Poi ti volti a guardarli e non li trovi più
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Poi ti volti a guardarli e non li trovi più
Michele Serra
Martedì 12 agosto 2025

Poi ti volti a guardarli e non li trovi più

«Due chiacchiere con un Guardiano della Rivoluzione che abbia poi cambiato idea sulla legittimità del proprio furore, e sia disposto a fare amicizia davanti a un bicchiere di vino, le farei volentieri ancora oggi»

Francesco De Gregori ha di nuovo ricordato le contestazioni che ricevette nella seconda metà degli anni Settanta (Roberto Panucci – Corbis via Getty Images)
Francesco De Gregori ha di nuovo ricordato le contestazioni che ricevette nella seconda metà degli anni Settanta (Roberto Panucci – Corbis via Getty Images)

In una bella intervista a Luca Valtorta per Repubblica, Francesco De Gregori rievoca la violenta contestazione subita al Palalido di Milano ormai mezzo secolo fa, nel 1976, da parte di imprecisati “gruppi dell’autonomia” che lo sequestrarono sul palco e nel suo camerino. Oggi si direbbe “gruppi antagonisti”. Il capo d’accusa, tipico di quel tempo, era di non essere “abbastanza compagno”, e dunque di non devolvere il cachet “agli operai”. Ma pesava su di lui, come aggravante, l’enorme successo di Rimmel, disco “non impegnato” secondo il tribunalino del popolo salito sul palco, e dunque imperdonabile per almeno due ragioni: avere un clamoroso successo popolare e averlo con contenuti “non politici”.
(Viene voglia di evocare, qui, l’interminabile lista dei capolavori “non politici” dell’arte, della musica e della letteratura. Ma è impossibile anche solo abbozzarla, per quanto è lunga). Ma sentiamo De Gregori.

“Per alcuni Rimmel non era un disco abbastanza militante, quasi che lo fossero stati quelli che avevo fatto prima: ma la verità è che ero diventato improvvisamente popolare e questo dava fastidio ai tanti che fino ad allora si erano sentiti una piccola cerchia di intenditori privilegiati e che ora venivano scavalcati. Poi c’era l’idea che avessi cominciato a guadagnare molti soldi e che questo fosse incoerente col mio essere di sinistra. E, se vogliamo essere cattivi, aggiungiamoci anche un po’ di invidia. Oggi mi dà fastidio il fatto che in tanti anni trascorsi non ci sia stata una, fra quel centinaio di persone, che mi abbia cercato per spiegarsi o magari chiedermi scusa. Eppure, non è difficile trovarmi. Mi consolo pensando che le canzoni che cantavo quella sera hanno ancora un senso oggi, mentre le farneticazioni di quelli che mi contestavano sono archeologia.”

Il rapporto tra successo e qualità, da sempre, non è un argomento facile. Semplificando, lo liquiderei così: ci sono notevoli porcherie o stupidaggini che hanno successo; e ci sono eccellenti opere d’arte che hanno successo (e tutte le sfumature di grigio nel mezzo). Allo stesso modo, l’insuccesso cancella cose pessime e a volte uccide in culla cose ottime. Il successo non certifica, da sé solo, qualità, ma neppure la esclude. Non è un titolo di merito in sé, dal punto di vista artistico; ma tantomeno di demerito. Per un artista (uno scrittore, un cantante, un regista) è comunque meglio averlo che non averlo, e non solamente per l’evidente ricaduta economica; ma perché sentirsi in sintonia con molti, se quella sintonia è ottenuta con lavoro e ingegno, è meglio che giocarsela da “genio incompreso”, come amano fare persone di insuccesso alle quali costerebbe troppo cercare nella propria opera le ragioni del problema.

Al netto di questo discorso, che è lungo e difficile soprattutto “a sinistra”, o perlomeno in quel pezzo di sinistra afflitta da una visione moralista e quaresimale delle cose della vita, quello che mi ha colpito, nell’intervista, è il rincrescimento (relativo, e però espresso con chiarezza) per il fatto che non uno dei protagonisti di quel piccolo linciaggio politico abbia mai trovato l’occasione per chiedere scusa, privatamente o pubblicamente, a De Gregori. Dicendo qualcosa tipo: erano tempi così, come molti altri non sono stato capace di ragionare meglio, e in autonomia, su come ci si comporta con le altre persone.

