La minaccia del Paradiso
«Se fossi credente, valuterei con odio implacabile chi abusa della religione per ragioni di supremazia razziale o politica»

Cerco di essere mediamente comprensivo nei confronti delle persone con idee diverse dalle mie. Spesso, sorprendendo me stesso, ci riesco. Ma fatico a esserlo con i fanatici in genere, e non lo sono per niente con i fanatici religiosi, categoria di esseri umani di fronte ai quali non riesco a esercitare tolleranza: francamente li detesto, li considero una disgrazia per il genere umano, nemici mortali della ragione, della gentilezza e della convivenza.
Ogni volta che vedo in tivù i coloni israeliani (gli stessi che nella notte tra sabato e domenica hanno menato e derubato quattro volontari stranieri) spiegare che la Cisgiordania appartiene agli ebrei perché così sta scritto nella Bibbia; e in virtù di questa ottusa e antistorica lettura di una collazione di testi della tradizione arcaica ebraica, databile tra i trenta e i venti secoli fa, rubano le terre altrui, commettono violenza, e nel nome dei morti calpestano la vita materiale dei viventi; mi viene da pensare che se c’è una maniera vile di barare, al gioco della vita, è attribuire il proprio arbitrio, la propria violenza, la propria ferocia a Dio, ovvero a una autorità trascendente e come tale indiscutibile. Come dire: io sono solo l’umile esecutore della Sua volontà. È Lui il mandante.
Nella stessa identica risma metto l’imam radicale e il miliziano islamista che considerano impuro, e per questo eliminabile, chiunque non pratichi la loro religione; e il neo-cristiano americano che vuole cancellare Darwin e l’evoluzionismo perché l’intero creato è nato all’istante circa seimila anni fa; e per cui sostenere il contrario (ovvero: quanto appurato dalla scienza) deve essere oggetto di censura. Se fossi credente, valuterei con odio implacabile chi abusa della religione per ragioni di supremazia razziale o politica.
Più di vent’anni fa (nel 2004) scrissi per Repubblica l’articolo che segue. Ve lo ripropongo volentieri, anche in considerazione del fatto che, in vent’anni, la situazione non mi sembra migliorata. Anzi, è probabilmente peggiorata, perché ai fondamentalismi già detti si è aggiunto il nazionalismo russo-ortodosso che serve a Putin come ideologia di guerra.
“In un lungo e affollato dibattito televisivo sulla Passione di Mel Gibson, nel giorno di Pasqua, ho atteso invano che uno, almeno uno dei tanti contendenti rappresentasse anche il mio punto di vista: quello di un non credente. Inutilmente. Ulteriore sintomo che, nell’intreccio infocato della discussione sul mondo, l’invadenza delle fedi e dei fedeli è, in questo momento, travolgente e, se mi è concesso dirlo, opprimente. Non mi
sento previsto, anzi, non sono previsto. Nelle discussioni delle scuole coraniche, se ebrei e cristiani debbano restare al mondo oppure sprofondare, non sono previsto. Alla chiamata alle armi del cristiano rinato Bush (e del cristiano rifatto Berlusconi), Dio è con il Pentagono, non solo non voglio, ma proprio non posso rispondere: non capisco la domanda. Nella nuova (?!) geopolitica etnico-confessionale che cerca di ridividere l’umanità secondo la decrepita antinomia Mori e Cristiani, davvero non compaio. E se una bomba islamista dovesse interrompere il mio distratto transito per le strade della mia città, nessun fanatico barbuto sarebbe autorizzato a iscrivermi nell’elenco dei crociati uccisi, e nessun devoto alla memoria di Lepanto potrebbe iscrivermi tra i martiri della fede: gli farei spedire una querela postuma.
