altro su più fronti contemporaneamente. Multitasking solo a parole, ma poi, nei fatti, incapaci di distribuire l’attenzione, una memoria di lavoro risibile dove ci sta solo una cosa alla volta. Se i media riuscissero a dare uno spazio più decoroso all’informazione che permette di strutturare opinioni e non esaltassero opinioni su cui costruire informazioni, beh magari non cambierebbe nulla, o magari no”.
Federica
“Naturalmente aborro Putin, insieme a Trump è uno di quei potenti squilibrati che hanno preso potere nel mondo (ma cos’è, una congiuntura astrale?). Però proprio per questo bisognava essere più prudenti. Se non sbaglio per esempio ai tempi della Merkel era stato deciso di dare al Donbass uno statuto speciale, tipo Alto Adige in Italia. Non è stato fatto. Non solo: si è cominciato a parlare di fare entrare l’Ucraina nell’Unione europea e nella Nato. Il grande psicotico russo non poteva che sentirsi minacciato. Bisognava forse cercare di convincere l’Ucraina a diventare una nazione neutrale tipo Finlandia. Alla fine invece ci toccherà sperare nell’azione di Trump, è piuttosto desolante”.
Nadia Tadioli
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Ottobre mite, soleggiato di giorno e appena brumoso verso sera. In settimana dovrebbe piovere, qui nel selvaggio Nord-Ovest, e i campi ne saranno contenti. Dovevamo tirare su un po’ di rizomi di iris (il giglio fiorentino) da ripiantare in primavera ma la terra è così dura che il piccolo aratro non riusciva a tagliare le zolle. Riproveremo quando la pioggia avrà ammorbidito il terreno.
La fioritura autunnale delle rose mi prende sempre alla sprovvista, è sontuosa, un secondo maggio in regalo. La rosa bianca davanti alla cucina copre ormai quasi tutta la pergola, si intreccia con la vite americana che arrossa. Amaranto? Vinaccia? Bordò? Magenta? Definire il rosso, anzi i rossi, che sono tantissimi, corretti di rosa, di arancio o di viola, è sempre molto difficile. Con mio suocero, che dipingeva, ci divertivamo ad elencare i rossi, e non si finiva mai. Anche i vini rossi, devo dire, costituivano un elenco molto lungo, e molto gradito.
A proposito di rossi: a Milano, all’Osteria del Treno, abbiamo festeggiato gli 80 anni di Gianni Mura come se fosse ancora con noi. È stato bello, eravamo in parecchi, Mura aveva tanti amici quanti ne meritava. Vinicio Capossela ha cantato una canzone di Gilbert Bécaud, L’absent, che piaceva molto a Gianni: “Qu’elle est lourde à porter l’absence de l’ami/L’ami qui tous les soirs venait à cette table”. Come è pesante da sopportare l’assenza dell’amico/L’amico che ogni sera veniva a questa tavola.
Sabato 25 sarò a Ronco Canavese, in Valle Soana, piccolo comune di montagna ai piedi del Gran Paradiso. Il giovane sindaco mi ha invitato per parlare del progetto “montagna sacra”, che sarebbe il Monveso, una piccola cima da dichiarare inviolabile e da non scalare mai più. Atto simbolico, culturale, per dire che magari qualche piccola porzione di mondo immune da noi altri umani, dai cellulari, dal goretex, dal nostro pur leggero scalpiccìo con le suole morbide che hanno preso il posto degli scarponi cingolati dei tempi andati, avrebbe un significato importante. Credo che l’idea sarebbe piaciuta a Walter Bonatti, che se ne è andato ormai da troppi anni, e di cime ne aveva calcate a centinaia, in Europa, Asia, America del Sud. A Ronco Canavese penserò a lui e a Rossana Podestà, che riposano insieme nel cimitero di Porto Venere, davanti al mare. In quel cimitero c’è una luce che riempie l’anima, e impedisce di essere tristi. In alto i cuori.




