È andato tutto bene
«Ho sempre pensato che tra le ragioni delle violenze di piazza ci sia anche una quota, non piccola, di agonismo: ovvero che alcune persone – nella quasi totalità maschi – amino e cerchino lo scontro perché lo considerano un’occasione di cimento sportivo, di prestanza fisica»

“Speriamo che vada tutto bene”. Non c’è persona interessata alla manifestazione romana per Gaza, nei giorni della vigilia, che non lo dicesse. Che non lo pensasse. Speriamo che vada tutto bene. Traduzione: speriamo che qualche fanatico, qualche idiota, non bruci bandiere, non attacchi briga con la polizia, non cerchi di piegare la piazza alle sue mire, non riesca a trasformare una grande occasione politica in una piccola occasione di odio. Non guasti la festa. Lo temevano (lo temevamo) in tanti, tutti quelli che speravano in quella piazza come un momento di unità, di ascolto, di umanità. Lo speravano in tanti, tutti quelli che vedevano quella piazza come il fumo negli occhi, e si auguravano che la giornata naufragasse tra i lacrimogeni e le recriminazioni così da poter dire: avete visto? Noi lo avevamo detto.
È andato tutto bene, lo sappiamo. Così bene da fare sorgere il dubbio che la preoccupazione fosse eccessiva. Ovvero: che la piazza sottovalutasse se stessa, e sopravvalutasse i suoi nemici.
Il problema del fanatismo politico, dell’estremismo che cerca di salire in arcione a una piazza non sua per sembrare più grande, più importante di quello che è, sequestrando il palcoscenico, è antico. E si ripropone in forme quasi sempre uguali: una buona causa, e una causa di tanti, viene sequestrata e guastata da pochi. È una specie di scippo ai danni di una moltitudine da parte di una minoranza. Una setta di prepotenti che non ha altro obiettivo, a ben vedere, che non sia la propria celebrazione: ho sempre pensato che l’estremismo sia la forma politica del narcisismo, all’estremista non solo non importa un fico di essere in tanti, e magari di diventare maggioranza. Al contrario, se all’estremista, per un’occorrenza imprevista della storia, toccasse in sorte di diventare maggioritario, in mezzo a tanti, uguale a tanti, non ne sarebbe per niente contento. A lui piace essere pochi contro tutti, è la sua ragione sociale, il suo sostegno psicologico. L’estremista, a ben vedere, è uno snob.
Ho memoria di infiniti primi maggio e venticinque aprile novecenteschi nei quali i centomila avevano per principale preoccupazione i mille che cercavano di infilarsi nel corteo (a volte: di prendere la testa del corteo) nella speranza di provocare disordini. Ho sempre pensato che tra le ragioni delle violenze di piazza ci sia anche una quota, non piccola, di agonismo: ovvero che alcune persone – nella quasi totalità maschi – amino e cerchino lo scontro perché lo considerano un’occasione di cimento sportivo, di prestanza fisica. La piazza, la strada, sono la loro palestra, e non tornano a casa contenti se il raduno, da politico che era, non è diventato muscolare.
Però non datemi troppo retta, quando parlo male degli estremisti. Riconosco che la mia invincibile antipatia per i brucia-bandiere, per chi strilla fino a sputare le tonsille, non ha solo motivazioni politiche. C’è anche qualcosa di caratteriale, di antropologico e di psicologico, nel mio detestarli. È uno degli argomenti che sottoporrei a un mio eventuale psicoanalista, non fosse oramai troppo tardi per imboccare, alla mia età, il sentiero lungo e avventuroso dell’analisi: odio i fanatici perfino più di quanto i fanatici possano odiare quelli come me.
Ma in questo caso (e in non pochi casi precedenti), cioè nel caso della manifestazione romana del 7 di giugno, è successo che la moltitudine fosse così visibilmente forte, e compatta, e le sue ragioni così chiare, da rendere molto difficile la vampirizzazione della piazza da parte degli esaltati. È stato un bel sabato.
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La mia domanda della settimana scorsa, “perché molti poveri votano per i ricchi?” (Donald Trump è il caso dei casi), ha spinto molte decine di lettori a dire la loro. Che siate “ceto medio riflessivo” o più semplicemente gente che si sente parte di una comunità, e molto coinvolta nelle sue sorti, non c’è dubbio che la politica occupi un posto rilevante nei vostri pensieri: come nei miei, del resto.