Spiazzati, anzi sfrattati dal rinvigorire furibondo delle fedi religiose, noi senzadio siamo al margine di ogni discorso. Una parentesi vuota, forse perché la nostra indegnità è tale da renderci indegni perfino di essere nemico di qualcuno, forse perché ci danna la nostra vaga eppure sentita religione dell’uguaglianza tra gli umani, che ci costringe a essere, in qualche modo, amici di tutti. E così, quando leggiamo certi proclami che sortiscono dall’Islam più razzista, che annunciano morte alle altre due religioni di Abramo, la tentazione ilare di un sogghigno da imboscato (si sono dimenticati degli atei, forse la scampo!) cede presto il passo allo scoramento. Compaiono (giorni fa, a Napoli) manifesti del Cristo di Gibson guarniti di appelli neocrociati (e neofascisti) che invitano a vendicare armi in pugno il Nazareno. Per contraccolpo da undici settembre, negli Usa spopolano chiese e chiesette di reverendi reazionari, evangelizzatori del mondo in punta di Bibbia e di cannone.
Da Haider a Le Pen al cattolicesimo vandeano della Lega, molti europei rigettano l’idea che siano stati i Lumi e la Rivoluzione francese a darci diritto e libertà, e il revisionismo della destra italiana rivaluta le insorgenze sanfediste e fruga nel brigantaggio per scovarne il valore “popolare” e antiborghese dell’antistatalismo. Con un amico miscredente ci si chiedeva, con allegro malumore, se non siano maturi i tempi per organizzare una guerra santa degli atei. Ma, per la verità, già ebbe luogo, nel comunismo dell’Est, e fu non meno repressiva e catechistica di tutte le offensive confessionali. E finì male, come meritava, perché l’evangelizzazione atea è un ossimoro, e il proselitismo è in sé la proiezione dogmatica di un Principio al quale informare, con le buone o con le cattive, gli altri.
Dunque l’idea di organizzare gli atei ha un che di involontariamente chiesastico, di intruppato ed escludente. E tuttavia, bisognerà pure fare qualcosa, noi che visitiamo con uguale rispetto le cattedrali e le moschee, le sinagoghe e i templi indù. Noi che consideriamo l’accusa di “deicidio” agli ebrei, le feroci faide confessional-condominiali in Gerusalemme, o il revanscismo islamico in Europa, come vischiosi e folli cascami di tragedie arcaiche, morti che ghermiscono i vivi, vecchie ossa che mandano a crepare i ragazzi.
La tolleranza è un pensiero debole, non consente di colmare il vuoto identitario con l’attraente immutabilità delle certezze confessionali, delle tradizioni ispirate dal Cielo, soffiando su braci antichissime che ancora covano sotto la cenere. Soprattutto, la tolleranza non fornisce il conforto di un Nemico da odiare. Ma, santo cielo, sospesi come siamo sul baratro di nuove guerre di religione, bisognerà pure che la mediocre ragionevolezza degli agnostici trovi, e il più presto possibile, una sua voce udibile, una sua forma culturale e fors’anche politica, e reclami il suo posto in questo pandemonio di Verbi confliggenti. Non resta molto tempo, toni e volumi salgono, e non illudiamoci: il rumore delle bombe minaccia di coprire ogni voce tranquilla, ogni espressione di gentilezza. I tempi sono di ferro e sangue, e organizzare i disarmati e i tolleranti di tutti gli angoli del mondo, oltre che la sola via di scampo, è anche la cosa più difficile da fare, quando non si ha un Libro da brandire o un paradiso da promettere”.
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È capitato altre volte che i lettori di Ok Boomer! mi mettessero in minoranza con le loro mail. Niente di male, anzi: questo è uno spazio di racconto e di discussione, e nelle discussioni, per fortuna, non sempre ci si trova d’accordo. Ma questa volta (il caso detto “dei bambini nel bosco”) il dissenso rispetto all’opinione che avevo espresso lunedì scorso, in disaccordo con la sentenza del Tribunale per i minorenni dell’Aquila, è così massiccio per quantità, e corredato di buoni argomenti, che non solo ve ne do atto, come sempre; ma devo ammettere che me ne sento influenzato.