Non si dubita che nei successivi anni Ottanta, che furono di grande e inevitabile lavaggio degli umori peggiori e anche migliori dei Settanta (tutto finì nella stessa lavatrice), molti o alcuni dei contestatori di De Gregori si siano ampiamente riconciliati con “il sistema”. Nel mio piccolissimo mi è capitato di vedere felicemente sistemate nei nuovi e dinamici assetti dell’Italia di Craxi e Berlusconi almeno un paio delle persone che dieci anni prima mi avevano sputato addosso (ero assieme a pochi altri) perché andavo a votare per le elezioni universitarie (ero un revisionista berlingueriano già a vent’anni). Episodio così trascurabile da non richiedere scuse, per carità: ma due chiacchiere con un Guardiano della Rivoluzione che abbia poi cambiato idea sulla legittimità del proprio furore, e sia disposto a fare amicizia davanti a un bicchiere di vino, le farei volentieri ancora oggi.

Va bene che la Rivoluzione non è un pranzo di gala; ma approfittando del fatto che quella non è stata neanche una rivoluzione, forse le buone maniere sarebbe più facile ripristinarle. Tanto tempo è passato. E nel frattempo dovremmo essere, in teoria, tutti più saggi.

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Abbiamo imparato, chi più chi meno, che le stelle cadenti del 10 agosto non sono stelle, non sono cadenti e che il 10 agosto non è il momento migliore per vederle. Lasciatemi dire che sono comunque bellissime. Un agosto di tantissimi anni fa, per vederle, ero sdraiato in un prato di alta montagna. Mia figlia (avrà avuto quattro anni) a un certo punto mi disse: “sento qualcuno che mi tocca”. Mi alzai e vidi una volpe che la annusava. Si allontanò senza fretta. Me la ricordo ancora, soprattutto la coda oscillante mentre sprofondava nel buio dal quale era venuta.

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Tramontato il mito borghese della “villeggiatura”, in crisi anche le vacanze di massa che in agosto svuotavano le città, l’estate è diventata per quasi tutti una serie di frammenti spazio-temporali, un po’ di qua un po’ di là. Il concetto di “vacanza” è molto personalizzato, in fondo più libero. Contano i soldi in meno, ma conta anche la voglia di non uniformarsi a tempi, ritmi, modelli che irreggimentano anche il tempo libero. Vi avevo chiesto di raccontarmi come state consumando le cosiddette vacanze. Impressionante la varietà delle risposte. Non ce ne sono due che fanno la stessa cosa.

“Sono un autista di trasporti eccezionali in pensione da un anno, però i giovani che guidano mezzi pesanti sono più rari delle mosche bianche e così ho continuato a lavorare anche perché guidare e viaggiare mi piace molto da sempre. Ho pure cambiato azienda a febbraio 2025, la cosa che mi dispiace è che questo governo di gente cattiva potrà vantarsi di un nuovo posto di lavoro, senza calcolare il vecchio posto che ho abbandonato. I numeri sono la cosa più manipolabile che esista, anche senza mentire, basta decidere da dove cominciare a contare. Partito alle 7 dalla Romagna, sono arrivato quasi a Bari a metà pomeriggio e quindi mi sono ricavato mezza giornata scarsa di vacanza a Corato di Bari, strade strette, molti locali che aprono tardi e a me viene sonno presto. Ma questo non basta a farmi rimpiangere la vacanza, tantomeno mi farà andare a dormire digiuno. Attendo le aperture alle 20 scarse e intanto scrivo questa mail. Domattina la mia momentanea vacanza sarà finita, ma nel giro di qualche giorno me ne capiterà un’altra da qualche altra parte della nostra meravigliosa Italia, e tanto basta”.
Lidiano Cassani (Ravenna)