Come sempre ho dovuto selezionare molto e ridurre a dimensioni maneggevoli le vostre parole. Mi scuso per i tagli drastici.
Almeno due temi dominano sugli altri: uno è il diffuso allarme per il basso livello di informazione, o se preferite l’alto livello di disinformazione, e per la percezione distorta della realtà, specie nei ceti meno istruiti; l’altro è la frustrazione sociale e il sentimento di esclusione e di pericolo, non importa quanto “reali”, che la globalizzazione ha indotto in larghissime masse di occidentali, con scarsa capacità di risposta da parte delle “sinistre” di ogni latitudine. E poi tutte le varianti del caso. Chi non ama le lenzuolate di mail è dispensato e può passare oltre: mi rendo conto che le mail, questa settimana, sono tante. Chi invece ama il dibattito (“il dibattito sì!”) ha pane per i suoi denti. La parola all’assemblea.
“Il mistero dei poveri che votano per i ricchi (come se i dinosauri avessero invocato l’asteroide) ha diverse motivazioni. Sicuramente influisce molto l’ignoranza. Del resto nel Ventennio molti ebrei erano convintamente fascisti (basta leggere Bassani, o ricordare che il podestà di Ferrara era ebreo), ignoravano la portata e le conseguenze dell’ideologia per cui simpatizzavano. Ma c’è anche una componente psicologica, che fa leva sul concetto del “rosicare” (categoria, non a caso, molto citata da questi soggetti). Nei momenti di crisi e di compressione dei salari, dei diritti, degli spazi vitali, la destra individua e addita alla pubblica esecrazione il capro espiatorio degli ‘ultimi’. Tu sei un ‘penultimo’ e non riesci a procurarti un alloggio come fecero i tuoi genitori? Non è mica perché hai un lavoro precario e non ti pagano abbastanza, no: è perché ci sarebbero alloggi popolari che vengono occupati abusivamente da zingari e feccia varia (e la giustizia che fa??). Per fortuna che c’è la destra, che dà corpo alla tua voglia di manganello, manette e giustizia sommaria e ti promette la soddisfazione di deportare a favore di telecamere qualche manipolo di disperati. Tipo la magra e subdola soddisfazione di noi milanisti, che dopo la peggiore stagione degli ultimi anni abbiamo potuto almeno gioire per la vittoria del PSG. I tedeschi la chiamano Schadenfreude, la gioia dei rosiconi”.
Alessandro
“Non c’è nemmeno l’ombra remota di una ‘ideologia’ dietro al fatto che i poveri votano l’estrema destra, c’è solo, esclusivamente, integralmente, ineluttabilmente la manipolazione dei social. Ci facciamo un gravissimo torto ad andare a cercare cause ‘alte’, quando in realtà dietro a questo disastro epocale c’è solo un fiume di soldi neri spesi per comprarsi, modellarsi, storpiare tutti i social media esistenti per farne potentissimi strumenti di deformazione delle menti, semplici e non.”
Marco
“Vota la destra populista chi ha paura, chi vuole l’uomo forte, chi non si preoccupa di mettere tutto il potere in mano ai ricchissimi del pianeta, ‘perché tanto è sempre stato così’. Ma vota la destra populista anche: chi fa fatica a sbarcare il lunario ma teme principalmente i nuovi poveri perché potrebbero portargli via il poco che ha; chi vede che troppe volte il welfare porta aiuto a chi non ne ha bisogno (furbi approfittatori, nullatenenti fasulli, ecc.) e lui rimane fuori da tutti i sostegni economici; chi ha visto i politici di sinistra predicare bene ma razzolare male (arroganti, poco trasparenti, saccenti e comunque troppo spesso con comportamenti non esemplari – gli altri anche peggio, certo, ma da loro non ci si aspetta niente); chi ammira i grandi furbi giustificando così i propri comportamenti da piccolo furbetto; chi vede minacciato il proprio ruolo da modelli troppo diversi dalla propria cultura (il ruolo del maschio o la concezione della famiglia). In sintesi chi ha paura, non vede un futuro possibile e non vede neanche il benessere e la libertà di cui gode, perché li dà per scontati.