Non che i miei dubbi sull’allontanamento forzato dei tre bambini dalla loro precaria dimora siano scomparsi. Ci sono ancora. Ma le molte decine di lettrici e lettori (sono soprattutto donne, questa volta, le mie confutatrici) che mi hanno scritto mettono l’accento almeno su un punto determinante di questo grande dibattito, che ha appassionato molti italiani. Il punto è il diritto-dovere dello Stato di provvedere, o almeno cercare di farlo, affinché i minori abbiano pari opportunità: a partire dalla scolarizzazione, che è una conquista di civiltà e di democrazia. I figli non sono proprietà dei genitori, che non ne possono disporre al di fuori e al di sopra delle leggi. Sono individui muniti di una propria inviolabilità.
È un argomento forte e mi trova d’accordo: il solo fatto che Salvini pensi il contrario, fino dai tempi dell’orrida campagna sui “bambini rubati” di Bibbiano, basta a sapere da che parte stare. Detto questo, sul concetto di “benessere” e “malessere” dei minori confermo ai miei lettori di non essere sicuro che la precarietà oggettiva della vita neo-rurale comporti dei rischi, soprattutto psicologici, peggiori di quelli che corrono milioni di minori appesi a un video per molte ore al giorno. In migliaia di famiglie “normali” l’abbandono affettivo (e, vizio opposto, l’ansia di controllo) fanno danni tremendi, seppure dissimulati dietro una facciata socialmente “normale”.
Sono sicuramente influenzato, in questo mio giudizio, dal rapporto molto forte che, fin da piccolo, ho avuto con la natura, i boschi e le bestie. Un’attrazione innata che, mi è ben chiaro, ho potuto soddisfare sempre in condizioni di comfort, sicurezza, connessione costante con “la civiltà”. Insomma in condizioni di privilegio. Ma chiedo a lettrici e lettori, prima di dare spazio a una selezione delle loro mail (molto laboriosa e difficile, le mail erano quasi centocinquanta…), di tenere presente anche il pregiudizio opposto: quello che colloca il “modus” corretto di allevare i figli, e in generale di vivere, solo all’interno delle regole di quella che viene chiamata società dei consumi. Solo chi consuma è “normale”, e non farlo è grave indizio di asocialità?
PS – Il fatto che, nelle ultime ore, si sia trovata una soluzione “di compromesso”, con una nuova casa più sicura messa a disposizione da una persona di buona volontà, dimostra che la questione richiedeva, appunto, un compromesso, come tutte le questioni dannatamente complicate e non interpretabili in maniera univoca.
“Sono un’assistente sociale in pensione e mi sento chiamata in causa. Una professione che assume su di sé responsabilità enormi, dovendo gestire la vita degli altri e spesso calzarne i panni (disabili, anziani soli, malati psichiatrici, insomma tutti coloro che sono incapaci di autodeterminazione). Scarsa considerazione, malpagati, senza mezzi e spesso senza coperture istituzionali, in un contesto di welfare ormai ridotto ai minimi termini. In una parola capro espiatorio di tutti i mali e disservizi, dedita a “rubare i bambini”. Bibbiano insegna.
La tua newsletter ha trasmesso una visione molto romantica del bosco (e chi non ne subisce il fascino). Hai completamente omesso la descrizione delle premesse che hanno determinato l’allontanamento dei tre bambini. A seguito di un avvelenamento da funghi hanno rischiato la morte. Tale evento ha determinato una doverosa segnalazione ai servizi competenti e al Tribunale, trattandosi di minori. Il Tribunale per la tutela dei Diritti Dei Minori e della Famiglia faticosamente e tardivamente istituito nel 1983 ha decretato l’allontanamento dopo un anno e oltre di monitoraggio della situazione. I genitori dei bambini durante questo periodo di osservazione hanno disatteso tutte le indicazioni atte a tutelare i diritti dei tre minori.
Credo che si tratti per l’ennesima volta di una situazione biecamente sfruttata a fini elettorali in vista del prossimo referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati. Il potere esecutivo mira a screditare il potere giudiziario e utilizza a tal fine tutti i mezzi a disposizione. Non a caso Salvini è il primo a riempirsi la bocca di considerazioni oscenamente pietistiche “basta coi magistrati e con le/gli assistenti sociali”. Già il fatto che non invochi le ruspe per abbattere la fatiscente casa nel bosco la dice lunga. Forse perché non sono Rom o forse perché sono bianchi?”
