Il re è nudo su Instagram
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Michele Serra
Martedì 29 aprile 2025

Il re è nudo su Instagram

«Non c’è giorno e non c’è evento anche trascurabile che non meritino qualche frasetta e nei casi più sciagurati qualche cuoricino o uno di quegli emoticon che farebbero sembrare puerile anche Mosè, o Tamerlano, o Leonardo da Vinci»

(Dan Kitwood/Getty Images)
(Dan Kitwood/Getty Images)

Il Tg1 di sabato sera dice che a Roma, per i funerali del papa, c’erano, quasi al completo, “i grandi della Terra”. È una di quelle espressioni giornalistiche consolidate, “già fatte”, che si dicono e si ascoltano, in genere, senza farci troppo caso. Vuol dire i re, i presidenti, i capi di governo. I grandi della Terra, quelli che decidono, che reggono le sorti della storia.
Questa volta però – forse perché pochi secondi prima era stato inquadrato Milei: niente di personale, ma fatico a concedergli qualsiasi forma di grandezza – l’espressione non passa via liscia. Nella mia testa produce un intoppo. Suona per quello che è, una forma retorica pigramente ripetuta; ma anche per quello che non riesce più a essere: un’attribuzione di autorevolezza, di prestigio, di regalità che si fatica a concedere agli attuali reggenti del potere mondiale (almeno nella media. Ci sarà pure qualche staterello guidato da persona specchiata, geniale e con un prodigioso intuito per il futuro. Segnalatelo, per cortesia, sarebbe di grande conforto).

Al solito, vale il dubbio del boomer: non sarà che questi qui, genericamente intesi e fatte le debite eccezioni, non sono poi così peggiori di quelli che li hanno preceduti, e a me sembrano tali solo perché più si avanza con gli anni più si tende a idealizzare il passato? Poi penso a Trump, a Milei, a come parlano, al loro circondario familiare e amicale (detto “staff di governo” nell’esagerata speranza che lo sia), ai loro modi grevi; al modesto profilo della gerenza europea di von der Leyen, alla sua freddezza contabile e alla sua inconsistenza ideale; alla Germania dopo Merkel, al Regno Unito dopo Brexit; e prende forma il contro-dubbio. No, non sono io che ragiono da anziano che ha perduto sintonia con i tempi. È un dato oggettivo: nella crisi generalizzata delle classi dirigenti, la politica non solo non sfugge alla regola, ma incarna ai massimi livelli la minima autorevolezza.

Sul tema – crisi della rappresentanza, caduta del concetto di autorità e catastrofi apparentate – sono state scritte intere biblioteche, e qualche miliardo di articoli. E dunque non pretendo di promuovere ad analisi attendibile la mia sensazione che “grandi della Terra” non vada più detto, e sarebbe meglio ricorrere a definizioni più sobrie. Voglio però introdurre, nell’infinita discussione, un elemento forse non così subordinato, e tanto meno futile. Tra un “grande” del passato (diciamo: fino agli anni Ottanta del Novecento) e un “grande” in carica c’è una differenza macroscopica, strutturale per chi fa il mestiere della politica: l’esposizione mediatica.

Difficile quantificare la differenza: uno a dieci? Uno a cento? Uno a mille? Pensate alla frequenza con la quale parlavano in pubblico, o al pubblico, un de Gaulle, un De Gasperi, un Kennedy; a quando l’intervista di un leader o un suo discorso in parlamento erano momenti rari e dunque solenni della vita politica; a quando nessun papa parlava con nessun giornalista; a quando (era il 1986) il segretario del Pci Alessandro Natta accettò di andare in tivù a parlare del più e del meno con Raffaella Carrà (che comunque al cospetto di qualche conduttore odierno sembrava Madame de Staël) facendo indignare mezzo partito; a quando le parole del potere erano controllate, limate, quasi sempre protocollari e spesso eufemistiche e autocensurate.

E adesso pensate alla nube immensa che la parola pubblica, per via dei social, è diventata, in aggiunta alla moltiplicazione mediatica “classica” delle immagini e delle parole. Non c’è giorno e non c’è evento anche trascurabile che non meritino qualche frasetta e nei casi più sciagurati qualche cuoricino o uno di quegli emoticon che farebbero sembrare puerile anche Mosè, o Tamerlano, o Leonardo da Vinci. Pensate alla costante presenza delle telecamere e dei microfoni che lastricano, come un pavé sdrucciolevole, ogni singolo passo, anche il più insignificante, il più scontato, dei politici e della politica.
Beh: come conservare prestigio e autorevolezza nell’inflazione irrimediabile delle parole e delle immagini? Nella quantità incontrollata la qualità, anche quando c’è, si perde, diluita come una goccia in un lago. E il legittimo sospetto (che tutto sommato va a scagionare, almeno in parte, i “grandi” odierni) è che se sottoposti a uguale pressione mediatica anche i “grandi” del tempo che fu sarebbero sembrati dei cialtroni, o delle personcine litigiose, o degli incompetenti.