La sinistra ha un grosso handicap di base, non si basa sulla paura ma sulla speranza, sulla fiducia, su una visione positiva delle persone e del futuro.
Tutte cose destinate a portare delusioni, perché non tutto si realizzerà, non tutto andrà bene e purtroppo, scemando la spinta ideale, tutti ricordano le delusioni e non le conquiste ottenute. Che potrebbe fare la sinistra? Scendere dal piedistallo e cercare veramente di capire perché avanza la destra populista. Dovrebbe comportarsi con sobrietà e allegria, difendere la legalità e i diritti dei cittadini comuni, non dare spazio ai furbetti, fare leggi importanti, non rincorrere il momento e non dimenticare che c’è un futuro”.
Gigliola Mariani
“Quello che propone la destra è l’uomo forte che sa il fatto suo: ‘voi fate il vostro lavoro ed io faccio il mio’ (lo diceva anche Berlusconi), ‘della politica mi occupo io’ e ‘con me il paese sarà di nuovo grande’ (MAGA). Più che rappresentanza questa è una cessione dei diritti, e se questo è quello che la destra chiede in ogni dove, a me sembra proprio quello che milioni di elettori ineducati nel mondo non vedono l’ora di fare perché la politica è una grande scocciatura, e ‘meno male che c’è Lui che se ne occupa’. Indipendentemente dalla cultura reazionaria, il protagonismo funziona sempre, diventa un incitamento alla delega totale e più il candidato si propone senza un programma, ma in sostituzione di questo, più riesce ad avvicinarsi alle masse e ottenere il loro voto. Questo fenomeno credo sia il cuore del populismo (vedi anche Argentina, Brasile, Venezuela, etc. ) e purtroppo, come contrastare questo disinteresse è un problema al quale la ‘sinistra’ non è riuscita ancora a proporre una soluzione”.
Mauro Saveri
“Leggendo l’ultimo Ok Boomer! non ho potuto non pensare a una delle ultime interviste di Globo alla filosofa Lea Ypi (‘Annullare i confini’ è il titolo della puntata). Una frase che mi è rimasta impressa: ‘Uno dei compiti della politica è quello di sostituire un nemico con un altro nemico’. Secondo Ypi, finché ‘la sinistra’ non sarà in grado di far capire agli operai delle fabbriche di Detroit o ai contadini dell’Arizona o dell’Iowa che hanno molto più in comune con il loro collega di origini messicane che con Trump, Musk o Jeff Bezos, perché il loro nemico non è lo straniero che ‘gli ruba il lavoro’, ma il Capitale e il sistema neoliberista che li condanna a uno stato di crisi perenne, non sarà in grado di vincere la battaglia culturale in corso. Ypi azzarda anche una possibile risposta sul perché ‘la sinistra’ non sia abbastanza netta su questo punto: per una collusione ormai irrimediabile con il capitale e con lo stesso sistema che dovrebbe condannare (ce li ricordiamo Zuckerberg e compagnia da che parte stavano quattro o otto anni fa, no?)”.
Giuseppe, 29 anni
“La globalizzazione ha portato a due conseguenze epocali: produzioni di massa delocalizzate in paesi a basso costo del lavoro e movimenti migratori senza precedenti. Ciò ha comportato soprattutto in Italia uno smantellamento progressivo del tessuto industriale, con una diminuzione drastica della massa lavoratrice, ‘materia prima’ delle lotte della sinistra, e l’identificazione dello straniero come fonte di tutti i mali. Ed ecco che la xenofobia diventa terreno comune sia dei poveri (e nuovi poveri) degli Stati Uniti che di quelli europei. E il vecchio giochetto, ampiamente usato dalle dittature in tutte le epoche, di identificare un capro espiatorio, ha gioco facile. Le destre usano un linguaggio semplice e diretto, le sinistre parlano di temi ‘alti’ che vengono sempre meno accolti. L’ignoranza fa il resto (e la lotta di Trump alle strutture educative la dice lunga). Ed ecco che il povero si rivolge al ricco, sperando che possa risolvere problemi complessi in modo semplice e veloce, perché ‘tanto lui (o lei) è abituato/a a fare i fatti, mica come la sinistra che fa solo chiacchiere”.