Raffaella Ziveri
“Sono nata nel 1954 e vissuta fino ai cinque anni in una casa di campagna, fuori paese, dove solo in cucina c’era il camino per scaldarsi, l’acqua la attingevamo dal pozzo su un fondo agricolo da cui si ricavava di che vivere. Le confesserò che non ho ricordi di un tempo felice. Credo che gli adulti abbiano ogni diritto di vivere come vogliono, ma non sono d’accordo che la loro libertà debba ricadere sui loro figli a cui debbono garantire salute, sicurezza, protezione. Se non avessero dato da mangiare ai loro figli ‘felici’ dei funghi velenosi, provocando il loro ricovero all’ospedale, lo Stato avrebbe continuato a disinteressarsi della loro esistenza. I giudici minorili e le assistenti sociali intervenuti hanno riscontrato evidenze di incuria e fragilità, non è stato un atto improvviso ma il frutto di un’interlocuzione che andava avanti da un anno e che i genitori hanno sempre rifiutato”.
Rosanna Zanasi
“Ho insegnato per vent’anni e per quindici ho diretto Istituzioni scolastiche di vario ordine e grado e suppongo di sapere qualcosa di ragazzini e di preadolescenti. Di più: prima di vincere i concorsi ho lavorato per alcuni anni nei servizi sociali. Nel corso della mia esperienza di lavoro ho imparato che bambini e ragazzi hanno bisogno di alcune cose essenziali: amore, accudimento, istruzione, poche regole chiare. Ma soprattutto hanno bisogno di relazioni. Con tutti: adulti, coetanei, animali (se possibile). Soltanto nel confronto aperto con tutto il campionario vivente di cui si costituisce la realtà i processi di soggettivazione si compiono adeguatamente. Hanno bisogno anche della natura, certo, ma la loro esperienza del quotidiano non può esaurirsi nel fare pipì sotto i pini e nel parlare di storia con mamma e papà. Sarà che aborro le sette quasi più di TikToK e i Talebani ancora più dei preti, ma sono convinta che quello stile di vita non sia adatto a personcine che stanno crescendo”.
GMW Crocenti
“La decisione dei giudici di togliere i bambini alla famiglia che viveva nel bosco va contro due principi fondamentali dell’etica pubblica di una democrazia liberale. Il primo è l’antiperfezionismo, ossia il fatto che non è compito dello Stato rendere migliori i suoi cittadini secondo una qualche idea del bene, e dunque promuovere uno stile di vita rispetto a un altro. La cittadinanza deve essere lasciata libera di seguire la propria concezione della vita buona, certo entro i limiti del principio del danno, cioè finché quello stile di vita non danneggia qualcun altro. Se la mia religione prevede l’omicidio rituale, questo non può essere tollerato.
Il secondo principio è la parità di trattamento di chiunque, il che proibisce l’uso di doppi standard. E nella scelta dei giudici svariati doppi standard sono ravvisabili. Sappiamo che è nella normalità delle famiglie che spesso si nascondono abusi di varia natura, dietro una facciata di convenzionalità che ci appare come familiare. E che dire di tutti gli abbandoni scolastici? E dei figli che stanno tutto il giorno dietro al computer e non socializzano? I giudici tolgono la patria podestà a tutti i genitori i cui figli smettono di frequentare la scuola prima dell’età fissata per legge?