Per esempio. Trump ha appena scritto una clamorosa fesseria, forse la millesima, a proposito del mancato ingaggio di un giovane quarterback di football americano. Siccome il ragazzo è figlio di un campione, l’idea di Trump è che “i suoi geni sono eccezionali”, dunque non può che essere un campione anche lui, dunque i club che non lo assumono sono gestiti da “stupidi”. Sarebbe come dire che il figlio di Maradona non può che essere un campione come il padre, sulla base di una ereditarietà del talento che, purtroppo per i figli di Maradona e consimili, semplicemente non esiste.

Beh, magari se de Gaulle, da buon francese, fosse stato tifoso di rugby e avesse avuto a disposizione i social, avrebbe cliccato una identica cretinaggine a proposito del figlio di un mediano di mischia: “Lo voglio in Nazionale! Non può che essere bravo come il padre!”. Guadagnandosi in breve la stessa fama di impiccione incompetente che rende così desolante la scena pubblica odierna. Se il vaglio mediatico di un tempo, rigorosissimo, fosse stato lo stesso colabrodo dei giorni nostri, magari anche fior di statisti sarebbero apparsi nella loro nuda inconsistenza. Segno che, tra tanti aspetti mortificanti, la rivoluzione mediatica del Terzo millennio potrebbe avere almeno il merito di avere inverato la speranza millenaria di rivoluzionari e anarchici: il re è nudo! Resta da dire che anche rivoluzionari e anarchici, al vecchio boomer, non sembrano più quelli di una volta. E si ricomincia daccapo…

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Ormai i tre quarti, anzi forse i quattro quinti dei protagonisti del gossip nazionale e internazionale non ho idea di chi siano. Questo potrebbe far supporre che io detesti il gossip perché non so di chi si stia parlando – come è noto il pettegolezzo ha un senso, e un sapore, solo se conosci i protagonisti. Ma no, scopro con un certo orgoglio che non sopportavo il gossip nemmeno quando il panorama dei famosi e dei vicefamosi mi era molto più familiare. Questa Satira preventiva (dall’Espresso) è del 2008. Mi fa ridere ancora adesso e spero lo stesso di voi.