Andrea Natalini
“I poveri che votano per i ricchi non sono gli ultimi della società, sono i penultimi. Quel poco che hanno è grazie alla sinistra, il cui scopo, appunto, è aiutare gli ultimi: l’hanno votata per anni e adesso che hanno avuto qualcosa hanno paura di quelli più sotto di loro (che non votano o non possono votare), e pestano le dita ai disperati che si aggrappano alle loro barchette. Votano la destra che agita lo spettro degli immigrati e dell’insicurezza. Il peggior nemico degli ultimi sono i penultimi, non i ricchi. I ricchi di sinistra dei poveri si preoccupano, i ricchi di destra se ne fregano”.
Giovanni
“È la stessa politica a essere conscia della propria impotenza a fronte dello strapotere dell’economia, della struttura marxianamente intesa. Così la sinistra – qualsiasi cosa voglia dire – parla d’altro, s’intesta le battaglie civili intercettando i favori di fette minoritarie, il popolo delle Ztl, l’universo Lgbtqi+ (appartengo a entrambi) e così via… La destra – qualsiasi cosa voglia dire – è più tranchant, va mica per il sottile: s’affida ormai al populismo, alla pura propaganda, ‘quelli non sono in grado di far nulla per te, nemmeno io. Ma io almeno sono al tuo fianco nel costruire un muro che ti difenda dalle tue paure, nel definire un nemico contro il quale potremo gioiosamente scagliarci insieme’.
Io non mi sono mai definito di sinistra, sono sempre stato europeista e federalista, un liberalriformista con simpatie pannelliane. Minoritario per vocazione, mi viene in mente Nanni Moretti: ‘Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone: mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d’accordo con una minoranza’. Ritengo che nel mio mezzo secolo di vita si sia più avvicinata la sinistra a me che io a lei. Non sono dunque la persona più adatta per ipotizzare cosa dovrebbe fare. Di sicuro dovrebbe recuperare lo spazio a una visione, in senso alto e teorico, e insieme innervarla di sostanza, di obiettivi pratici e possibilmente tangibili, per non farla apparire eccessivamente astratta. L’unica visione possibile che vedo in giro, per noi italiani, è quella europeista. Bisognerebbe saperla rilanciare e riuscire anche a spiegarla meglio”.
Carlo (Milano)
“Ricordo uno scritto di Enzo Mari, uno dei più grandi designer italiani. Lui proveniva da una famiglia povera e non aveva potuto finire gli studi, era un autodidatta, decisamente di sinistra e fortemente critico verso un design di puro abbellimento. Aveva sempre cercato nei suoi lavori chiarezza e pulizia formale; il designer aveva un compito sociale da svolgere e le forme derivavano dalla funzione. Parlando con amici e conoscenti della piccola e piccolissima borghesia, negli anni ’70, e chiedendo loro un parere sugli oggetti, si sentì rispondere che il loro ideale di letto avrebbe dovuto essere, ad esempio, in marmo, velluto e sete, decorato in oro, se non addirittura in oro o argento massiccio. Della funzionalità non importava nulla. Insomma le case di Trump, dei Casamonica, degli sceicchi arabi. Non mi pare ci sia molto altro da aggiungere”.
Laura Beltramino
“Questi ricchi offrono ai poveri qualcuno (di più povero) sul quale riversare colpe e frustrazioni. La mia impressione, da ignorante, è che si sia invertita la direzione della rabbia sociale e che le destre la sappiano cavalcare. È colpa quindi dei più poveri di te se tu sei così povero: sono i poverissimi ed i diseredati che rubano ai poveri. Finché la sinistra non si ingegnerà a capire come invertire questo flusso di pensiero, così convincente e pervasivo, non ne verremo fuori”.
Lucia
“La mia risposta parte dal mio pianerottolo per raggiungere poco più del quartiere nel quale vivo e lavoro. Negli anni la sinistra ci ha tradito e abbandonato per inseguire battaglie che, forse per gli intellettuali che vivono in quartieri blindati per i prezzi inaccessibili o in periferie bucoliche, rappresentano vessilli di libertà, progressismo e tante altre belle parole. Mentre tutti gli altri vivono perennemente in pericolo e i loro figli nelle scuole e nelle vie affrontano e vedono cose inimmaginabili. Cosa vuole che si capisca di welfare, servizi, etc. se il problema più grosso è camminare su un marciapiede tra spacciatori e borseggiatori? Ecco invece che Salvini citofona alla famiglia che tutti nel circondario conoscono… tutti tranne le forze dell’ordine. E adesso i referendum. Il lavoro certo, ma la cittadinanza? Quanti veramente saranno in grado di analizzare il problema nella sua complessità e quanti (tra i quali mi inserisco a malincuore) percepiranno solo quel timore di riconoscere diritti a chi si fa beffe di doveri, norme e legalità?”