A questo proposito possiamo rifarci al caso degli Amish negli USA che hanno contestato l’obbligatorietà educativa, sostenendo che questa fosse un modo per allontanare i figli dalla comunità e dalle regole religiose. La soluzione è stata trovata in un compromesso: i figli degli Amish hanno un obbligo scolastico ridotto, otto anni anziché i dodici usuali. L’obbligo scolastico è giustificato dal fatto di lasciare ai giovani della comunità la possibilità di exit, di uscita dalla comunità stessa. Quindi il punto è che le famiglie Amish hanno diritto a crescere i loro figli secondo le loro convinzioni, ma debbono lasciare ai ragazzi, una volta cresciuti, la possibilità di lasciare la comunità e entrare nel mondo esterno. Il test della buona educazione, quale che sia la persuasione della famiglia, è che i figli possano cambiare direzione, abbiano le opportunità e le capacità di farlo. Quindi il mio argomento è che non ci sono buone ragioni per togliere i figli alla famiglia eterodossa, anzi mi sembra ci siano buone ragioni per lasciarli ai genitori, ma ci sono buone ragioni per chiedere che vengano fornite ai bambini le competenze scolastiche necessarie per essere in grado un giorno di decidere se rimanere nel bosco o scendere in città. Basta chiedere esami a fine anno come ai privatisti fino al compimento della scuola dell’obbligo”.
Elisabetta Galeotti
“Ci sono tante famiglie che vivono in barca (a vela sopratutto) girando il mondo con i figli al seguito. Mi è capitato di incontrarle personalmente in più occasioni andando a trovare degli amici che hanno fatto questa scelta per un paio di anni, quando i figli erano piccoli, e adesso la stanno ripetendo con la pensione. Famiglie normali con bambini/ragazzini mediamente simpatici e socievoli, scolarizzati dalle famiglie. Tutti convengono che quando i ragazzi diventano adolescenti è meglio fermarsi da qualche parte perché la scuola a quel punto diventa più difficile e la socializzazione con i pari più importante. Si parla di barche a vela. L’acqua normalmente è desalinizzata e l’energia è poca (pannellino solare o eolichetta per non sprecare troppo gasolio). Le dimensioni delle barche a volte sono piccole. I pediatri raggiungibili solo via internet (adesso che c’è la copertura di Starlink). Il tribunale dovrebbe togliere anche tutti questi ragazzini alle proprie famiglie? Sono veramente perplessa dalla decisione che è stata presa per la famiglia nel bosco”.
Annalisa
“Sarebbe bello riuscire a stabilire un vero confine tra la “legalità” e il libero arbitrio. E che questo confine non sia solo legato al libero arbitrio di un assistente sociale o di un magistrato. Se la tua scelta di vita non lede i diritti altrui (non rubi, non occupi, non pesi sulla comunità) dovresti essere libero di seguirla. Nello specifico saranno poi i tre bambini a decidere se quella scelta dei genitori fosse giusta o meno. Intanto ridateglieli”.
Maria
“Mi è sembrato di capire che una soluzione ‘mediana’ i genitori non l’abbiamo accettata. Da qui, il provvedimento del Tribunale. In casi come questi la difficoltà sta proprio nel trovare il giusto equilibrio tra opinioni/posizioni equidistanti.
Credo che solo giungendo ad un compromesso si possa preservare la felicità di quei bambini e la loro vita nel bosco”.
Cristina Iannini
“Lavoro da anni come psichiatra in un servizio pubblico e mi trovo frequentemente a collaborare con i Servizi sociali e con il Tribunale dei minorenni di Milano, nei casi in cui per la tutela minori è richiesto un nostro intervento sui genitori. Mi sento di dire con serenità che dalla lettura di questo caso si intuisce come durante quest’anno il servizio sociale locale abbia richiesto più volte ai genitori di fare degli interventi di minima sicurezza e tutela della salute psichica e fisica dei figli, e che i genitori si sono rifiutati di farlo. E questo rifiuto è proseguito nonostante i genitori sapessero che avrebbero rischiato che il servizio sociale mettesse in atto dei provvedimenti. Non c’è una motivazione che possa giustificare il fatto che dei genitori, pur avendone le possibilità economiche (altrimenti riceverebbero ovviamente dei sussidi), non tutelino la salute dei bambini; questa mancanza di tutela si definisce per il Servizio sociale ‘grave negligenza’”.