“Un richiamo ufficiale dell’Ordine dei giornalisti mi segnala che questa rubrica, insieme a quella di esegesi biblica che monsignor Ravasi scrive per l’Avvenire, è l’unica, nel panorama nazionale, che non ha mai dedicato al gossip neanche una riga, e mi invita energicamente a rimettermi in regola. ‘Almeno la notizia di una trombata tra attori di telefilm – mi scrivono i probiviri – la aiuterebbe a recuperare credibilità tra i lettori’. In osservanza alla deontologia professionale, mi adeguo.
Ursula Safiris – La splendida ventunenne rivelatasi nella serie televisiva ‘Idraulici a Santa Monica’, dopo avere lasciato Kim Valloretta per mettersi con Oreste Huntington, ha lasciato anche Huntington per amore di Saro Packula, e quest’ultimo per il ‘bello’ della serie ‘Odontotecnici a Malibù’, Vince Steppen. Ma ultimamente è stata spesso vista uscire con Horace, il cavallo protagonista della fortunata serie di film per bambini ‘Un baio tutto matto’, giunta ormai alla sua settima stagione. La relazione tra i due desta qualche preoccupazione per le possibili reazioni del pubblico. ‘Horace è un idolo dei bambini – spiega il suo agente – e la sua relazione con Ursula potrebbe incrinare la sua reputazione’.
Firmina e Hortencio – L’aspirante soubrette italo-macedone diventata famosa per il suo pianto ininterrotto da Maria De Filippi, durato 15 puntate, ha restituito l’anello di fidanzamento a Hortencio, il ballerino di tip-tap lanciato da Paolo Limiti. I due si sono duramente affrontati nel talk-show di Massimo Giletti, ma si sono riconciliati da Antonella Clerici. Per decidere quando potranno sposarsi devono aspettare che il Tar del Lazio si pronunci definitivamente sul Consiglio di amministrazione della Rai: solo con lo sblocco delle nomine si potranno varare i nuovi palinsesti, e Firmina e Hortencio sapranno su quale rete, e in quale orario, potranno coronare il loro sogno d’amore
Pamela Anderson – Per festeggiare la sua ultima plastica (si è rifatta i calcagni e ha ulteriormente rafforzato il seno con un’iniezione di calcestruzzo), la super-vamp ha deciso di posare per l’eccentrico fotografo delle dive, Harold Laposada. ‘Nessuno ama le donne come le amo io’ è il motto di Laposada, che in vestaglia rosa, amorevolmente assistito dal suo inseparabile aiutante, ha impiegato una settimana solo per allestire il set: una enorme conchiglia fucsia, ricolma di frutta tropicale, piume di struzzo e palline di caviale, dalla quale la Anderson farà emergere contemporaneamente solo i seni e i glutei, grazie a una torsione molto dolorosa della spina dorsale. Le associazioni dei camionisti americani, con un comunicato ufficiale, hanno definito ‘volgare perfino per noi’ la serie fotografica.
Spiro Agnelli – L’ultimogenito di Gnappo Agnelli e Samaritana Elkan, a soli 16 anni, è già un piccolo re dello smart-set. Per adesso si tratta solo dello smart-set di Vercelli, città dove il giovane Spiro frequenta, con scadenti risultati, l’istituto geometri, fidanzato con la compagna di banco Cinzia Ribaudo. Ma in breve Spiro conta di raggiungere il diploma e andare a perfezionarsi all’istituto geometri di Manhattan.
Lametta Spark – La top model del momento ha fatto perdere la testa all’emiro Hassan Hussein (73 anni) durante l’ultima sfilata di Dolce e Gabbana, che hanno abbandonato il lattice e le borchie per la nuova linea ricavata da pneumatici antineve. Il principe l’ha conquistata puntando sulle sue celebrate doti di grande seduttore: mentre la Spark le sfilava davanti, le ha lanciato manciate di banconote da cinquecento euro, pietre preziose, libretti degli assegni, bistecche alla fiorentina, cuccioli di levriero, planimetrie di appartamenti a Parigi, televisori al plasma e poltrone Frau.
Athina Onassis – Un romantico viaggio a Parigi. Lo ha regalato ad Athina Onassis, 22 anni, il marito Alvaro Alfonso De Miranda Neto, 34 anni, per festeggiare due anni di matrimonio. Lei lo ha subito ringraziato con un purosangue di nome Picolien Zeldenrust. Lo ha pagato un milione e 700 mila euro (questa l’ho trascritta, pari pari, dall’ultimo numero di ‘Vanity Fair’. Per finire in bellezza)”.

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Complici le feste, che ci impigriscono, è arrivata solo una Zanzara, dal Corriere della Sera, mandata da Giancarlo che manifesta il timore che “l’espansionismo russo ormai non abbia limiti”.

RUSSIA: CONQUISTATO UN VILLAGGIO NEL SUD-EST ASIATICO

Per fortuna il sommario chiarisce che il villaggio di Bogdanivka si trova nell’Ucraina sudorientale. Fiuuu, c’eravamo spaventati.

Tempo matto, molto cangiante, molto primaverile. Ma il 25 aprile c’era un grande cielo azzurro, e un sole generoso. Come riesco a fare quasi tutti gli anni, ho preso la Vespa e sono andato a portare una rosa bianca a Luchino Dal Verme, comandante partigiano, nel piccolo cimitero di Torre degli Alberi, sui monti del Pavese. Luchino, monarchico, militare di carriera, combatté alla testa di una Brigata Garibaldi: centoventi comunisti guidati dal signor conte (quando si dice: un radical chic). Dopo la Liberazione rifiutò un posto in parlamento e si mise ad allevare galline con metodo biologico, allora pura avanguardia. (Anche questo, molto radical chic). La sua tomba, come quella di tutti i Dal Verme, che furono secoli or sono padroni di mezzo Oltrepò, fino a Bobbio, è un semplice loculo. Radical chic, a volte, è sinonimo di signori.
A terra c’era una corona di fiori dell’Anpi, deposta poco prima. Nel cimitero non c’era nessuno, solo fringuelli, fiori e silenzio (compatibilmente con i fringuelli). Il verde acerbo dei monti, tornando a casa, era quasi acido, abbagliante. Ancora un paio di settimane e diventerà il verde maturo che introduce l’estate.
Come se non bastasse la folla litigiosa di uccelletti stanziali, è arrivato un gruppo di storni che fanno un gran casino sul tetto, specie quando camminano nelle grondaie. L’upupa fa il verso dell’upupa e il cuculo il verso del cuculo, dunque tutto è a norma, almeno qui attorno. Il gheppio è al suo posto, fermo nel cielo come un elicottero, che scruta i prati in cerca di topi e lucertole. In alto i cuori.