“Quest’estate ho deciso di andare a trovare mia figlia che è in Nuova Zelanda per motivi di studio. In questo momento sono a Rotorua, una località nell’Isola del Nord famosa per i suoi geyser. È inverno e l’orologio segna dieci ore in più rispetto all’Italia. Non riesco a prendere sonno per via del fuso orario, così approfitto della veglia forzata per scriverle. La cosa che mi colpisce di più della Nuova Zelanda è il fatto che, quasi ovunque, ci sono più alberi che esseri umani. La natura è così rigogliosa e il silenzio così diffuso che, a volte, sembra di essere stati catapultati su quella che doveva essere la Terra prima che l’essere umano lasciasse la sua indelebile impronta. Qui il rispetto per l’ambiente è una priorità assoluta, al punto che, come ci ha detto in maniera forse provocatoria ma efficace il padre della famiglia che ospita mia figlia in Nuova Zelanda, se tagli un albero rischi più anni di carcere che se importi tonnellate di cocaina. In molti bar in Nuova Zelanda non vendono acqua in bottiglie di plastica, provo a lanciare una proposta: perché, invece di discutere sull’utilità o meno del tappo attaccato alla bottiglietta di plastica, non ci impegniamo tutti a non comprare più acqua in bottiglie di plastica?”
Gaia

“Da anni trascorro le mie vacanze nel levante ligure, prima con i figli ora con i nipoti. Ora, a parte gli stucchevoli luoghi comuni sulla Liguria, mi trovo bene e rispetto a chi insegue ogni anno l’isoletta greca più sperduta o la meta più esotica, ho trovato un equilibrio. Credo di conoscere il tratto di costa da punta Manara al Mesco molto bene: l’ho percorso via sentieri e via mare molte volte e credo non abbia pari in Italia. Almeno per me che considero Punta Rospo, vicino Moneglia, le mie personali Maldive, dove l’acqua con il mare calmo è di un azzurro che mi incanta tutte le volte che mi immergo. Ecco, non so se questo c’entri con la sobrietà epicurea o con la decrescita di Latouche, ma ho trovato un mio personale benessere qui, nel desiderare ciò che ho”.
Mauro Antelli

“Quest’anno da ultra cinquantenne ho deciso, per impulso, per suggestione, per inconscio o incoscienza, di intraprendere il cammino per Santiago de Compostela (una tranche). Un paio di settimane, oltre 300 km. Bellamente “paccato” dall’amico che doveva accompagnarmi (per buone ragioni in verità) parto comunque, da solo. Ieri ho preso i biglietti aerei giusto per scacciare definitivamente ripensamenti dell’ultimo momento. Ripensandoci, nella mia vita le cose sono successe quando mi sono affidato all’istinto. Senza razionalizzare troppo. Senza allenamenti particolari, con dolorini vari che improvvisamente si manifestano ovunque, sperando che il mal di schiena che mi ha afflitto in passato non si ripresenti. Zaino in spalla e via a scarpinare. Ti saprò dire”.
Marco

“Perché la vita si ricrei, credo sia necessario porre in subordine il luogo e il tempo della vacanza rispetto alla capacità di creare “vuoto” mentale e interiore, senza necessariamente scomodare le filosofie orientali o la religione. Pertanto, fortunati coloro che riusciranno, in questa calda estate (scrivo dalla infuocata provincia di Foggia), a fare ecologia “interiore” dovunque e comunque questa operazione avvenga. In questo momento, anche per motivi familiari, penso a coloro che ‘staranno’ durante l’estate in reparti oncologici nutrendo la speranza di dare più tempo al loro corpo con l’aiuto della scienza medica e più forza all’essere, condizionato dalla malattia”.
Maria Rosaria Albanese

“Vorrei andare via da Roma, non importa dove ma lontano da questa città. Il più lontano possibile. Le mie vacanze al momento sono saltate perché qualcuno ha avuto l’abilità di aprirmi la borsa e rubarmi il portafoglio. A poche centinaia di metri da casa. Non ho più nulla, tutti i documenti rubati, le carte, persino il tesserino dell’Ordine dei giornalisti, tutto. Uno choc. È come se mi avessero rubato l’identità. Bloccare le carte, rifarle, scontrarsi con i meccanismi infernali della burocrazia (avevo dovuto aspettare un anno per avere la carta d’identità elettronica e il Comune mi ha informato che non è possibile attivare la procedura d’urgenza, ergo starò un altro anno senza), un incubo. Vorrei solo abbandonare questa città, chiudere gli occhi e risvegliarmi lontano da qui: mare, montagna, lago, campagna, non importa dove ma il più possibile lontano da Roma”.
Adele