Irene Cirillo
“Sono nato nel 1949 in Valdichiana da una famiglia contadina e come tutti gli altri contadini della zona, ad esclusione dei proprietari terrieri, del bottegaio eccetera, vivevamo in una casa che non aveva l’acqua corrente, non aveva elettricità e il gabinetto era fuori. Non posso certo dire di aver avuto un’infanzia infelice. Oggi che ho due bagni, la casa riscaldata e tutto il resto, faccio fatica a considerare positivo un ritorno a quelle situazioni. Nei miei viaggi, anche per volontariato, ho passato parecchio tempo nelle comunità Indie rurali del Chiapas, dove la maggior parte vive in condizioni molto simili a quelle scelte dai tipi in Abruzzo; ma non è una questione di scelta, è una situazione obbligata dalle condizioni sociali. Come per milioni di persone nel mondo, in America Latina, Africa e Asia. E allora mi sembra che idealizzare il ritorno alla vita in quelle condizioni sia un modo per offendere chi invece quelle condizioni deve viverle per forza e, magari, fa di tutto per trovare i modi per uscirne”.
Gian Mario Castellani
“Se la comunità dove viviamo ha istituito la scuola dell’obbligo e delle regole per la tutela dei minori, credo lo abbia fatto anche per evitare che qualcuno intendesse i figli come una loro disponibilità (non sia mai che una famiglia possa decidere che una figlia femmina possa studiare segregata in casa, ad esempio, o che per curare l’appendicite del figlio basti un decotto di erbe in odio alle big-pharma). I ricordi più belli che ho della scuola non sono legati alle cose che ho imparato ma ai miei compagni o a qualche maestra/professore con una personalità forte e stimolante, molto diversa da quella dei miei genitori. Per un bambino frequentare la scuola è importante per socializzare, confrontarsi, acquisire una personalità e solo poi può decidere, consapevolmente, che vivere nella casa nel bosco isolati dalla civiltà è meglio”.
Marco
“Apprezzo il suo lirismo, ma in questo caso, mi scusi, mi fido di più del pragmatismo di operatori (parecchi) che si sono occupati di questo caso, e che se hanno preso una decisione così drastica lo hanno fatto certamente con scrupolo e sacrificio. Sarà perché ci lavoro, con questa materia, e so che nessuno si sogna di prendere a cuor leggero decisioni del genere. Apprezzo, come sempre, il suo modo di argomentare, ma temo che questa volta andrà a corroborare le posizioni becere di chi ha messo alla gogna la giudice e gli operatori tutti (i quali naturalmente non possono dire neppure una parola sul caso, per non violare quintali di codici deontologici, mentre questi signori sono liberi di propalare tutto quel che vogliono)”.
Carlo Riggi
“Sono anestesista. Un anno fa: due giovani ragazzi, dreddoni, pallore vegano, grande supponenza, pianificano un programma di parto che consegnano al reparto di ostetricia. No cardiotocografia, no visite ostetriche durante il travaglio, no ossitocina, no ventosa… un parto naturale bizzarro, in quanto vogliono avvenga in ospedale, ma che stronca ogni patto di fiducia tra loro e gli operatori. Nasce, molto sofferente, una bimba assistita tempestivamente dai neonatologi e curata con ventilazione meccanica, antibiotici endovena e quant’altro per giorni. Quindi dimessa perfettamente ristabilita tra le braccia della giovane coppia. Che culo? No che immensa grandezza dei miei colleghi. E, nell’estremismo, la scintilla di comprensione da parte di questi ragazzi che nel 2025 è meglio partorire in un ospedale. Un mese fa: parto a domicilio. Nasce bene una bimba ma a distanza di poche ore si scatena una crisi emorragica perché non è stata sottoposta alla profilassi con la vitamina k. La bimba muore. Coerenza la chiameremmo, se ci affidassimo agli estremismi. A me invece che è morta tra le mani mi è sembrata una delle cose più prive di significato che mi sia mai capitata”.