Rossella
“La destra estrema da sempre va alla ricerca di un capro espiatorio a cui attribuire la responsabilità di tutti i problemi; il caso tragicamente più classico è costituito dalla persecuzione degli ebrei ai tempi del nazifascismo. Oggi il capro espiatorio che va per la maggiore – negli Stati Uniti ma non solo – sono gli immigrati ‘irregolari’ o ancora più in generale gli stranieri. È una lettura iper semplificata della realtà ma la nostra mente – come dimostrano le scienze cognitive – ha una tendenza sua propria a ricercare e accogliere spiegazioni semplici, e nessuno di noi è immune da questo problema, tanto più se poco attrezzato culturalmente. All’elettore trumpiano ‘povero’ viene sistematicamente inculcato il messaggio che i suoi nemici sono i poveracci che vengono da altri paesi – e con cui magari ha avuto anche a che fare per esperienza diretta – e non gli ultraricchi al governo, che anzi stanno dannandosi l’anima per proteggerlo e che sono comunque percepiti come entità lontane e poco conosciute. La seconda considerazione è che da quanto mi risulta i maschi, anche giovani, hanno votato per Trump in percentuale molto maggiore delle donne. Trump è un paladino dell’ordine sociale patriarcale e quindi è una figura rassicurante per i tanti uomini che non sopportano che quell’ordine venga messo in discussione”.
Francesco (Torino)
“Cosa c’è dietro al voto populista? Penso il disagio sociale portato da quello economico e (hai ragione) non solo quello: anche l’incapacità di interpretare le complessità della vita, che corrisponde a cader vittima di facili slogan a presa rapida. Entrambi i fattori derivano da un’educazione inefficace; per questo, immagino, il tuo compianto collega Curzio Maltese ha scritto in due diversi articoli la stessa cosa su USA e Italia: il Paese si può salvare solo attraverso una radicale riforma scolastica.”
Bernardo
“La sinistra, in America come in Italia, è in mano all’alta borghesia istruita, intellettuale, influente, elegante ed è una classe sociale della quale la massa che deve arrivare a fine mese non si riconosce e della quale non si fida. Una classe sociale sostanzialmente lontana da qualsiasi problema di natura materiale e che si concentra su problematiche come l’ambiente o i diritti delle persone Lgbtq+ , tutte cose delle quali i poveri, quelli veri, spesso se ne infischiano perché sovrastati dal più impellente bisogno di sopravvivere. Trump e Musk non sono ricchi, sono stramiliardari completamente fuori classifica, e credo siano stati eletti non per la loro immensa ricchezza, ma per le loro presunte qualità che io non vedo; probabilmente quello che piace di loro è essere fuori dagli schemi, il loro essere decisionisti o asseriti esseri straordinari. Benché io li consideri pericolosi e probabilmente criminali, bisogna riconoscere che l’alternativa non era in alcun modo allettante per un non ricco. Stesso discorso vale per l’Italia: può risultare allettante per un non ricco la sinistra della Schlein, di Fratoianni, di Elodie, di Elio Germano, di Ilaria Salis, di Bersani? Io vedo poveri che votano una povera destra e ricchi che votano una ricca sinistra”.
Gianluca
“I ceti popolari votano la destra perché hanno in odio le aperture della sinistra ai migranti e la promozione dei diritti civili al mondo lgtbq+. Questi due sono i motivi principali. Il terzo è il Green Deal. Il quarto è che i politici di sinistra vengono percepiti come professionisti della politica, quelli di destra assai meno: parlano un linguaggio più comprensibile e immediato più vicino al linguaggio quotidiano. Se ascoltano la Schlein e Salvini ciò che dice Salvini lo capiscono, ciò che dice la Schlein no. Non so quale possa essere la ricetta per la sinistra se non un maggiore realismo politico, una maggiore insistenza sugli aspetti sociali e delle difficoltà quotidiane delle famiglie. I diritti Lgtbq+ possono apparire talvolta dei desiderata eccessivi; i diritti dei migranti, seppur sacrosanti, perché diritti degli ultimi, possono essere vissuti dai ceti popolari – i penultimi – come una minaccia”.