“Sono single, mio figlio, 20 anni il primo agosto, quest’anno è andato in vacanza da solo per la prima volta e io ho sparato i fuochi d’artificio: finalmente vacanze come dico io. Sveglia verso le 9:30, tazza di tè e pane tostato con velo di marmellata. Vado a fare un po’ di spesa, decidendo il pranzo lì tra gli scaffali. Torno, leggo un libro lasciato lì per settimane in attesa del tempo necessario per leggerlo come si deve. Preparo il pranzo, me lo gusto con Netflix, rassetto e mezz’oretta di letto. Passeggiatina, altra spesina decidendo cosa cenare sempre tra gli scaffali. Un po’ di computer (c’è sempre qualcosa di bello da fare con un computer acceso), un altro po’ di lettura, una tazza di tè con i miei biscottini preferiti. Preparo la cena, mangio con Netflix, rassetto, altra tazza di tè, magari due, e poi letto fino alle 9:30 del giorno dopo. In quanto a rilassatezza è stata la vacanza più simile a quella dopo la terza media o dopo la quinta superiore che avessi mai fatto. Una vacanza vera, una vacanza-vacanza. Sarà da sfigato ma io di andare in giro (soprattutto in questi periodi di caldo, traffico e orde di vacanzieri) non ho proprio più nessuna voglia”.
Massimiliano

“Mi è piaciuto leggere della sua gita ciclistica a Tarvisio per un concerto, e della bellezza di attraversare frontiere e lingue senza problemi. Sento anch’io come lei che è in queste cose che l’Europa c’è, e sta crescendo un senso basilare e quotidiano di appartenenza connesso a queste semplici, ma importanti conquiste: non cambiare moneta, non avere il passaporto, arrangiarsi fra lingue e dialetti. Come lei, io d’estate riesumo la bicicletta, ma non per scalare picchi e bricchi, non ce la farei, più facilmente per percorrere velocemente stradine e paths di Cambridge dove da diversi decenni trascorro parte dell’estate. Qui ogni anno si ritrovano studiose e studiosi italiani, scholars nel senso proprio: storici, medievisti, linguisti, latinisti, economisti e filosofi come me. È bello sapere che ci sono colleghi e colleghe per i quali l’estate è l’opportunità di “un’accumulazione primitiva” di letture e riflessioni, da condire con passeggiate in bicicletta lungo il Cam e domeniche passate sotto il meleto di Grantchester a leggere l’Observer, sorseggiando il tè. Restituisce l’idea che viviamo il nostro mestiere come passione e non (solo) come dovere, e questa passione ci spinge al dovere di saperne e capirne di più, magari di cose per molti astruse, come il ruolo dei banchi dei pegni nell’invenzione della moneta di carta, o la scoperta dell’importanza della profondità marina per le infrastrutture come il telegrafo. Io studio cose più immediatamente rilevanti, come la giustizia fra le generazioni, e la fiducia sociale e politica, ma proprio per questo più insidiose. L’insidia è di trattarle in modo superficiale, contando sull’aiuto del senso comune e di un discorso pubblico generico. Tutto questo per dire, che sì, sono consapevole di essere fortunata a essere qui in questa meravigliosa e accogliente Library dove tutto ti conduce alla concentrazione”.
Elisabetta Galeotti

“Mi posso considerare una nonna itinerante da ormai cinque anni, da quando è nato mio nipote, a Londra, città dove vive e lavora mia figlia da un decennio.
Le mie vacanze sono, come per molte nonne, dedicate ai nipoti che hanno i genitori che lavorano e non hanno disponibilità di tempo e di soldi per occuparsi dei figli quando le scuole chiudono. Ho sempre il mio trolley pronto per andare a passare il mio tempo in Inghilterra e aiutare mia figlia e occuparmi del bambino, con un po’ di nostalgia della mia casa e delle mie routine (anche a me piace essere più stanziale con l’età che avanza), ma con la gioia di vedere crescere una bella sintonia con mio nipote e il sollievo della madre che sa a chi lo ha affidato.
Pur costretta dalle circostanze, ho finito per amare questa città dove passo le canoniche vacanze, sostituendo il mare o le amate montagne con i bellissimi parchi inglesi e facendo infinite partite di calcio con mio nipote”.
Susanna