Valentina
“Saranno pure persone che hanno scelto la libertà, ma hanno imposto ai loro figli una vita di privazioni e di precarietà sociale, economica, alimentare, educativa e chi più ne ha più ne metta. Le istituzioni dovrebbero impegnarsi a far capire a questi genitori che così non possono far vivere dei minorenni, dovrebbero trovare loro un lavoro e fare in modo che vivano in una casa degna di questo nome. Prima o poi questi bimbi dovranno confrontarsi con un mondo che non è il loro. Prepariamoli in modo corretto. Inseriamoli nella società, che è quella in cui viviamo, che ci piaccia o meno. E se non ci piace lottiamo per cambiarla. Ma il mito del buon selvaggio è morto secoli fa”.
Chiara
“La cosa che mi disturba di più è Salvini che ci dice come e con chi possiamo fare l’amore, che ci dobbiamo sposare, che non possiamo morire, che i nostri diritti dipendono dal colore della nostra pelle, e poi ci viene a dire che è diritto di tutti portare i figli a vivere in un bosco. Andiamoci tutti allora a vivere nei boschi senza lavorare. Alla prima epidemia di colera a causa della nostra cacca sparsa per i sentieri torneremo tutti nei nostri appartamenti. Queste persone possono fare finta di vivere al di fuori della società a pochi passi da ospedali, scuole, strade, negozi e tutto quanto gli può servire, scendendo a valle in caso di emergenza, dove tutti i cretini alienati lavorano e vivono per garantire sicurezza e servizi anche a loro. Lungi da me pensare che viviamo in una società perfetta e ne vedo tutti i difetti e le storture, ma vedo anche il progresso”.
Lucia
“Sull’Appennino tosco-emiliano c’era (ma credo ci sia ancora) una comunità denominata Elfi, che viveva in una zona denominata Terra di Mezzo, Gran Burrone (o qualcosa del genere). Mio figlio (all’epoca 18enne, oggi quasi 40enne) decise che quello era il suo mondo. Inutile dire le ansie e le crisi di noi genitori (perché? in cosa abbiamo sbagliato? come fare a contattare il giovin virgulto? e se accade qualcosa come avere notizie?). La comunità degli Elfi viveva in case o depositi abbandonati, senza corrente elettrica, senza acqua corrente e ca va sans dire senza alcuna diavoleria moderna. Il giovin virgulto fu indotto a ritorno a casa dalla mancanza di una doccia calda”.
MdG
Infine: diversi lettori mi suggeriscono, in tema di “ritorno alla natura”, il film del 2016 Captain Fantastic, con Viggo Mortensen, regia di Matt Ross.
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Bene, l’inverno è arrivato, con il suo regolare carico di oscurità e di freddo. Nei giorni tersi le albe e i tramonti sono impagabili, l’alba (più precisamente l’aurora) di sabato 29 è stata, sui monti dell’Appennino di Piacenza, una vera meraviglia, con variazioni del rosso, dell’arancio e del viola che in pochissimi minuti sono svanite, disciolte nel cielo. Con orgoglio neorurale (anzi, veterorurale perché ormai ho una certa età) vi dico che la Grande Giornata della Sega a Nastro (ce ne sono due all’anno), nel piazzale davanti al fienile, ha fruttato una sessantina di quintali di legna ben tagliata e poi bene impilata, tutta proveniente dal mio bosco e tutta di alberi già secchi o caduti. Per i legalitari: in montagna scaldarsi a legna è lecito, posso comunque assicurare che la mia casa è munita anche di un evolutissimo riscaldamento a pavimento alimentato da una caldaia che farebbe invidia a Elon Musk. Per gli ecologisti: medito di sostituire la caldaia a gas con pompe di calore, un giorno o l’altro lo farò.
Tornando alla legna: quercia, ciliegio, olmo, frassino e robinia sono le specie che compongono la mia ammirevole catasta – forse c’è anche qualche tocco di carpino. Posso riconoscere, uno per uno, la natura di ogni pezzo di legno che aggiungo ai miei fuochi di casa, neanche Geppetto sarebbe capace. Il fuoco, lo sapete tutti, è magico, le braci anche di più. Contengono lo stesso cocktail di rossi delle albe e dei tramonti. In alto i cuori e copritevi, che fa freddo.