Claudio
“1) Votare per chi esalta l’assenza o la riduzione di regole e ha fatto della propria vita e carriera un esempio di elusione delle regole stesse può dare l’impressione e la speranza che in mezzo a quel polverone ci sia la possibilità di portarsi a casa qualcosa per sé.
2) Ai non boomer Sinistra e Destra possono apparire termini vaghi, il cui significato va ricercato su Wikipedia. La Sinistra deve (avrebbe dovuto) invece innanzitutto rendersi inequivocabilmente percepibile come baluardo nella difesa dei diritti non infinitamente disponibili, quali quelli nell’ambito dei rapporti di lavoro. Provo a spiegarmi meglio: i diritti civili, la regolamentazione del fine vita, i diritti della comunità Lgbtq+ sono diritti che laddove riconosciuti non comportano alcun danno, alcuna restrizione al resto della comunità. I diritti inerenti al mondo del lavoro, equa retribuzione, stabilità del rapporto, sicurezza e salubrità dei processi e degli ambienti quando riconosciuti e praticati comportano costi parecchio tangibili per i ‘padroni’ (se ancora si può dire), e per i loro lacchè, si sarebbe detto una volta”.
Danilo Maghini
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Segnalazione di massa (Fabrizio, Stefano, Stefania, Monica) per questo sensazionale refuso del Corriere del Veneto:
ALBERTO CADUTO SUI TURISTI A VENEZIA, IL COMUNE:
“L’AVEVANO CONTROLLATO SOLO TRE GIORNI FA”
I controlli su Alberto, evidentemente, non erano stati abbastanza accurati. A proposito di pericoli pubblici, colpisce questa notizia molto allarmante che Sara ha trovato su LivornoToday.
L’AMERIGO VESPUCCI A LIVORNO: VISITE A BORDO,
LANCI DI PARACADUTISTI E AUTO STORICHE
Come non rendersi conto del grave pericolo costituito dal lancio, assieme ai paracadutisti, anche di auto storiche?
Dalla Provincia di Cremona un titolo che, secondo Sara, stimola tutta la popolazione a battere il territorio palmo a palmo:
RITROVATI I SOLDI PER LE STRADE
Infine Renato considera giustamente emblematico questo titolo di Repubblica. Niente di peggiore poteva accadere all’uomo che sognava la conquista di Marte:
PER MUSK NON C’È PIÙ SPAZIO
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Il caldo comincia ad assumere un certo spessore, quasi una consistenza fisica. È umido e appiccicoso, ma ancora lontano da recenti ricordi di canicole insopportabili. Di mattina e di sera si sta ancora bene perfino in città. L’asfalto ha bisogno ancora di un paio di settimane per inzupparsi di afa, e dopotutto non è ancora estate. Comincia il 21 di giugno, quando il solstizio sancirà il trionfo della luce sul buio, e solo allora saremo autorizzati a lagnarci.
Il caldo è come la neve per gli inuit, ci sono molti modi differenti per definirlo, anche molte iperboli, una parola sola (caldo) decisamente non basta. Ci sono anche canicola, afa, solleone, ma tutto sommato non è un repertorio sufficiente: i lettori che avessero nomi o motti (anche dialettali) per definire il caldo, come variante un poco meno monotona di “fa caldo!”, sono invitati a mandare suggerimenti. Il caldo boia, il caldo fottuto, il caldo maledetto attendono aggiornamenti.
Per chi non avesse di meglio da fare, questa settimana sarò due volte a Bologna: per un omaggio a Stefano Benni e Pirro Cuniberti, mercoledì 11 in piazza Maggiore. E a Repubblica delle idee, venerdì 13 (porta fortuna), sempre in piazza Maggiore, per raccontare la storia della manifestazione romana del 15 marzo scorso, quando invocammo in cinquantamila l’Europa che non c’è. Noi, comunque, ci siamo. Dunque, come sempre: in alto i cuori.