“Il 21 giugno il mio compagno austriaco è sceso a prendere me, le gatte e una parte di mobili a Bisceglie, insieme al suo amico Richie che si è offerto di mettere a disposizione il suo furgone. Ore e ore di guida lungo tutta la dorsale Adriatica e su verso Tarvisio, un tratto di strada che ho imparato a conoscere durante questi sette anni di relazione col mio Mario da Baden. Ho scoperto un paradiso interregionale, il Friuli che consegna alla Carnia gli ultimi scampoli di cime dolomitiche, mi sono stupita delle cascatelle lungo i pendii, del profumo del verde e della pace di un mondo che davvero, come dice lei, fa venire i sensi di colpa per quanta bellezza e serenità infonde”.
“Ho deciso di lasciare Ruvo/Bisceglie per stare col mio compagno che ha un bel lavoro (è meccanico specializzato in una ciclofficina) e ho lasciato la mia terrazza a mare nelle mani della mia amica maestra di yoga che la usa per fare le sue lezioni all’imbrunire. Mi considero un’autoesiliata per amore ma c’è ben altro dietro questa scelta coraggiosa e disperata. Siamo stati alla Festa del quartiere di Leesdorf organizzata dai vigili del fuoco, che tra cibo e vino locale raccolgono fondi. In Austria sono ovunque, camion bellissimi, sembrano gigantografie dei modellini dei bimbi! Ed è qui che si nota il senso di comunità. Noi l’abbiamo perso. In questa Baden bei Wien, patrimonio UNESCO per le terme, circondata da vigneti e vicino una Vienna che certi milanesi dovrebbero imitare, spero di essere finalmente quella che finora non mi è stato concesso: libera e più leggera. Ho ripreso ad andare in bici e son pronta, al netto degli acciacchi fisici e dalla stanchezza di un sud che mi ha quasi divorata, a ritrovare un cammino che più si confà al mio essere nordico. Mi verrebbe da creare un blog, “La pugliese nordica””.
Stefania Cantatore

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Solamente due zanzare, ma di buon livello. Il comune di Todi ha affisso il seguente avviso, letto e segnalato da Michela.

SI COMUNICA CHE IL 6/8/25 DALLE ORE 23,30 VERRÀ EFFETTUATA
LA DISINFESTAZIONE ADULTICIDA DEL TERRITORIO COMUNALE

Si intuisce che gli adulti in questione sono zanzare (beniamine di questa rubrica). Ma se qualcuno, passati i vent’anni di età, avesse frainteso e avesse tentato la fuga da Todi entro le 23:30? Perlomeno singolare l’incidente che Giuliana ha trovato descritto su Bresciaoggi.

TRAVOLTO IN AUTO DA UN CERVO
DUE VOLTE IN UNA SETTIMANA

Sarà stato lo stesso cervo, recidivo? E la stessa auto, rassegnata?
Ora mi devo congedare perché è tornato un caldo della malora, e da mezzo invalido lo sopporto peggio di come lo avrei sopportato da integro. Non è un agosto facile, per me, ma conto di prendermi clamorose rivincite in settembre, quando sarò guarito. In alto i cuori, godetevi l’attimo e il luogo, sia che siate al Twiga (peggio per voi) sia su un gommone che caracolla sulle onde del Mediterraneo. Se siete in montagna, meglio ancora, è più facile sentirsi leggeri, freschi e con lo spirito ascensionale. In alto i cuori.
Ah, dimenticavo: i pomodori dell’orto quest’anno sono strepitosi. Direbbe un boomer incallito: “lo stesso sapore che avevano i pomodori quando eravamo giovani”. Per non cadere nella trappola, vi dirò che sono moooooolto più buoni di quelli che mangiavo da ragazzo.